mercoledì 30 dicembre 2020

Sgroi - 93 - L'ideologia linguistica del "blog.terminologia etc.it" di LICIA CORBOLANTE


 di Salvatore Claudio Sgroi

                                                 

1. L'evento mail-are e il neologismo della giornata

Il 27 dicembre 2020 un caro amico e collega nel corso di uno scambio mail-are mi ha scritto:

"Buon anno “decovidizzato” (ma la pagliacciata del vax-day merita un vaffa-forever)".

          2. Il blog intrigante di Licia Corbolante                      

Sollecitato dal vax-day, ho cercato in Google "vaxday significato" e mi è subito apparsa, datata 27 dicembre, la videata  <Terminologia etc. 27 dicembre: Vaccination, Vaccine, Vax o V-Day?> della blogger Licia Corbolante, attiva da oltre 10 anni, ovvero dal 2008.

Un blog chiaramente di questioni linguistiche, che non avevo mai consultato, che si è rivelato estremamente intrigante sia per la tempestività (in tempo reale) dell'analisi del vax day, sia per la quantità di dati riportati (ben 4 voci evidenziate nel titolo), sia per l'analisi linguistica di chi ha una certa familiarità con la linguistica, sia per le finalità della rubrica di divulgazione seria, e anche per i giudizi di valore sulle voci analizzate da parte della stessa blogger e di altri possibili utenti.

 3. Qual'è mai la ideologia del blog(ger)?

Insomma, ce n'è abbastanza per analizzare da vicino, dal mio punto di vista (di linguista laico), l'ideologia sottesa a questo blog e alla sua agguerrita autrice.

 3.1. Titolo rivelatore: "varietas non delectat".

Il titolo con punto di domanda "27 dicembre: Vaccination, Vaccine, Vax o V-Day?" e la congiunzione "o" con il valore di 'aut', ovvero di alternativa tra i 4 composti, tradisce subito la preoccupazione della blogger dinanzi alla varietà e molteplicità delle realtà lessicali  di indicarne solo una come corretta, scartando le altre.

La Corbolante appare fortemente condizionata dal pregiudizio secondo cui la pluralità delle voci è motivo di confusione, ambiguità, incomprensione e che occorre quindi puntare a uno standard, eliminando tutte le varianti. La sua posizione  è così agli antipodi dei sociolinguisti per i quali "varietas delectat".

 3.1.1. Attenzione ai dati linguistici

A questo punto analizziamo dati e argomentazioni presenti nell'intervento della blogger. Emerge subito un'attenzione -- rilevante -- ai dati linguistici: "Per il momento ho identificato cinque nomi diversi", scrive la Corbolante, ovvero: 1 Vaccino-day, 2 Vaccination day, 3 Vaccine day, 4 Vax-Day, 5. V-Day, inseriti in significativi titoli giornalistici:

(i) Vaccino-day Covid, c'è la data anche per l'Italia.

(ii) Covid, come funziona il Vaccination day  del 27 dicembre

(iii) Vaccine day il 27 dicembre in tutta Italia e in Europa

(iv) Ok dell'Aifa al vaccino, il 27 dicembre è il V-day

(v) Covid, domenica 27 dicembre sarà il Vax Day

 

3.1.2. Analisi diacronica e sincronica dei neologismi

Qual'è l'analisi linguistica di questi composti neologici, per quanto riguarda l'origine (se neoformazioni italiane o "doni" anglo-americani) e la loro struttura formale (lessemi semplici o complessi)?

 3.1.3. Datazione dei neologismi?

Nel titolo dell'intervento appare in primo piano la preoccupazione, se non di datare la comparsa dei 5 neologismi, di segnalare il fatto che "Il 27 dicembre 2020 nei paesi dell’Unione europea inizia ufficialmente la campagna di vaccinazione contro il COVID-19".

 3.1.4. Struttura inglese del composto

Quanto alla struttura dei composti, si evidenzia in primo luogo il significato del costituente day 'giorno' presente in tutti:

 "Riconoscibilità di composti con Day

Anche chi non sa l’inglese ormai ha familiarità con l’elemento formativo Day, in uso da più di 40 anni in locuzioni del tipo X Day che denominano il giorno in cui si verifica un evento particolare oppure una giornata dedicata a una ricorrenza".

