domenica 31 gennaio 2021

Sul suffisso "-issimo"


 Oggi vogliamo spendere due parole sul suffisso “-issimo” che serve per la formazione del superlativo assoluto. Quasi tutti gli aggettivi di grado positivo possono diventare superlativi assoluti con una semplice operazione. Si tolgono le desinenze “-o” e “-a” (se gli aggettivi appartengono alla prima classe) ed “-e” (se appartengono, invece alla seconda) e si “appiccica” il suffisso  “-issimo”: bello, bell, bellissimo; facile, facil, facilissimo.

 Le cose si complicano un poco quando gli aggettivi terminano in “-io”. Occorre vedere se la “i” è tonica, in questo caso si manterranno le due “i”, quella del tema o radice e quella del suffisso: restío, restiissimo. Se la “i” della radice, invece, è atona si fonderà con quella del suffisso: vecchio, vecchissimo

Un discorso a parte per quanto riguarda gli aggettivi in “eo” e in “-uo”. Alcuni di questi, per esempio argenteo e ferreo, costituendo il complemento di materia non possono per il loro stesso significato diventare di grado superlativo (ma anche comparativo).

Altri, infine, avrebbero il normale, o meglio la normale finale in “-eissimo” e “-uissimo” che, però, è da evitare per una questione di... “suono”; avremmo, infatti, ateissimo, innocuissimo, idoneissimo ecc., parole decisamente cacofoniche. In questi casi, quindi, si può ricorrere all’ausilio del preziosissimo avverbio: molto proficuo, del tutto ateo, assai innocuo e via discorrendo.

 E a proposito di innocuo, molto spesso si è assaliti dal dubbio se si debba scrivere con la "c" o con la "q". La grafia corretta è con la "c": innocuo. La "legge ortografica" prescrive, infatti, l'impiego della "c" quando la "u" è seguita da una consonante (cubo); l'uso della "q" allorché la "u" è seguita da un'altra vocale (allorquando).

sabato 30 gennaio 2021

Lima lima (far)

 


Ecco un altro modo di dire quasi “sconosciuto” ma “messo in pratica” inconsciamente quando si vuol deridere una persona. Chi “fa lima lima”, dunque? La persona che vuole, per l’appunto, beffeggiare qualcuno. Benedetto Varchi, nel suo “Ercolano”, cosí spiega la locuzione: “È un modo d’uccellare (deridere, ndr) in questa maniera: Chi vuole dileggiare uno, fregando l’indice della mano destra in sull’indice della sinistra verso il viso di colui, gli dice: lima lima aggiungendovi talvolta, mocceca o moccicane, o altra parola simile, come baggea, tempione, tempie grasse, tempie sucide, benché la plebe dice sudice. Credo che con quel ‘lima lima’ si voglia dire al dileggiato, ‘rodi rodi’, ‘consumati entro te come fa la lima, buffone’ ”.

Quanto al verbo “uccellare” per deridere, ci sembra evidente il fatto che il vocabolo è stato preso, in senso metaforico, dall’originario significato del verbo: tendere insidie agli uccelli per prenderli. Di qui il significato figurato di “burlare”, “ingannare”, “canzonare”, “raggirare”, “gabbare”, “beffare”. Questo verbo, però, è bene precisarlo, è di uso esclusivamente letterario.

 

***

 La parola proposta da questo portale, non lemmatizzata nei vocabolari dell'uso: sormagno. Aggettivo che sta per "enorme", "grandissimo" e simili. È composto con "sor" (super) e "magno" (grande).

Si trova nel TLIO e in alcune pubblicazioni.

mercoledì 27 gennaio 2021

Bastante e bastevole

 


Tutti i vocabolari consultati lemmatizzano "bastante" e "bastevole" l'uno sinonimo dell'altro. Chi scrive, consapevole di attirarsi gli anatemi  dei linguisti "ufficiali", va contro corrente perché non ritiene affatto i due lemmi essere sinonimi. Bastante, participio presente di bastare, sta per "quanto basta", "sufficiente", "che basta", "a sufficienza": il poverino è morto di stenti perché non aveva denaro bastante (sufficiente) per sopravvivere. Bastevole vale, invece, "che si pensa, si ritiene possa essere sufficiente": Giulio sarà lontano da casa per tre mesi, saranno bastevoli le scorte alimentari? A nostro modo di vedere, insomma, in bastante c'è la 'certezza' della sufficienza;  in bastevole la 'speranza', la 'probabilità', la 'possibilità' della sufficienza. La bontà della nostra tesi deriva ─ come abbiamo visto altre volte ─ dalla funzione del suffisso "-evole".

***

Un po' di ortodossia linguistica

Prosieguo e non proseguo, anche se in uso.

Quadricromia — questa la sola grafia corretta — non quattricromia  quattrocromia

Quadrilingue — è un aggettivo. Nella forma plurale cambia la desinenza e in i: uomo quadrilingue al plurale sarà uomini quadrilingui.

Quadrumviro e quadrunviro — entrambe le grafie sono corrette

Qualcheduno è forma popolare, da evitare, per qualcuno

Qualora — congiunzione che significa se, quando, ogni volta che, dato che, ecc., si scrive senza apostrofo.

Quanto meno — errato l'uso di questa locuzione nell'accezione di almenoper lo meno. Non diremo, quindi, gli scriverò o quanto meno gli telefonerò, ma, correttamente, gli scriverò o per lo meno (almeno) gli telefonerò.

***

 La parola che proponiamo oggi non è lemmatizzata  in molti vocabolari dell'uso: incamerellato. È un aggettivo e si dice di un appartamento composto di tante piccole stanze (camerelle).


***

La lingua "biforcuta" della stampa

Feste in hotel e aperitivi fuorilegge: con la zona arancione è boom di delazioni

---------------------

Le feste e gli aperitivi non sono dei banditi, dei fuorilegge, sono illegali, cioè "fuori (della) legge". A nostro avviso, quindi, i due termini vanno scritti in grafia analitica (due parole):  fuori legge.

*

I ragazzi seguivano online il filmato "L'ebreo errante nell'arte del '900", quando all'imbrovviso sono stati inondati di offese e frasi inneggianti i forni crematori

-----------------------

A parte il refuso "imbrovviso", correttamente: inneggianti ai.

*

Aumentano nuovi casi nel Lazio: sono 1.338, i morti 62. D'Amato: "Meno ricoveri e terapie intensive stabili"

--------------------

Se i casi aumentano è logico che siano/sono "nuovi". Correttamente: aumentano i casi (senza "nuovi").

*

La svolta degli Usa: sì a trucco e smalto per le soldatesse

----------------------

Ancora soldatesse! Il femminile di soldato è soldata con il plurale soldate. Treccani: soldatéssa s. f. [femm. di soldato], scherz. o spreg. – Donna dai modi bruschi e autoritarî, soldateschi. Si veda anche qui.



lunedì 25 gennaio 2021

Il verbo cosí detto performativo

 


Non tutti i testi di lingua trattano un tipo di verbo chiamato “performativo”. Vediamolo.

I verbi cosí detti performativi si riferiscono solo alla prima persona singolare del presente indicativo e sono così definiti perché il pronunciarli equivale a compiere l'azione che essi descrivono, ovvero per compiere l'azione che essi descrivono bisogna pronunciarli. "Giuro di aver detto la verità", "Prometto di venire al più presto", "Nego ogni cosa" sono tutti esempi di funzione performativa del verbo. È sufficiente cambiare soggetto, "Roberto giura di aver detto la verità", "Tu prometti, ma non mantieni", "Voi negate l'evidenza", o tempo verbale, "Giuravo di aver detto la verità", per verificare come i verbi giurare, promettere e negare perdano la loro funzione performativa e assumano quella constatativa o descrittiva, in quanto le voci giura, prometti, negate e giuravo, non servono per compiere l'azione, ma per descriverla (notare che dire "io corro" anche nell'atto del correre mi serve per descrivere l'azione, ma non per compierla). Altri verbi che alla prima persona del presente indicativo assumono funzione performativa sono, per esempio: dire, ammettere, affermare, ecc.

***

La parola proposta da questo portale: dedignazione. Sostantivo femminile di origine dotta, provenendo dal verbo latino "dedignare" (sdegnarsi), che sta per indignazione, sdegno e simili. Si veda anche qui.

sabato 23 gennaio 2021

Un "orrore" nel dizionario Olivetti in rete

 


Consultando vari vocabolari alla ricerca di un termine atto a indicare una persona paurosa (e vigliacca) ci siamo imbattuti nel dizionario Olivetti che lemmatizza "pisciasotto" riferito a un bambino e, per estensione, a una persona paurosa. Il lemma, dal "sapore" un po' volgare, ci sembra appropriato: chi ha paura "se la fa sotto come i bambini". Siamo rimasti esterrefatti, però, nel constatare che il vocabolario in questione declina il sostantivo (e aggettivo): qui. Il lessema deve rimanere invariato, soprattutto se adoperato come aggettivo: uomo pisciasotto/uomini pisciasotto; donna pisciasotto/donne pisciasotto. Per formare il femminile e il plurale di entrambi i generi, insomma, basta cambiare l'articolo. Il sintagma in oggetto si trova anche nel GDU e in alcune pubblicazioni.

***

La lingua "biforcuta" della stampa

I familiari non credono ad ipotesi autolesionistiche: l'uomo aveva chiamato il giorno prima di morire e aveva detto di stare bene

---------------------

Meglio: autolesioniste.


venerdì 22 gennaio 2021

Per questo motivo, perciò, non "per cui"

 


L’argomento che stiamo per affrontare, probabilmente, è stato già trattato. Onestamente non lo ricordiamo. Lo riproponiamo,  eventualmente e ci scusiamo per... l’eventuale ripetizione, perché abbiamo avuto modo di constatare (e constatiamo tuttora) che moltissime persone, tra le quali dobbiamo annoverare — nostro malgrado — le grandi firme della carta stampata e no, adoperano in modo orrendamente errato la locuzione per cui nel senso di perciò, per la qual cosa.

Il cui innanzi tutto — chiariamolo subito — è un pronome relativo indeclinabile ed è riferibile a persona, animale o cosa. Non è corretto usarlo in funzione di soggetto, si  impiega esclusivamente come complemento indiretto: ecco il libro di cui ti parlavo; tu sei quello per cui ho molto sofferto. Quando è complemento di termine il cui può essere o no preceduto dalla preposizione a, dipende dal gusto di chi scrive o parla: la persona cui mi rivolsi o la persona a cui mi rivolsi.

Fatta questa necessaria precisazione, veniamo all’errore di cui parlavamo all’inizio di queste modeste noterelle. Lo strafalcione, dunque, consiste nel dare al cui un significato neutro che molto spesso si dà al pronome che, vale a dire il significato di  la qual cosa e formare, in tal modo, il costrutto — errato, ripetiamo — per cui nel senso di perciò, per la qual cosa, per questo motivo.

Insomma, per essere estremamente chiari — amatori della buona lingua, che ci onorate della vostra fiducia — non è corretto dire o scrivere: pioveva, per cui non sono uscito. Si dirà, correttamente: pioveva, perciò/per ciò non sono uscito; oppure: pioveva, per la qual cosa (per questo motivo)  non sono uscito.

Pedanteria? Fate l’analisi logica del per cui e... giudicate.


***

 Un verbo non attestato nei vocabolari, ma ─ a nostro avviso ─ da... divulgare: scrupolare. Il significato, ci sembra, è ovvio.

Lo abbiamo scovato nel libro di Alfredo Ravanetti — 2008 — 252 pagine. «Un paio di balordi si accostano e le sfilano i vestiti: pensano che se non abbiamo anima tanto vale godersela e non scrupolare troppo. Il saggio sorride distante, inarrivabilmente alto nel torrione della sua indifferenza».


giovedì 21 gennaio 2021

Due parole su... (2)


 Contemplare ─  il significato proprio del verbo, di provenienza classica, è "guardare con attenzione, con ammirazione, con devozione":  contemplare un panorama, un quadro, un disegno ecc. Non ci sembra "corretto" l'uso del verbo in oggetto quando manca il concetto di "osservazione". A nostro modo di vedere, dunque, sono da evitare frasi del tipo "la legge non contempla quel tipo di reato" oppure "questa spesa non era contemplata" . In casi simili ci sono verbi "piú appropriati": prevedere, stabilire, comprendere, specificare, comminare, considerare ecc. Naturalmente adopereremo il verbo appropriato a seconda del contesto.

Contingentare  verbo venuto prepotentemente alla ribalta in questo periodo di pandemia: l'accesso ai locali è contingentato. È un francesismo "traducibile" nella lingua di Dante e di Manzoni con i verbi limitare, regolare, razionare e simili.

Deplorare  buona parte dei vocabolari dà/danno a questo verbo l'accezione "primaria" di biasimare, condannare, rimproverare e simili. Chi scrive non è di questo avviso. Il verbo è pari pari il latino "deplorare", lagnarsi, dolersi, compiangere, lamentarsi. Sarà adoperato correttamente, quindi, in frasi tipo "tutti deploriamo la strage delle torri gemelle".  Male, malissimo, in "tutti deploriamo il tuo comportamento".

***

La parola "sconosciuta" che proponiamo, ripresa dal "Nuovo De Mauro": bustrofedico.











