mercoledì 27 luglio 2022

Il neofito, l'archiatro e il pedostatmo


 Nelle nostre  “chiacchierate” con gli amici di questo portale non abbiamo mai parlato ─ se la memoria non ci inganna ─  dei grecismi in quanto il loro numero è limitato; si riduce, infatti, a un gruppetto di termini la cui importazione si deve ai Veneziani i quali – come è noto – ebbero intensi rapporti commerciali con la Grecia e con l’Oriente. 

Per di più questi vocaboli furono adattati alle caratteristiche vernacolari veneziane. Molti grecismi, quindi, entrati nella lingua nazionale hanno un… “sapore lagunare”; tra questi possiamo annoverare: “calafatare”, “gondola”, “mastello” e “scampo” nell’accezione di “gambero marino”.

Ma eravamo in errore, tratteremo dei grecismi spinti dal fatto che molto spesso – per non dire sempre – i massinforma (carta stampata e radiotelevisioni) adoperano i termini di derivazione greca in modo errato, inducendo in errore i lettori sprovveduti e i giovani studenti che debbono essere plasmati dal punto di vista linguistico. E i giornali non si possono certamente definire i portabandiera della “purezza linguistica” (anche se alcuni vocabolari...). Ma tant’è.

Vediamo, per tanto, che cosa si intende per “grecismo”. Lo dice la stessa parola. Con questo termine si indica – in linguistica – ogni parola o locuzione del greco (o di origine greca) entrata nell’uso comune del nostro idioma, solitamente con modificazione della grafia e della pronuncia, adeguandosi perfettamente ai sistemi grafico e fonetico della nostra lingua. Sebbene impropriamente si possono classificare tra i grecismi i termini del linguaggio, ma forse è meglio dire del gergo, tecnico e scientifico che si sono formati utilizzando radicali greci adoperati con funzioni di prefissi o di suffissi. Tra i primi i più usati sono:
 “auto-” (da sé stesso); “autodidatta”; “proto-”(primo); “prototipo”; “tele-”(distanza, lontano); “telefono”; “orto-” (dritto, corretto); “ortografia”; “psico-” (mente); “psicologo”. Tra i secondi:
 “-teca” (raccolta, collezione); “biblioteca”: “-scopio” (‘che vede’); “microscopio”; “-dromo” ( ‘dove si corre’); “ippodromo”; “-gono” (angolo); “esagono”.

Ma torniamo a due vocaboli di formazione greca – scritti in modo errato – che ci hanno dato la stura per la stesura di queste modestissime noterelle: neofita e archiatra. Il primo si trova sempre scritto con la “a” finale, appunto, ma è orrendamente errato, checché ne dicano i soliti vocabolari permissivi e i tanti sedicenti linguisti. La sola forma corretta è neofito. Questo vocabolo, che significa “convertito di recente”, “nuovo adepto”, formato con le voci greche “neo” (nuovo) e “phyein” (generare), latinizzato in “neophytus” (‘germogliato da poco’) è divenuto in lingua italiana “neofito”, con tanto di desinenza “o”. È, per tanto, un sostantivo e si comporta come tale: neofito per il maschile singolare, neofita per il femminile singolare, neofiti e neofite rispettivamente per il maschile e femminile plurale. E veniamo ad archiatra, la cui desinenza “-a” è tollerata. Anche in questo caso, infatti, l’unica forma corretta  “sarebbe” con la “o” finale: archiatro. Questo sostantivo – adoperato un tempo per indicare il “primo medico” di corte e oggi rimasto in uso solo per il medico del Pontefice – è, infatti, il greco “archiatròs”, composto con “archi” (primato, superiorità) e “iatròs” (medico). Da un punto di vista prettamente etimologico la desinenza “a” non sarebbe, quindi, giustificata. La forma “scorretta” archiatra si tollera, dunque, per analogia con pediatra, odontoiatra, otoiatra, psichiatra e via dicendo.

E visto che siamo in tema di grecismi, vediamone alcuni “sconosciuti”. Le mamme, per esempio, conoscono benissimo il pediatra ma non sanno che la bilancia per pesare i loro pargoletti si chiama “pedostatmo”, mentre – Dio non voglia – l’ospedale dove ricoverarli quando stanno male si chiama “pedocomio” (ma chi lo usa? tutti preferiscono “ospedale pediatrico”); infine, quando sono cresciutelli – a novant’anni – possono sperare di vederli ospitati in un “gerontocomio”. E coloro che amano fare delle lunghe passeggiate ma devono rinunciarvi, a causa delle scarpe strette che procurano loro un forte dolore sotto la pianta del piede, sanno che soffrono di  “pedialgia”? E i tantissimi politici che di questi tempi fanno dei discorsi che per certi versi potremmo definire “osceni” sanno che sono affetti da “escrologia” (“Trattato o discorso di cose oscene”; dal greco ‘aischros’, osceno e ‘logos’, discorso, trattato)? Ai posteri l’ardua sentenza.

PS: Perché i vocabolari - almeno quelli che abbiamo consultato - non registrano... l'escrologia?  


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La lingua "biforcuta" della stampa

GIUSTIZIA

Csm, la parità di genere diventa realtà: la Cassazione sorteggia le magistrate donna mancanti nelle liste

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Sarebbe interessante sapere se ci sono anche magistrate uomini.


 

(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)

                                        

martedì 26 luglio 2022

Il nostro vocabolario e il viaggio del Papa


 Riceviamo e pubblichiamo

Mi permetto di fare una riflessione su certi insegnamenti che il viaggio del Papa potrebbe apportare al vocabolario degli italiani.

 

Il viaggio del Papa in Canada potrebbe essere l’occasione per capire che certe parole non hanno ovunque un identico significato. Tra queste il termine “sovranismo”, esecrato nello Stivale.

I nativi canadesi sono “sovranisti”, e invocano i trattati di pace con la Corona britannica che stabilivano i limiti dei territori occupati dagli europei e garantivano la sovranità indigena sul resto. Ma la loro tragedia è irrevocabile: hanno perso la “sovranità”. Neppure “nazione”, “nazionalismo”, “nazionalista” hanno in Canada il senso che hanno in Italia. Non lo hanno per le “Prime Nazioni”, come si autoproclamano orgogliosamente gli aborigeni. Non lo hanno per i franco-quebecchesi che, separatisti o no, si considerano in maggioranza “nazionalisti”. E non lo hanno per gli immigrati, contenti di provare sentimenti patriottici nei confronti del Canada.  Il nazionalismo si confà a tutti i canadesi nei confronti degli americani. Infatti, nel paese della foglia d’acero si proclama senza cessa la diversità rispetto agli americani, di cui si enumerano i difetti: amanti delle armi, arroganti, poco sensibili ai bisogni dei meno abbienti (vedi  la mancanza di una protezione sanitaria universale), ecc.

L’ex primo ministro canadese Stephen Harper ha parlato (14-05-2018) molto chiaramente su questo tema (scottante per gli italiani): “Per me, essere un nazionalista – non parlo di nativista o xenofobo – ma essere nazionalista è qualcosa che io mi aspetto da ogni leader. Se tu non ami il tuo Paese, se non hai profonde radici in esso, se non ami il suo popolo, se non ami le cose che lo riguardano, perché allora ne sei il leader?”

Spero adesso che in Italia gli amanti del diverso non lo dichiarino “persona non grata”. Li vedo infatti sbiancare in volto e annaspare in cerca del vocabolario di casa. Per i rigorosi standard linguistico-morali degli italiani, il Canada infatti – nonostante il suo Multiculturalismo – appare  un paese disinvoltamente “populista”, “sovranista”… Insomma “fascista".

 Claudio Antonelli (Canada)


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La lingua "biforcuta" della stampa

 ESTERI

 Canada: spari vicino Vancouver, diversi feriti. La polizia ferma l’aggressore

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Correttamente: vicino a.  Qui.

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CRONACA

Firenze, omicidio all'Olmatello: quarantenne accoltellato in casa. Si cerca un donna

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Ancora una prova: i redattori titolisti non rileggono ciò che scrivono, e se rileggono...




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lunedì 25 luglio 2022

Il fattorin delle Stinche (fare)

 Questo portale è stato "fermo" dieci giorni per motivi tecnici


La locuzione che avete appena letto ha lo stesso significato dell’altra piú conosciuta: “fare la cresta”. Il modo di dire è tutto fiorentino e lo troviamo in una  “Commedia” di Giovanni Maria Cecchi (commediografo, Firenze 1518-1587). “E perché (i prigioni) non potendo andar fuori a comperar loro bisogne per vivere, bisogna che mandino fanciulli e donne che stanno quivi per far servizi a prezzo, e perché i fanciulli nell’andare a spendere sempre trappolano qualche quattrino o cosa ai poveri prigioni, però quando uno nel fare fatti d’altri furfa qualche cosa dice, egli ha fatto il fanciullo (o fattorin) delle Stinche, cioè fattasi la parte da sé”.

 Le Stinche - lo avrete capito - erano le prigioni di Firenze dove venivano rinchiusi i debitori che non avevano pagato i loro... debiti. Si veda anche qui.

 

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La lingua "biforcuta" della stampa

Elezioni, Renzi: “Dall'1 al 3 settembre Leopolda straordinaria”. Lo slogan: “Dacci il cinque”

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Correttamente: dal 1 al 3 settembre. Il perché "dal 1" lo spiega la Crusca: Le indicazioni comprendenti anche mese e giorno sono introdotte modernamente da un articolo maschile singolare: «il 20 settembre 1870»". Per estensione, si può aggiungere che, nel caso di una data come 11/10/1989, l'articolo che vi si anteporrà sarà l' (seguendo la pronuncia della data: l'undiciottobre millenovecentoottantanove); stessa regola vale per le date che iniziano con 1: anche per queste, si considera il modo in cui tali date vengono pronunciate e quindi si scriverà il 1/2/2003 (cioè il primo febbraio duemilatré). Infatti, come specifica Serianni, "Per i giorni del mese si usa l'ordinale per il giorno iniziale [...], ma il cardinale per i giorni successivi, siano o non siano accompagnati dal giorno del mese [...]."

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Guna attiva lo scudo anti-inflazione per i suoi dipendenti

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Correttamente: antinflazione (con la crasi). Anti e crasi.

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Incendi, diversi roghi in tutto il veneto. Zaia: «Situazione preoccupante»

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Il Veneto ─ nella lingua di Dante ─ si scrive con l'iniziale maiuscola

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A Caorle i cani-bagnini presidiano la spiaggia tutti i fine settimana

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Correttamente: cani-bagnino (meglio senza trattino). Si veda qui.




 

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mercoledì 13 luglio 2022

Welfare all'italiana

 


Dal dott. Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo

 

Nel parlamento italiano siede il "Ministro del welfare". Proprio così "welfare".  

Come spesso avviene, il "nobilitante" termine anglo-americano, divenuto di moda nella penisola e maccheronicamente pronunciato da bocche avvezze all'ossobuco e alle tagliatelle, lungi dall'avere un significato chiaro, ciurla nel manico e traccheggia. Dice e non dice. Infatti non si capisce bene a cosa sia preposto il "ministro del welfare", proprio perché "welfare" è termine non sempre chiaro nella maniera in cui viene usato nella penisola.  

Ma forse per ottenere ragguagli sul significato di “welfare” occorrerebbe  rivolgersi direttamente al ministro, nel “question time”…  

Il ministro italiano del welfare pensava di essere il ministro delle politiche sociali e del benessere o di chissà cos'altro, e si ritrova invece, se si presta fede al dizionario inglese, ad essere il “ministro degli assistiti sociali”, dell'"assistenza pubblica", dell’“aiuto sociale”, del “soccorso ai cittadini nel bisogno”, del “sostegno finanziario dato ai bisognosi”. Perché, almeno negli USA, e anche qui da noi in Canada, e stando ai dizionari che ho consultato, il termine welfare da solo, a parte il significato generico di "benessere", ha quello di "statutory procedure or social effort designed to promote the basic physical and material well-being of people in need.” Welfare designa, quindi, i "sussidi pubblici" versati ai “bisognosi”. Il termine è pertanto associato a una condizione di gravi difficoltà economiche in cui versa l'individuo.  

Welfare per gli italiani indica invece i “social benefits”, il “welfare State”, il “welfare system”.  Nella penisola, pertanto, l'avere, il ricevere il welfare - "to be on welfare" - non è il "ricevere l'assistenza pubblica". 

 Anche Marcello Messori usa il termine nel senso particolare di “welfare system”: "Bisogna riconoscere che il nostro welfare è stato disegnato per l’Italia degli anni Settanta e richiede importanti riforme per adattarsi alla nuova realtà sociale. In altre parole: non ce lo possiamo più permettere." Per la categoria degli avvocati italiani il ricevere il welfare non vuol dire essersi ridotti a dipendere dall'assistenza pubblica, ma semplicemente il beneficiare di una certa "copertura assistenziale". Dai giornali: "Più di un quarto degli iscritti all'ordine degli avvocati senza welfare". In Nord America, un avvocato “on welfare” è un poveraccio che certamente non esercita più la professione e che non ha neppure i soldi per comprarsi da mangiare. 

Edoardo Narduzzi è autore del libro: “Senza welfare non c’è sviluppo, non c’è futuro.” Noi italiani del Canada, invece, viviamo senza “welfare” e non ce ne lamentiamo. Rari, infatti, sono gli individui e le famiglie, tra noi, che ricevono l’aiuto che il governo dà ai poveri, ossia il welfare. Non c’è che dire: il welfare negli USA e in Canada è l’assistenza pubblica: “You have little or no income or savings, but you still need to eat and put a roof over your head. You might be eligible for social assistance (welfare).” 

Il ministro italiano del welfare non si considera ministro della  “social assistance” ovvero dell'assistenza pubblica ma ministro della “sicurezza” o "previdenza” sociale. Espressioni queste ultime che sono state accantonate, forse perché troppo italiane; ma che se fossero invece ancora in uso avrebbero il merito di non confondere le idee a chi ha dimestichezza con l'inglese.  


Le parole inglesi adottate dagli italiani, campioni di servilismo, servono in genere a tutto fuorché a chiarire il discorso. Ma il “portare avanti il discorso" è molto importante nel gigantesco salone da barbiere in cui i talk show in TV hanno trasformato la penisola. 


Non è solo la dignità nazionale a patire per questi scimmiottamenti all'italiana della lingua altrui, ma la stessa chiarezza della comunicazione. Ma cosa volete, la nostra è ormai una lingua "on welfare", bisognosa cioè dell'elemosina linguistica inglese...
Ed ecco che Wikipedia ci fornisce un chiarimento circa la nascita di questo welfare all’italiana: “Il Ministero, spesso impropriamente denominato "del Welfare", per le funzioni da esso svolte (il termine nel Regno Unito assume il significato di "aiuto sociale"), era il risultato della fusione nel 2008 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministero della salute e con il Ministero della solidarietà sociale.” 


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La lingua "biforcuta" della stampa

RIFIUTI

La grande monnezza che tiene la Capitale in ostaggio da 10 anni

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Adesso i "massinformisti" scrivono in dialetto, e non nella lingua del Divino. Correttamente: mondezza.

Treccani:

mondézza (roman. monnézza) s. f. [lat. mundĭtia, der. di mundus «mondo, pulito»]. – 1. L’essere mondo, nettezza; per lo più col senso fig. di purezza: m. di pensieri, m. di parole, m. di opere (Segneri). 2. roman. Spazzatura, immondizia (sign. svoltosi dal precedente, inteso come «ciò che si porta via spazzando, facendo pulizia»).  
Meglio, però, immondizia.



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lunedì 11 luglio 2022

La stampa e le autodemolizioni

 


I notiziari radiotelevisivi e i quotidiani che abbiamo avuto modo di "sbirciare" dicevano e scrivevano, all'unisono, a proposito dell'incendio sviluppatosi nel quadrante est di Roma, che la scintilla è partita da alcuni autodemolitori che si trovano sulla via Palmiro Togliatti. Ci spiace ma, ancora una volta, dobbiamo censurare la "lingua" degli operatori dell'informazione i quali ─ come abbiamo piú volte ribadito ─ oltre a informare debbono dispensare l'idioma corretto.
  E l'idioma corretto "individua" nel sostantivo autodemolitore la persona addetta all'autodemolizione che è l'officina in cui si svolgono le operazioni di demolizione delle automobili. La scintilla è partita, quindi, dalle autodemolizioni non dagli autodemolitori (cioè dalle persone). Alcuni "massinformisti" (operatori dell'informazione) probabilmente presi dal dubbio sulla correttezza di autodemolitori hanno scritto sfasciacarrozze: le fiamme sono partite dall'interno di alcuni sfasciacarrozze. Non cambia nulla, l' "orrore" resta perché sfasciacarrozze è sinonimo di autodemolitore.

Ieri un giornale titolava: Incendio a Roma, bruciano gli autodemolitori: esplosioni al parco di Centocelle. Il fumo visibile dal Circo Massimo. Avevamo commentato: speriamo che gli autodemolitori non siano in gravi condizioni.

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Sembra incredibile: molte persone ritengono i verbi “simulare” e “emulare” l’uno sinonimo dell’altro (e, quindi,  aventi lo stesso significato). 

  Questa “convinzione”, probabilmente, è dovuta al fatto che i due verbi contengono la medesima terminazione: “-mulare”. No, i verbi in oggetto hanno in comune solo la provenienza latina. Il primo è pari pari il latino “simulare”, è un verbo deaggetivale,  tratto da “similis” (simile) e vale, propriamente, “rendere, fare simile”. Simulare qualcosa significa, quindi, “far sembrare reale, vero ciò che in realtà non è”: Giovanni ha simulato un incidente stradale per truffare l’assicurazione. 


   Il secondo, sempre di provenienza latina, è tratto da “aemulus”  (seguace, imitatore, competitore), significa, per tanto, “imitare, uguagliare una persona o qualcosa”: il piccolo Pietro emulava gli eroi dei cartoni animati.



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sabato 9 luglio 2022

C'è fuoristrada e... fuori strada


 "I
l giovane rampollo, a causa della elevata velocità, ha perso il controllo dell'auto ed è finito fuoristrada". Questo titolo di un giornale locale ci offre l'occasione per spendere due parole sul sostantivo "fuoristrada" che, a nostro modo di vedere, ha due grafie: l'univerbata (fuoristrada) e l'analitica (fuori strada). Adopereremo la grafia unita quando il termine sta per "autoveicolo a quattro ruote motrici con pneumatici speciali, adatto a percorsi accidentati" (Sabatini Coletti): Giovanni ha venduto il suo vecchio fuoristrada perché è andato in pensione. Useremo la grafia analitica (fuori strada) allorché intendiamo dire che il veicolo è "uscito di strada": il forte vento ha fatto sbandare l'automobile che è finita fuori strada. Attendiamo gli strali dei soliti "bastiani contrari" e nello stesso tempo invitiamo i lessicografi a "esaminare" quanto scritto al fine di riportare, eventualmente, il nostro distinguo al lemma in oggetto.

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Vedere le stelle...

…provare, cioè, una sofferenza fisica acutissima, sentire un dolore molto intenso tanto da togliere il respiro. Chi di voi, cortesi amici, non ha mai “visto le stelle”? Purtroppo il veder le stelle fa parte del corso della vita cui nessuno può sottrarsi. Donde viene, dunque, questo modo di dire? Secondo alcuni Autori l’espressione descrive effettivamente quella sensazione di “sfarfallìo” luminoso – davanti agli occhi – che si ha quando si viene colpiti da un dolore repentino e acuto. Piú “scientifica” – a nostro avviso – la spiegazione che tentano di dare le note linguistiche al “Malmantile racquistato” (un poema burlesco). Spiega, infatti, il Minucci, uno dei “notisti”: “Quando uno sente un gran dolore si dice ’egli ha visto le stelle’ perché le lacrime, che vengono in su gli occhi pel dolore, fanno apparire con la rifrazione della luce che vi batte, una cosa simile a una gran quantità di stelle in cielo”.


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La lingua "biforcuta" della stampa

 È l’anziano meticcio Mr. Happy Face il nuovo «cane più brutto del mondo»

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Quanto è brutto il mondo? Nella lingua di Dante: cane piú brutto al mondo.


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Ida Simonella, da assessore al bilancio a candidato sindaco di Ancona: «Ho messo a posto i conti, ora voglio servirla»

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In lingua italiana, non "cispadana": assessora e candidata.

 

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Incendio a Roma, enorme nube di fumo sulla città. Forti esplosioni, in fiamme diversi autodemolitori

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Correttamente: diverse autodemolizioni. Lo abbiamo specificato altre volte: gli autodemolitori sono le persone addette all'autodemolizione, cioè l'officina dove si eseguono le operazioni di demolizione delle automobili.

Ancora...

Incendio a Roma, bruciano gli autodemolitori: esplosioni al parco di Centocelle. Il fumo visibile dal Circo Massimo

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Speriamo che gli autodemolitori non siano in gravi condizioni.

 

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VIOLENZA

Stresa, stuprata dal branco dopo una serata alcolica. Nel gruppo ci sarebbe anche un'amica

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Era una serata che conteneva alcol? Questo il significato di "serata alcolica".


 

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