 

Il criterio semantico, oscillante tra comprensibilità dei composti e gusto soggettivo, è dominante nell'analisi, ma finisce con l'intralciare l'analisi formale-strutturale dei composti.

L'analisi formale dell'ordine tipico dei composti inglesi, con la "testa" semantica a destra, ovvero "determinante [vaccination- / vaccine- /vax- /v-] + Determinato [-Day]", è infatti inquinata da un giudizio su un presunto "svantaggio" per gli italofoni:

 "La posizione di day (il determinato) come secondo elemento, tipica costruzione inglese, ha però uno svantaggio: in una comunicazione orale richiede che anche il primo elemento (il determinante) sia facilmente riconoscibile".

 

In realtà, se si esaminano tali composti in termini comunicativi/pragmatici, distinguendo tra "ciò di cui si parla" (o Tema a sinistra) e "ciò che si dice del tema" (o Rema a destra), il lettore apprende subito che in un composto come Vaccination-day si parla del "vaccino" (il "tema" del composto), di cui si dice poi che ha inizio la sua somministrazione.

L'analisi della Corbolante finisce invero con l'introdurre un impertinente giudizio di condanna della diversità strutturale delle lingue, che tende inevitabilmente a suscitare nel lettore il rifiuto neo-puristico dei "doni" stranieri.

          3.1.4.1. Vaccino-day

Il 1° esempio da lei citato, Vaccino-day, è definito "un nome ibrido poco convincente perché sembra improvvisato (cfr. inglese farlocco), ma ha il vantaggio di essere trasparente per chi non conosce l’inglese.".

Più semplicemente, si tratta dell'adattamento (non già "poco convincente", né "improvvisato" né "inglese farlocco" o per altri "pseudo-anglicismo") con traduzione del primo elemento del composto inglese, certamente più trasparente in italiano. Un adattamento reso possibile, aggiungiamo noi, dopo una fase di prestiti-importazioni di composti inglesi, come D-Day 1987, shopping day 1990, open day 1992, election day 1996, boxing day 1998, euro day 1998, Bingo-day 2001, e-day 2001, immigration-day 2001, notax day 2004, ecc.

A cui si è accompagnata una fase di neoformazioni anglicizzanti, "Nome italiano + -Day”, ess. Veltroni Day 1996, referendum day 1999, Batistuta-day 2000, Papa-day, PapaDay 2000, stival day 2000, Barrichello Day 2001, Padania day 2001, Sofia-Day 2001, W day ‘Walter (Veltroni) day’ 2001, Codino-day 2002, tangenziale day 2002, Fiabaday s.m. 2003, 2004, risparmiatori-day 2004, risparmio day 2004, clic day 2007, V-Day ‘Veltroni day’ 2007, W-day ‘Walter Veltroni day’ 2007, Danteday (3 febbraio 2018, P. Di Stefano), ecc.

 

3.1.4.2. Vaccination day

Del 2° composto, Vaccination day, si evidenziano la "pronuncia italianizzata 'vacsinèscion'" e la "la lunghezza della locuzione", entrambi elementi che sono "per l'ascoltatore un vantaggio" perché i due costituenti del composto possono essere "più facilmente" identificati. Senz'alcuna esplicita sanzione negativa.

 

3.1.4.3. Vaccine day

Il 3° composto, Vaccine day, è invece più oggetto di "critiche" sul versante fonico e semantico, ed anche con una descrizione non proprio corretta. 

Per la Corbolante "è più ostico anche [i] perché viene pronunciato* in modi diversi da persone diverse, come “vàcsin” e “vacsìn” nell’adattamento italiano, e [ii] l’intera locuzione vaccine day viene percepita come univerbata".

Ancora una volta [i] la variazione è motivo di preoccupazione per l'A., che pure in nota asteriscata riporta descrittivamente la variazione diatopica (inglese ed americana) della pronuncia del composto: "in inglese coesistono più pronunce, tra cui /ˈvæksiːn/ con l’accento sulla prima sillaba, prevalente in Europa, e /vækˈsiːn/ con la pronuncia sulla seconda sillaba, prevalente negli Stati Uniti".

E ancora [ii] critica il carattere "univerbato", che è proprio del composto. Ma non poteva essere diversamente, come confermato dalla pronuncia americanizzante “vassìndèi” di Giuseppe Conte, da lei sentito "nella conferenza stampa del 18 dicembre" e opportunamente riportata, anche a testimonianza di un uso in bocca a un parlante 'istituzionale'.

Ma la Corbolante non tiene conto di ciò in quanto elemento di diffusione di tale costrutto, né del fatto che " Il ministero della Salute ha optato per Vaccine Day ". Anzi, lei critica la scelta istituzionale in Italia in base, si potrebbe dire, a un criterio etimologico:

 

"Non so perché sia stato scelto proprio Vaccine Day e come potrebbe esserne giustificato l’uso. Non è un nome che arriva dalle istituzioni europee: nelle comunicazioni in inglese della Commissione viene infatti usato EU vaccination days, cfr. ad es. i tweet di Ursula von der Leyen"

 

La blogger ribadisce altresì il suo disagio neopuristico dinanzi alla molteplicità di composti:

 

"I media non si sono preoccupati né di usare solo il nome istituzionale né della potenziale confusione data dall’uso contemporaneo di cinque nomi diversi".

 

3.1.4.4. Vax-Day

Il 4° esempio, Vax-Day, "è la denominazione più recente" e oggetto, si direbbe, di "lapidazione": (i) "la trovo ridicola perché mi pare un tentativo di sfoggiare la conoscenza dell’abbreviazione informale di vaccine o vaccination"; (ii) "può risultare poco comprensibile (“vàcsdei”?)"; e (iii) è causa motivo di associazioni proibite: "la parola vax in inglese (cfr. anti-vaxxer) e soprattutto in italiano (no-vax, free-vax, nazivax…) è potenzialmente connotata perché evoca antivaccinisti e negazionisti vari. Nella giornata delle vaccinazioni meglio evitare queste associazioni!".

Elementi invero tutti soggettivi, che non tengono conto del prestigio dell'anglo-americano, lingua internazionale e veicolare di oltre un miliardo di parlanti nativi e non, di grande influenza politica e culturale.

Quanto alle associazioni (paradigmatiche) negative, proprio l'esistenza di un pacchetto di "doni"  con il costituente -vax 'vaccino', ne costituisce un elemento a favore della sua diffusione.

 

3.1.4.5. V-Day

Riguardo al 5° composto, V-Day, la Corbolante ricorda opportunamente che "V-Day arriva dal Regno Unito e ha avuto rilevanza perché è stato usato dal ministro della sanità Matt Hancock il giorno in cui sono iniziate le vaccinazioni" e riporta un cartello inglese: "V DAY we're rolling-out vaccines across the UK", facendo anche presente che V-Day è stato subito adottato dai media italiani. Ma la Corbolante nel contempo avanza osservazioni logicistiche e di presunta "polisemia" (invero "omonimia"):

(i) "V-Day infatti ha come significato primario Victory Day ed è prematuro e pericoloso cantar vittoria contro il virus";

(ii) "I media italiani se ne sono subito appropriati, presumo ignari della polisemia e delle polemiche, e senza tenere conto che per molti italiani V-Day è già il nome eufemistico del Vaffanculo Day grillino del 2007".

Data la diversa etimologia di "V", nel 1° caso V(accine) e nel 2° V(affanculo) si tratta correttamente di omonimia (diacronica e sincronica) e non già di polisemia. Si può ancora ricordare un altro es. di omonimia, al riguardo: il V-Day ‘Veltroni day’ 2007. Ma detto ciò, è sempre il contesto che aiuta a disambiguare. E nel caso specifico la frase citata dalla Corbolante non lascia alcun dubbio: Ok dell'Aifa al vaccino, il 27 dicembre è il V-day.

 3.1.5. La soluzione neopuristica proposta dalla Corbolante

Dopo tale analisi, non stupisce allora che, dinanzi a tanta ricchezza e varietà di varianti, emerga alla fine la soluzione soggettiva, logicistica e neo-puristica dell'A.:

            " Se avessi potuto scegliere, avrei preferito un nome italiano come ad esempio Giornata del vaccino (o della vaccinazione) anti-Covido simili: poco accattivanti ma comprensibili da tutti!".

 

Una scelta "casereccia", ovviamente più che legittima, ma che non può non tener conto delle scelte di prestigio altrui, tra di loro variamente concorrenti e coesistenti, con forza di diffusione diversa, secondo il prestigio dei loro proponenti.

                Sommario

1. L'evento mail-are e il neologismo della giornata

2. Il blog intrigante di Licia Corbolante

3. Qual'è mai la ideologia del blog(ger)?

3.1. Titolo rivelatore: "varietas non delectat".

3.1.1. Attenzione ai dati linguistici

3.1.2. Analisi diacronica e sincronica dei neologismi

3.1.3. Datazione dei neologismi?

3.1.4. Struttura inglese del composto

3.1.4.1 Vaccino-day

3.1.4.2. Vaccination day

3.1.4.3. Vaccine day

3.1.4.4. Vax-Day

3.1.4.5. V-Day

3.1.5. La soluzione neopuristica proposta dalla Corbolante




 

martedì 29 dicembre 2020

Tutto a puntate...

 


I giornali (quotidiani e periodici) ma soprattutto le televisioni ci  “bombardano” quotidianamente di romanzi che, data la loro  lunghezza, non possono essere ridotti di molto senza alterarne il contenuto; di conseguenza si protraggono nel tempo e vengono proposti agli appassionati  “a puntate”. A questo proposito avete mai pensato, cortesi  amici, perché questo modo di  “diluire” nel tempo il contenuto di un romanzo si chiama  “puntata”? 

Abbiamo svolto una piccola inchiesta tra i nostri conoscenti e nessuno, ahinoi, è stato in grado di rispondere. Un ragazzo ha azzardato una risposta a dir poco umoristica: la puntata serve a  “puntare” l’attenzione sul prossimo episodio... Apriamo, allora, un vocabolario alla voce o lemma  “puntata” e leggiamo: parte di un’opera di carattere saggistico, artistico e simili che si pubblica isolata dalle altre in fascicolo o su un numero di giornale o rivista cui appariranno successivamente le restanti parti. Bene. 

La nostra curiosità, però, non è stata appagata completamente; dobbiamo sapere, ancora, perché si chiama  “puntata”. Questo termine ci è giunto dal linguaggio dei rilegatori di libri: la ‘puntata’ era, infatti, il numero massimo di fogli che il rilegatore poteva fermare con un unico punto. Per estensione si è dato, quindi, il nome di puntata a tutte le pubblicazioni di carattere periodico concernente un unico argomento (e con l’avvento della televisione lo stesso nome è stato dato agli sceneggiati che si protraggono nel tempo). Ma non è finita. 

La puntata, intesa come ‘fermata’ è anche – come si dice comunemente – una breve escursione, una breve sosta in un luogo: “Fece una ‘puntata’ a Roma e poi tornò con tutta la famiglia a Cagliari”.


***

La lingua "biforcuta" della stampa

Il rapporto tra positivi e tamponi è a 10%. I contagi a Roma rimangono sotto quota 500. "Somministrati 490 dosi di vaccino al personale sanitario"

-------------------

Correttamente: somministrate (le dosi). Non si può fare un accordo a senso (i vaccini) perché non siamo in presenza di un nome collettivo seguito da un complemento di  specificazione.


lunedì 28 dicembre 2020

Melodramma

 Riceviamo e pubblichiamo

 Buongiorno,

 non ho voluto disturbare nei giorni di festa appena trascorsi; ma ora - tornati i giorni feriali e la zona arancione - mi permetto di segnalare una "perla" del mattino di Natale. Su Radio 1 Rai alcuni "competenti" stavano parlando di opera lirica e melodramma. Uno di questi ha raccontato che suo nonno, falegname (a Natale è in carattere) e con la terza elementare (di primo acchito ha detto "terza media", ma poi si è corretto), conosceva perfettamente a memoria una serie incredibile di brani celebri. Poi ha concluso (testuale): "... e a me questa cosa qui mi ha sempre colpito molto!". Ovvero: la terza elementare d'un secolo fa batte l'Università degli ultimi decenni!

 Aggiungo altre due belle espressioni, sentite sempre su Radio 1 Rai stamattina:

  • parlando di maltempo: "... allerta per mare giallo in Sardegna". Che vuol dire? La Sardegna è zona arancione, ma il suo mare è zona gialla? Oppure è in atto un qualche strano fenomeno causato dalle alghe? O, come accaduto l'anno scorso in Calabria e a Castel Volturno, si tratta di polline di pinacee? All'epoca i titoli dei giornali erano proprio "Allarme mare giallo".
  • meteo: "... neve anche a quote pianeggianti ...". Da quando "pianeggianti" è diventato sinonimo di "basse"? Potrò dire "ho visto un gruppetto di donne pianeggianti"?

Cordiali saluti e auguri di buon anno (sperando che lo sia).

Pier Paolo Falcone

venerdì 25 dicembre 2020

Buon Natale

                          

Un sereno Natale (per quanto possibile in tempo di Covid) agli amici di questo portale



giovedì 24 dicembre 2020

Sgroi - 92 - Perché "epato-logo" sì, ma "fegat-ista" no? E "ruba-tore"?

     


 di Salvatore Claudio Sgroi                                                                     

1. Logicismo sulla lingua italiana e sovrabbondanza di suffissi nel linguaggio medico

Nella trasmissione di Francesco Sabatini di domenica 20, ore 8h30,  in RAI-1 mattina, un telespettatore di professione medico ha chiesto come mai per indicare "un medico specialista di questa o quella patologia" in italiano si faccia ricorso a più suffissi e non a uno solo ("non c'è un'unica desinenza per le varie specializzazioni mediche"), così per dent-ista, odonto-iatra, fisi-ologo, fisi-atra, ortoped-ico, ecc. Il quesito riprendeva così l'intervento Stranezze linguistiche di Fausto Raso del 05-01-2010 ("Dizionario italiano. Pillole linguistiche") 

 2. La risposta storicista di F. Sabatini

Da emerito storico della lingua Sabatini ha ricordato che il lessico specialistico della medicina è prevalentemente di matrice greca e questo spiega la varietà dei suffissati. Infatti -ista deriva dal lat. -ista a sua volta dal greco -istés; -iatra dal gr. -iatros ('medico'); -logo dal gr. -logos, ecc. 

En passant, Sabatini ha ricordato anche epato/logo 'studioso del fegato' con costituenti greci e non *fegat-ista.

 3. La "regola del blocco"

Sabatini osservando che si dice epato-logo e non *fegat-ista ha sfiorato un capitolo importante della grammatica del lessico, relativo alla formazione delle parole (FP).

Come chiarisce il classico trattato su La formazione delle parole in italiano a cura di Maria Grossmann e Franz Rainer (Niemeyer - de Gruyter 2004, anche on line):

 "si osserva frequentemente che una determinata parola che, secondo le regole di formazione di parole della lingua, dovrebbe essere accettabile, è nondimeno evitata o respinta dai parlanti a causa dell’esistenza di un sinonimo ben radicato nella lingua. [...] Ora, questo fenomeno del blocco di una parola virtuale da parte di un sinonimo usuale è sensibile alla frequenza del sinonimo bloccante: più quest’ultimo è frequente, più il blocco sarà efficace" (p. 8 ).

 Anche il manuale di Maurizio Dardano 2009, Costruire parole. La morfologia derivativa dell'italiano (il Mulino) nell'intertesto "Quando la FP si blocca" (pp. 39-40) precisa che

 "il blocco [è] un fenomeno centrale per capire come funziona la FP. Esiste un insieme di regole e di circostanze che blocca la ridondanza e la crescita disordinata degli affissati" (p. 39).

Mark Aronoff 2000 Morphology between lexicon and grammar (in G. Booij et alii, Morphologie. Morphology, Berlin-N.Y, de Gruyter, vol. I, voce 36, pp. 344-49), spiega da parte sua il "(morphological) blocking" col fatto che

 "languages tend to avoiding exact synonyms. This tendency emerges in morphology as the blocking of an expected productively generated form by an already  existing (and hence lexically listed) form. The result is that synonyms are avoited. [...] There will be no blocking when there is no synonymy" (p. 347).

 Ovvero il possibile fegat-ista è stato bloccato in quanto sinonimo poco utile dal già esistente epatologo. Lo stesso non è tuttavia avvenuto nel caso del settecentesco trasparente dentista, alla portata come dire di tutti gli utenti, rispetto all'opaco odontoiatra, decisamente più specialistico.

  4. La regola del blocco e il caso di *ruba-tore

La regola del blocco in altri testi è esemplificata con vari esempi possibili ma non attestati perché bloccati da altri concorrenti sinonimi, tra cui il derivato *ruba-tore da rubare rispetto a ladro.

