lunedì 30 giugno 2025

Rischiare e arrischiare: due verbi (quasi) "identici"


N
ella nostra cara lingua italiana, esistono molte parole che sembrano intercambiabili, ma che in realtà nascondono sfumature interessanti. È il caso di rischiare e arrischiare, due verbi che condividono il concetto di pericolo, ma che si applicano – secondo chi scrive – in contesti leggermente diversi.

"Rischiare" è il verbo più comune e diffuso, impiegato sia nel linguaggio quotidiano sia in quello formale. Indica l'esposizione a un pericolo concreto o ipotetico, con la possibilità di subire danni o perdite con conseguenze negative. Spesso si lega a situazioni in cui il rischio è reale e tangibile, come rischiare la vita, rischiare un investimento o rischiare un incidente.

Un esempio emblematico è il viaggio di Cristoforo Colombo nel 1492. Nel salpare verso l'ignoto rischiò concretamente la propria vita e quella del suo equipaggio, affrontando un oceano sconosciuto e potenzialmente pericoloso. Tuttavia, il suo azzardo non fu solo fisico: arrischiò anche la sua reputazione e la fiducia dei sovrani che lo finanziavano. Se avesse fallito, il suo nome sarebbe stato ricordato come quello di un avventuriero imprudente, piuttosto che come quello di un grande esploratore.

"Arrischiare", invece, ha un tono più ricercato e letterario. Sebbene sia un sinonimo di rischiare, si distingue per un uso più legato al mondo delle scelte audaci, delle decisioni coraggiose e delle situazioni meno legate alla concretezza fisica.

Un caso interessante riguarda Giacomo Leopardi. Il poeta, con le sue idee controcorrente, arrischiò la propria credibilità letteraria sfidando il pensiero dominante del tempo. Se avesse scelto di conformarsi alle convenzioni dell’epoca, forse avrebbe avuto una carriera meno travagliata, ma proprio la sua audacia gli permise di influenzare profondamente la cultura italiana.

La distinzione tra i due sintagmi verbali non è assoluta e, nella pratica, si possono trovare numerosi casi in cui si sovrappongono. Tuttavia, per chi ama giocare con le sfumature della lingua, scegliere il verbo giusto può arricchire il discorso e renderlo più preciso ed elegante.

E proprio le vicende di Colombo e Leopardi dimostrano come il concetto di "rischio" non si limiti al pericolo fisico, ma possa anche tradursi in una scommessa intellettuale e morale.

In fondo, ogni parola porta con sé un mondo di significati, ed è proprio nelle piccole differenze che si nasconde il vero fascino della lingua italiana.

 -----

Chi non risica, non rosica (senza correre rischi non si ottiene nulla)

Chi non arrischia, non guadagna (variante più antica e letteraria, ma con il medesimo spirito)

Meglio un rischio oggi che un rimpianto domani (è un invito a vivere con coraggio)

 

***

La lingua “biforcuta” della stampa

“Via libera alle mine anti-uomo”, l’Ucraina si ritira dalla Convenzione di Ottawa

-------------

Prima o poi, speriamo, gli operatori dell’informazione (ma non solo) impareranno a scrivere correttamente i prefissi (e i prefissoidi), che devono essere “attaccati” alla parola che segue: antiuomo. Il trattino si mette solamente se il prefisso (e il prefissoide) è seguito da un nome proprio: anti-Pomponio.



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)


Nessun commento: