martedì 31 gennaio 2023

Sul corretto uso di alcuni vocaboli


D
ue parole, due, sull'uso corretto di alcuni vocaboli (verbi in particolare).

Agognare - Questo verbo della prima coniugazione si può adoperare sia transitivamente sia intransitivamente. Usato in modo intransitivo avrà l'ausiliare "avere": tutti agognano il successo; tutti, prima o poi, hanno agognato al successo.

 Assalire e assorbire - Entrambi i verbi - della terza coniugazione - possono avere la forma normale o quella incoativa: io assalgo o assalisco; io assorbo o assorbisco. Per quanto attiene al passato remoto di assalire la prima persona, la terza e la sesta possono essere anche: io assalsi; egli assalse; essi assalsero. Alcuni coniugatori inseriscono una "i" tra il tema e la desinenza del participio presente: assaliente. Onestamente non capiamo questa forma (che ci sembra errata): la desinenza del participio è "-ente" (non "-iente"). Dall'infinito assalire si toglie la desinenza "-ire" e si inserisce quella del participio (-ente): assalire, assal, assalente.

 Attristare e attristire - Verbi che cambiano di significato secondo che seguano la prima o la terza coniugazione. Con la prima coniugazione  significa "rendere triste": quello spettacolo lo attrista; è intransitivo e con il significato di "diventare triste" con la terza coniugazione; in questo caso prende l'ausiliare essere: Giovanni, davanti a quello spettacolo, è attristito.

 Bèllico e bellíco - I due termini cambiano di significato secondo la posizione dell'accento. Il primo, sdrucciolo, con il plurale bellici, è aggettivo  e sta per "guerresco". Il secondo, con accentazione piana, è sostantivo ed è la forma popolare di "ombelico".

 Dito -  Sostantivo maschile sovrabbondante nella forma plurale: le dita e i diti. Si usa il maschile considerati separatamente: i diti medii diti mignoli.

 Giammai - Avverbio di tempo composto con "già" e "mai" e vale "una qualche volta", "alcuna volta", con significato positivo, quindi: se giammai lo incontrassi, gli direi come stanno le cose. Perché abbia significato negativo deve necessariamente essere accompagnato da una negazione: Filippo non avrebbe giammai immaginato a cosa sarebbe andato incontro.

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La lingua "biforcuta" della stampa

IL CALCIATORE DELLA ROMA

Nicolò Zaniolo dopo le minacce torna a La Spezia. Ora è ufficialmente fuori dalla Roma

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Correttamente: alla Spezia. Quando l'articolo è parte integrante della città e questa non è a inizio frase (l'articolo) si declina.

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L’India dei sorpassi clamorosi ora vacilla sotto un maxi scandalo

 

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 In buona lingua: maxiscandalo. I prefissi e i prefissoidi non richiedono il trattino e si scrivono uniti alla parola che segue.

 

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Gli amici di Thomas: "Abbiamo dati nomi e cognomi di esecutori e mandanti ai carabinieri"

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La grammatica non condanna "abbiamo dati" invece di abbiamo dato, ma in buona lingua è da evitare.



 

(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)

lunedì 30 gennaio 2023

Il mio più intimo amico


 Cortese dr Raso, un mio amico usa sempre l'espressione "sei il mio più intimo amico". Ai tempi della scuola -- tanti anni fa -- tale locuzione era sottolineata con la fatidica matita blu in quanto ritenuta errata perché intimo è già superlativo e non si può fare il "superlativo di un superlativo". Il mio amico sostiene, invece, che la suddetta espressione non è più ritenuta errata da insigni linguisti e si può adoperare tranquillamente. Mi piacerebbe conoscere il suo parere in proposito perché io continuo a ritenerla errata. Grazie e cordiali saluti

Valentino P.