 4.1. C. Iacobini 2011 e *rubatore

 Claudio Iacobini (2011) nell'art. Formazione delle parole osserva che «l'entrata in uso di una parola possibile si può avere solo se non esiste già una parola che occupa il posto di quella potenziale», con la seguente esemplificazione:

 «Un esempio [della regola del blocco] può essere quello di una parola come rubatore, che è perfettamente regolare da un punto di vista sia formale che semantico; infatti può essere formata a partire da rubare (V), con il significato 'persona che abitualmente o per professione V', secondo un modello regolare che dà origine a parole quali giocatore o guidatore, derivate da giocare o guidare. Il motivo per cui una parola come rubatore non è entrata nell'uso della lingua è che per esprimere il significato di 'persona che ruba' in italiano esiste già la parola ladro, che dunque occupa lo spazio semantico della parola potenziale» (in R. Simone - G. Berruto - P. D'Achille, a cura di, Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 20101 (2 voll.); 20112, vol. unico, pp. 513-14, cit. a p. 513, anche on line).

 4.2. M. Lo Duca 2020 e S.M. Micheli 2020

Anche i due utilissimi recenti testi di morfologia lessicale, quali il bel manualetto di Maria G. Lo Duca, Italiano: la formazione delle parole (Carocci 2020), destinato soprattutto agli studenti ancora ignari di linguistica generale, e il non meno istruttivo testo di M. Silvia Micheli, La formazione delle parole. Italiano e altre lingue (Carocci 2020), destinato a chi invece non è digiuno di linguistica generale, illustrano la regola del blocco ricorrendo al suffissato *rubatore.

Osserva sinteticamente la Lo Duca:

 "la presenza, nel lessico, di una parola derivata con un certo procedimento formativo blocca, normalmente, la nascita di un'altra parola con altro procedimento formativo ma con lo stesso significato [...]. Il blocco entra in funzione con tutte le parole del lessico, per cui se esiste ladro, non si forma *rubatore [...]" (p. 30).

            La Micheli da parte sua, in maniera più problematica, scrive:

            "Le RFP [Regole di formazione delle parole] non si applicano indifferentemente a qualsiasi classe di parole e in qualsiasi contesto ma sono soggette a restrizioni generali (dette anche condizioni) o specifiche di una RFP. Tra le restrizioni generali menzioniamo, in primis, il principio del blocco per il quale una parola complessa che potrebbe essere formata da una RFP a disposizione della lingua non viene formata se, nella lingua in questione, esiste già una parola semplice dello stesso significato. Questa condizione è esemplificata [...] dai sostantivi deverbali in -tore dell'italiano: [...] lavorare / lavoratore, vendere / venditore" [...]; questa RFP si applica  senza ostacoli a parecchi verbi ma si blocca nel caso di rubatore, per il quale l'italiano possiede già un sostantivo agentivo semplice, ossia ladro (dal latino latrōnem). Nonostante non ci sia nulla di semanticamente o fonomorfologicamente anomalo in rubatore, l'uso di questa parola è "bloccato" dalla presenza (e dall'alt<r>a frequenza) di ladro [...]" (p. 37).

           4.3. La fonte inglese (*stealer) dell'esempio *rubatore

La presenza dell'es. *ruba-tore (vs ladro) per illustrare la regola del blocco nei manuali di morfologia derivazionale dell'italiano, sembra ispirata dall'analogo esempio in inglese to steal 'rubare' > *steal-er '*rubatore' (vs thief 'ladro'), presente nei testi appunto di lingua inglese.

Per es. G. Koefoed-J. van Marle (2000) alla voce 33. Productivity (in G. Booij et alii, Morphologie. Morphology, Berlin-N.Y, de Gruyter, vol. I, pp. 303-11) osservano:

 "Blocking is the -- paradigmatically determined -- phenomenon that a specific word is not formed due to the existence of another word with the same meaning. A well-known example illustrating this phenomenon is  the fact that forms like English stealer ['*rubatore'; to steal 'rubare'] / Dutch steler are neither readily formed nor accepted [...] because of the existence of English thief ['ladro'] / Dutch dief, irrespective of the fact that both in English and in Dutch coining of deverbal derivatives in -er ['-tore'] is productive" (p. 308).

 Non diversamente S. Romaine (2000) alla voce 151. Change in productivity (vol. 2, pp. 1636-44), osserva che

 "we would predict that stealer ['*rubatore'] is not likely to become conventionalized due to the existence of thief [ladro']" (p. 1642).

 Ancora F. Karlsson (2000) alla voce 67. Defectivity (vol. 1, pp. 647-54) nota:

 "Some derivatives are ungrammatical (or unneeded!) simply because there already exists an underived basic word expressing the same meaning; thus, there is no (need for an) English nomen agentis *steal-er ['*ruba-tore'] from the verb steal ['rubare'] because of the existence of the noun thief ['ladro']" (p. 653).

 5. Un rubatore (e una rubatrice) in carne ed ossa nella storia della lingua italiana

In realtà, il nostro rubatore è ben documentato nella lingua. La «regola del blocco», quale tendenza del lessico verso l'economia utilizzata dai morfologi per spiegare un possibile ma non attestato derivato, non vale quindi  nel caso di rubatore.

Sulla scorta della BIZ (Biblioteca Italiana Zanichelli, a cura di Pasquale Stoppelli,  Zanichelli 2010) rubatore /rubatori risulta infatti attestato soprattutto tra il '300 e il '500:

-- nel '300 (Dante 1308: 2 ess., G. Da Pisa av. 1311, D. Compagni 1312, G. Boccaccio 1336 c., 1342, 1374: 5 ess.), G. Villani av. 1348: 4 ess., I. Passavanti 1354: «rubatore di strade», «rubatori di mare», A. Pucci 1362: 2 ess., Esopo toscano sec. XIV: 3 ess.);

 -- nel '400 (F. e M. Villani av. 1405: 5 ess., Bernardino da Siena 1427, G. di Paolo Morelli av. 1444, M. Palmieri av. 1475, L. Pulci 1481, G. Sabadino degli Arienti 1483); e 

-- nel '500 (P. Bembo 1505, Leonardo da Vinci av. 1519, L. Ariosto 1532, F. Guicciardini 1540, G.B. Ramusio av. 1554: 4 ess., M. Bandello 1554, T. Costo 1596);

 -- nessuna attestazione nel '600 e '700;

-- residui nell''800 (M. D'Azeglio 1866: «rubatore di strade») e

-- nel '900 G. D'Annunzio (1907: 3 ess.; 1909: due ess., 1912, 1913: 2 ess.).

Il s.f. Rubatrice è documentato con 2 ess.: Boccaccio 1342 e G.B. Marino 1623.

La esemplificazione è integrabile con quella Batt. vol. XVII 1994, con ess. del '600 (D. Bartoli) e '700 (G. Gozzi), ecc.

Costante è invece la vitalità di ladro/i/a/e nella BIZ: da Cecco Angiolieri sec. XIII, Brunetto Latini 1262 ca. a G. D'Annunzio 1935 (674 ess. -o; + 540 -i + 120 -a + 87 -e).

La «regola del blocco» utilizzata dai morfologi per spiegare un possibile ma non attestato derivato non vale quindi, ribadiamo, nel caso di rubatore.

 5.1. Rubatore non voce "bloccata", ma voce non più vitale nell'italiano moderno e contemporaneo

Il problema non è in conclusione quello del "blocco derivazionale" di rubatore, attestato nell'italiano antico, ma piuttosto quello di tener conto della differenza semantica di rubatore ('a viso aperto', 'rapinatore') rispetto a ladro ('nascosto'), poi neutralizzata con la scomparsa dall'uso moderno e contemporaneo di rubatore, e contemporanea estensione semantica di ladro, mentre rubatore non appare più nei correnti dizionari (De Mauro 2000, Devoto-Oli-Serianni-Trifone 2019, Sabatini 2007, Treccani-Simone 2005-2009, Garzanti 2013; solo in Gradit "OB[soleto], Lett." av. 1292 con un es. dantesco e in Zingarelli 2020 voce "arcaica" ovvero defunta (†) datata av. 1292; e naturalmente nel grande dizionario storico del Battaglia (vol. XVII 1994).