(Brescia)

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Sì, gentile Valentino, tanti anni fa "il più intimo" era considerato un errore madornale perché intimo  -- come lei ha scritto  --  è già superlativo provenendo dal latino intimus, superlativo di intra, che in italiano vale "interno", "dentro". Intimo, pertanto, nel nostro idioma, è il superlativo di interno (dentro) e in quanto tale non può essere "superlativizzato". Ma oggi le cose sono cambiate, intimo non è più sentito (dai parlanti) un superlativo ma un comunissimo aggettivo di grado positivo e come tale può prendere la forma elativa. Si può declinare, pertanto, nel comparativo (più intimo) e nel superlativo (il più intimo/intimissimo). La stessa tesi, caro amico, per quanto attiene a infimo.

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La lingua "biforcuta" della stampa

Il rapporto di legambiente

Polveri sottili, il 76% dei nostri centri urbani è fuorilegge. Ecco quali sono le città peggiori

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Ecco un caso in cui "fuorilegge" si scrive in grafia analitica (due parole) perché non sta per 'bandito', 'delinquente' e simili. Quindi: il 76%... è fuori legge.

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VIA CANDIA

Furto in gioielleria in Prati. Il 'buco' dalla parete di un b&b

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Forse è il caso che i redattori addetti alla cronaca di Roma di questo quotidiano romano, in rete, "studino" la città della quale parlano. Via Candia si trova nel quartiere Trionfale, non nel rione Prati. È lo stesso quotidiano che ritiene Ostia, che si trova nel X Municipio dell'urbe, un comune in provincia di Roma.

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Accessori

Scarpe, borse: quali indosseremo la prossima estate? Ce lo dice Google

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Lo confessiamo, non sapevamo che le scarpe e le borse si indossassero. È proprio vero: non si finisce mai d'imparare.



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venerdì 27 gennaio 2023

Sciopero e serrata


 Riceviamo e pubblichiamo

Sciopero dei benzinai: tutti ne parlano e ne scrivono. Ovviamente la regola imperante è la solita: non ripetere mai lo stesso vocabolo. Il risultato quindi è il seguente:

"Sciopero dei benzinai: il ministro ha convocato i loro rappresentanti a quattro ore dall'inizio della serrata, nel tentativo di evitare la chiusura."

A parte la genericità di "chiusura", che può anche essere quella di fine turno, non mi pare che "sciopero" e "serrata" siano sinonimi. Non sarebbe meglio dire "Sciopero dei benzinai: il ministro ha convocato i loro rappresentanti a quattro ore dal suo inizio, nel tentativo di evitarlo"?

Cordialmente,

Pier Paolo Falcone

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Concordo, cortese Falcone. Sciopero e serrata non sono sinonimi; ma la stampa, si sa...  Qui e qui.

 

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La lingua "biforcuta" della stampa

Il salvataggio di 24 minori da parte della Geo Barents. La nave andrà a Spezia

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Correttamente: alla Spezia. Il nome della città è La Spezia il cui articolo è parte integrante del toponimo. Quando il nome della città non è a inizio frase l'articolo si declina.

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Le storie

«Noi, neo mamme stanche: lasciate da sole con i nostri bambini appena nati»

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In buona lingua: neomamme (neo si "attacca" alla parola che segue, essendo un prefissoide).

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Economia | PROTESTA

Benzinai, sciopero confermato ma con una novità. Ecco date e orari della serrata

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Come abbiamo visto sopra sciopero e serrata sono due "cose" diverse.



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giovedì 26 gennaio 2023

Sballato/spallato

 


A proposito di 'Un ragionamento spallato', il prof. Salvatore Claudio Sgroi, linguista, scrive:

Caro Raso,

io ignoravo il termine spallato. Importante il suo es. di fine '800, che avrei anche riportato nel testo con data e nome di autore. Ho visto che il termine, polisemico, è registrato nel BATTAGLIA, dispon. in rete che avrebbe potuto/dovuto citare, ricordando chi l'ha usato (credo anche Manzoni). Per il resto spallato e sballato (ragionamento) sono sin.,il 1° decisamente poco comune. La sua difesa di SPALLATO (contro sballato) è  logicistica. E naturalmente 'sballato' è correttissimo.

Gentile professore, solo ora mi accorgo che il nuovo De Mauro in rete attesta 'spallato' variante di 'sballato'.

 


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mercoledì 25 gennaio 2023

La lingua e la sua "trasparenza"



O
ggi va tanto di moda la così detta trasparenza: non c’è politico che – ospite di qualche trasmissione televisiva – non faccia appello, appunto, alla… trasparenza. Tutto deve essere chiaro e ben visibile e fatto alla luce del sole. Noi non vogliamo sottrarci a questa moda e parleremo, pertanto, di trasparenza, però… linguistica. Argomento, questo, che non tutti i testi di lingua riportano, in barba alla… trasparenza.
Non ci stancheremo mai di denunciare il fatto che molti incunaboli [denominazione – ormai desueta – riservata esclusivamente ai libri stampati anteriormente al Cinquecento, quando l’arte della stampa era al suo esordio, dal latino incunabula, neutro plurale, fasce (di bambini), in senso figurato prime prove, inizi] dalla veste tipografica molto pretenziosa non trattano argomenti specifici, riservandoli solo agli studiosi. E questo è un male: la lingua interessa a tutti, anzi, deve interessare a tutti.
Cerchiamo, pertanto, di sopperire con le nostre modeste noterelle a questa gravissima mancanza. Cos’è, dunque, la trasparenza linguistica? È l’analizzabilità da parte del parlante (o dello scrivente) di una qualsiasi parola derivata o composta e quindi la possibilità, anche di fronte a termini nuovi, di scovarne le componenti.
Così, per esempio, data la base pediatria, tutti saranno in grado di interpretare il derivato pediatra, vale a dire il medico specializzato in pediatria e ciò anche grazie al valore professionale del suffisso -iatra. Questa trasparenza però, c’è sempre un però, non sempre è… trasparente nella composizione di una parola e spesso ciò è dovuto a motivazioni “socio-culturali”. E ci spieghiamo.
Tutti sono in grado di capire e quindi di analizzare la composizione di apriscatole, per esempio; ma soltanto colui che ha qualche piccola nozione di lingua greca (antica) è in grado di isolare, cioè di analizzare e rendere, quindi, trasparenti le componenti di odonto e iatra risalendo al significato di medico specialista delle malattie dei denti o di filo e antropo, cioè amico dell’uomo. E qui riteniamo doveroso ricordare che i prefissi e i prefissoidi "aborrono il trattino" perché si scrivono uniti alla parola che segue.
Questa scarsa trasparenza è particolarmente evidente nei sostantivi in -tore o in -trice in quanto il rapporto con il verbo corrispondente non sempre è facilmente identificabile. A questo proposito possiamo distinguere quattro gruppi sulla base della motivazione del processo formativo delle parole e della trasparenza:
           a. motivazione e trasparenza sono compresenti: udire,                       uditore e uditrice;

b. motivazione forte ma trasparenza debole: dirigere, direttore e direttrice (la motivazione, cioè la formazione non è uguale alla radice del verbo);

c. trasparenza e motivazione sono presenti solo in astratto in quanto risalgono a una fase antica come in spettatore che viene dalla radice spett- di spettare che in latino valeva guardare, osservare;

d. assenza assoluta di trasparenza e motivazione, cioè formazione, come, per esempio, in attore dove solo vagamente si può notare un rapporto di contiguità con il verbo agire.

Come si vede, insomma, anche la lingua, come la politica, non brilla sempre per trasparenza.






S.O.S. Scrittura. Primo soccorso linguistico Carlo Picozza, Fausto Raso, Santo Strati | By Massimo Lugli | Facebook






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martedì 24 gennaio 2023

Un ragionamento spallato

Come Ragionare: 9 Passaggi (con Immagini) - wikiHowAncora una volta faremo inorridire qualche linguista perché intendiamo parlare di un uso errato dell'aggettivo "sballato"; non abbiamo, purtroppo, la cosi detta pezza d'appoggio a sostegno della nostra tesi, tranne questo unico testo pescato in rete, e i vocabolari...  "ci danno contro". Facciamo spallucce e veniamo al dunque.


Molto spesso si sentono (e si leggono) frasi tipo: Il tuo ragionamento è sballato; Mi sono fatto trascinare in un'impresa sballata e simili. A voler sottilizzare entrambe le frasi sono scorrette. Si dovrebbe dire spallato e spallata. Perché?


Perché sballare significa tirar fuori dalla balla, dall’imballaggio. Un ragionamento si sballa? Un'impresa si tira fuori dall’imballaggio?  Si sballa una merce, non un ragionamento o un'impresa.
In buona lingua si dovrebbe dire, dunque, un ragionamento spallato, cioè, in senso figurato, senza spalle e, quindi, che non si regge, che non ha consistenza, campato in aria, senza una logica

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 La lingua "biforcuta" della stampa

Prove tecniche di inondazione, a Ostia la maxi simulazione. I residenti: "Invece di fare i lavori ci insegnano a scappare da casa"

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Sì, ci ripetiamo: i prefissi e i prefissoidi si "attaccano" alla parola che segue: maxisimulazione. Quanto a scappare da casa è più 'elegante', stlisticamente, "scappare DI casa". Per la cronaca: è sempre il quotidiano romano che non ritiene Ostia un quartiere dell'urbe, ma un comune in provincia di Roma. Il titolo si trova, infatti, sotto la testatina "Province".



 

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lunedì 23 gennaio 2023

Con quante mani si scrive?

A quattro mani: sonate e variazioni di Beethonven con gli studenti del  ConservatorioAbbiamo notato che tutti coloro che recensiscono libri scritti da due autori usano l'espressione "scritto a quattro mani". Locuzione errata quanto ridicola. Ci sono delle persone che adoperano due mani per scrivere (non prendendo in considerazione la macchina per scrivere o, oggi, il computiere, "aggeggi" per i quali si usano due mani)? Chi scrive a mano, quante mani adopera? Una. Un'opera scritta da due autori, quindi, è un'opera scritta "a due mani". Vediamo dal nuovo vocabolario De Mauro in linea la differenza che intercorre tra le espressioni "a due mani" e a "quattro mani".

a due mani

loc.avv. CO loc.agg.inv., di opera, scritta, composta insieme da due persone: romanzo a due mani | loc.avv., con il contributo, l’intervento di due persone: il libro è stato scritto a due mani.

a quattro mani

di brano per pianoforte, suonato contemporaneamente da due esecutori; anche loc.avv.: suonare a quattro.

 

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La lingua "biforcuta" della stampa

L'inchiesta

Tangenti in una casa di riposo nel veneziano, sei arresti per corruzione: tra loro ex sindaci di Coraggio Italia e manager della sanità veneta

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Chi la dura la vince. Insistiamo. Gentili operatori dell'informazione, i luoghi che indicano un'area geografica si scrivono con l'iniziale maiuscola: Veneziano.

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Cultura

Soffro, dunque sono. Dai libri al cinema, l’esibizione dei traumi personali è diventato un fenomeno globale

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Concordanza spallata (sic!). Correttamente: diventata (l'esibizione).











 

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sabato 21 gennaio 2023

Perciò o per cui?


L’
argomento che stiamo per affrontare, probabilmente, è stato già trattato. Onestamente non lo ricordiamo. Lo (ri)proponiamo e ci scusiamo per... l’eventuale ripetizione, perché abbiamo avuto modo di constatare (e constatiamo tuttora) che moltissime persone, tra le quali dobbiamo annoverare — nostro malgrado — le così dette grandi firme della carta stampata e no, adoperano in modo orrendamente errato la locuzione per cui nel senso di perciò, per la qual cosa.

Icui innanzi tutto — chiariamolo subito — è un pronome relativo indeclinabile ed è riferibile a persona, animale o cosa. Non è corretto usarlo in funzione di soggetto, si impiega esclusivamente come complemento indiretto: ecco il libro di cui ti parlavo; tu sei quello per cui ho molto sofferto. Quando è complemento di termine il cui può essere o no preceduto dalla preposizione a, dipende dal gusto di chi scrive o parla: la persona cui mi rivolsi o la persona a cui mi rivolsi. La "legge" della lingua lascia, dunque, ampia libertà di scelta.

Fatta questa necessaria precisazione, veniamo all’errore di cui parlavamo all’inizio di queste modeste noterelle. Lo strafalcione, dunque, consiste nel dare al cui un significato neutro che molto spesso si dà al pronome che, vale a dire il significato di la qual cosa e formare, in tal modo, il costrutto — errato, ripetiamo — per cui nel senso di perciò, per la qual cosa.


Insomma, per essere estremamente chiari — amatori della buona lingua, che ci onorate della vostra fiducia — non è corretto dire o scrivere: pioveva, per cui non sono uscito. Si dirà, correttamente: pioveva, perciò non sono uscito; oppure: pioveva, per la qual cosa non sono uscito.
Pedanteria? Fate l’analisi logica del  per cui e... giudicate. Naturalmente qualche linguista dissentirà, ma tant'è.

  

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Una parola poco conosciuta e attestata solo in due vocabolari, tra quelli consultati, l'Olivetti e il GDU: afefobia. Che cosa indica? La paura del contatto fisico (degli abbracci, in particolare). Diamo la "parola" al "prof. Wikipedia".

 

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La lingua "biforcuta" della stampa

Cronaca | INCIDENTE

Torino, lanciano una bicicletta dalla passeggiata sul Po: studente palermitano in prognosi riservata

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Forse è il caso di ricordare -- ancora una volta -- agli operatori dell'informazione che la prognosi non è un reparto ospedaliero, ma la "previsione e la durata di una malattia o di un trauma". Correttamente, quindi: con prognosi riservata. Meglio, forse, "studente palermitano: prognosi riservata".

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MALTEMPO

Basilicata, neve nel potentino e una mareggiata a Maratea

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Speriamo che prima o poi i "confezionatori" dei giornali capiranno che i luoghi che indicano aree geografiche richiedono le iniziali maiuscole: Potentino.

 

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INCIDENTI

Frontale tra due auto nel viterbese: morto uomo di 52 anni. Tre feriti gravi, due sono adolescenti

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Viterbese, V maiuscola, ovviamente.

 

ANNIVERSARI

Irresistibile, scandalosa, magica Colette: 150 anni nasceva una grandissima scrittrice

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Dopo 150 anni non ci vuole un "fa"? O siamo in errore? No. È l'ennesima conferma di quanto sosteniamo e abbiamo sempre sostenuto: gli addetti ai titoli (ma non solo) non rileggono ciò che scrivono. E se anche lo rileggono...

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Cinghiali a Villa Pamphilj: quando a sparargli erano principi attirandoli con le essenze. Non la monnezza

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È buona norma mettere tra virgolette o in corsivo i termini dialettali o regionali, come "monnezza", vocabolo romanesco che sta per mondezza.

 

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IL CONCORSO

La street art italiana sul podio dei cento murales più belli del mondo: ecco i magnifici sette

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Siamo alle solite: quanto è bello il mondo? Correttamente: più belli al mondo.

 

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Video

Dubai, Beyoncé torna sul palco dopo 4 anni ma i fan la criticano: paese che non rispetta i diritti

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In buona lingua la p di paese deve essere maiuscola: Paese.

 

 

 

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