 5.1.1. La "regola del blocco" esiste o non esiste?

La Micheli (2020), dopo aver citato nel suo manuale (cfr. supra § 4.2) soltanto il derivato rubatore come es. di regola del blocco, continua con un commento che sembra invero contraddittorio e con argomentazioni non adeguate che finiscono con il vanificare la validità della regola in questione:

 "Si noti che la parola rubatore non è del tutto assente nel lessico italiano (è anzi presente in gran parte (?) dei dizionari), ma la sua frequenza d'uso nella lingua comune è molto inferiore a quella di ladro: il principio del blocco non va infatti inteso come assoluto, quanto piuttosto come fattore che sfavorisce la  formazione di una parola complessa, laddove ne esiste già una deputata a esprimere lo stesso significato" (pp. 37-38).

 Invero, un es. adeguato come quello indirettamente suggerito da Sabatini (cfr. supra §§ 2, 3), il composto neoclassico epatologo vs *fegat/ista, avrebbe risolto il caso.

Che rubatore sia "presente in gran parte dei dizionari" (p. 37) non è proprio confermato dalla nostra esemplificazione dizionaristica. Che la sua "frequenza d'uso è molto inferiore a quella di ladro" (ibid.) certamente, ma se rubatore è "in uso" insieme con ladro, l'es. non è più pertinente per dimostrare l'esistenza della "regola del blocco". Che la regola del blocco è solo un "fattore che sfavorisce la formazione di una parola complessa" (pp. 37-38) non è allora più una "regola del blocco".

L'incertezza teorica e argomentativa dell'A. sembra a sua volta dovuta a quanto si affermato in Grossmann-Rainer (2004):

            "Si osserva frequentemente che una determinata parola che, secondo le regole di formazione di parole della lingua, dovrebbe essere accettabile, è nondimeno evitata o respinta dai parlanti a causa dell'esistenza di un sinonimo ben radicato nella lingua. Rubatore, ad esempio, sarebbe in tutto analogo alla serie delle parole in -tore come rapinatore ecc. e infatti è anche attestato in italiano antico, ma oggi viene evitato per l'esistenza del sinonimo ladro" (p. 8 )

 Nell'analisi di Grossmann-Rainer, la motivazione della scomparsa di rubatore nella coppia ladro vs rubatore viene ricondotta a una applicazione retro-attiva della regola del blocco.

 5.2. Impertinenza del rubatore per la regola del blocco: sincronia-1 "rubatore vs ladro" > sincronia-2 ladro: un caso di evoluzione semantica

In realtà, il problema di rubatore non è un es. pertinente per dimostrare la regola del blocco. Il problema di rubatore pone un problema di semantica storica, e non può essere spiegato come applicazione retro-attiva della regola del blocco.

Come accennato, si tratta di una opposizione sinonimica  "ladro vs rubatore" attiva nell'arco sincronico '200-'500, successivamente neutralizzata (nell'arco sincronico '600-'700-'800-'900-2000) a favore di ladro, diventato di conseguenza semanticamente più esteso, ovvero con cambiamento semantico in seguito alla scomparsa di rubatore.

5.3. "Regola della eliminazione" vs "Regola del blocco"

Dal ‘600 in poi il parlante eredita solo LADRO polisemico e non fa marcia indietro generando il derivato RUBATORE. Invocare il BLOCCO non sembra quindi pertinente. Il RUBATORE è stato “eliminato” non bloccato e quindi si tratta di una REGOLA DELLA ELIMINAZIONE (del sinonimo) vs REGOLA DEL BLOCCO.

           Sommario

1. Logicismo e sovrabbondanza di suffissi nel linguaggio medico

2. La risposta storicista di F. Sabatini

3. La "regola del blocco"

4. La regola del blocco e il caso di *ruba-tore

4.1. C. Iacobini 2011 e *rubatore

4.2. M. Lo Duca 2020 e M.S. Micheli 2020

4.3. La fonte inglese (*stealer) dell'esempio *rubatore

5. Un rubatore (e una rubatrice) in carne ed ossa nella storia della lingua italiana

5.1. Rubatore non voce "bloccata", ma voce non più vitale nell'italiano moderno e contemporaneo

5.1.1. La "regola del blocco" esiste o non esiste?


5.2. Impertinenza del rubatore per la regola del blocco: sincronia-1 "rubatore vs ladro" > sincronia-2 ladro: un 
caso di evoluzione semantica

5.3. "Regola della eliminazione" vs "Regola del blocco"