(Non sappiamo se il volume è in commercio. Chiedere, eventualmente, all'Editore o alle librerie, anche in rete)

martedì 19 gennaio 2021

Gli "scherzi" della lingua

 


Probabilmente i ragazzi che frequentano le classi ginnasiali e (forse) gli stessi docenti non sanno  che - stando all’etimologia - dovrebbero entrare nelle aule scolastiche in costume adamitico. Sí, proprio cosí. Scherzi della lingua. Ma andiamo con ordine cominciando col vedere l’origine della scuola (anche se l’argomento, ci sembra, è stato già trattato). 

Sembrerà inverosimile, ma la scuola che per moltissimi giovani (e per noi ai nostri tempi) è associata al lavoro, alla pena, alle ansie, alle notti in bianco e, talvolta, a qualche benevolo e paterno scapaccione, quando è “nata” voleva dire esattamente il contrario: riposo, ozio e, perché no?, “pacchia”. Scuola, infatti, viene dal greco “scholé” che significa, per l’appunto, “riposo”, “ozio”. 

Ciò si spiega con il fatto che nell’antichità (Roma e Grecia) i soli che si dedicassero agli studi erano gli uomini i quali, quando erano liberi da “impegni bellici” o dai lavori dei campi, ne approfittavano per dedicarsi alla cura della mente, dello spirito. Quei pochi momenti liberi che potevano riservare alla cura dell’‘animo’, della mente - tra una guerra e l’altra - erano considerati un piacevole riposo, uno “svago” ma anche e, forse soprattutto, perché per la mentalità dell’epoca coloro che si dedicavano allo studio anziché alle armi e al lavoro nei campi, non... lavoravano, oziavano. La scuola, dunque, era un... ozio.

 E veniamo al ginnasio che nell’accezione moderna - come recitano i vocabolari - è un “corso di studi classici in due anni al quale possono accedere i ragazzi in possesso della licenza media; biennio del liceo classico”. Anche il ginnasio, nell’antichità, quando è “nato” aveva tutt’altro significato: presso i Romani e i Greci era un luogo pubblico dove i giovani si addestravano alla lotta, alla corsa e al lancio del disco; era, insomma, una palestra. L’origine della parola è anch’essa greca, “gymnàsion” (‘luogo per esercizi ginnici’), da “gymnòs”, (nudo); e ciò perché i giovanotti che frequentavano il “ginnasio”, vale a dire la palestra, erano in abiti assolutamente adamitici. Come si è giunti all’ “evoluzione” della parola? Cioè a “luogo di studi classici”? È presto detto.

 Molto spesso il ginnasio era circondato di portici con sedili dove, col tempo, maestri e filosofi sedevano per provvedere, dopo il pugilato, i salti, le corse, all’ “addestramento spirituale” di quei baldi giovani. Il nome finí, quindi, con l’indicare anche la “palestra della mente”. Nel Rinascimento, infatti, il termine “ginnasio” fu scelto per indicare l’edificio (e il luogo) dove si insegnava greco e latino. 

***

La parola proposta da questo portale, non lemmatizzata nei dizionari consultati: tiruncolo. Sostantivo maschile: novizio, principiante, recluta, esordiente e simili. Dal latino "tirunculu(m)", tratto da "tiro-onis", recluta.

***

La lingua "biforcuta" della stampa

Vaccino agli anziani, slitta l'avvio: "Per colpa di Pfizer cominciamo la profilassi dal 1° febbraio"

-----------------------

Correttamente: 1 febbraio (senza esponente). Il primo giorno del mese è sempre un "ordinale". Crusca: Le indicazioni comprendenti anche mese e giorno sono introdotte modernamente da un articolo maschile singolare: «il 20 settembre 1870»". Per estensione, si può aggiungere che, nel caso di una data come 11/10/1989, l'articolo che vi si anteporrà sarà l' (seguendo la pronuncia della data: l'undiciottobre millenovecentoottantanove); stessa regola vale per le date che iniziano con 1: anche per queste, si considera il modo in cui tali date vengono pronunciate e quindi si scriverà il 1/2/2003 (cioè il primo febbraio duemilatré). Infatti, come specifica Serianni, "Per i giorni del mese si usa l'ordinale per il giorno iniziale [...], ma il cardinale per i giorni successivi, siano o non siano accompagnati dal giorno del mese [...]."

*

La neo assessore al Welfare Letizia Moratti ha scritto al commissario Arcuri: «I parametri vanno ridiscussi». Poi la marcia indietro

-----------------------

Due orrori: l'articolo femminile davanti a un sostantivo maschile e il prefissoide "neo-" scritto staccato. Correttamente: la neoassessora. Qui e qui.

*

Nel Lazio 1.100 nuovi casi e 59 decessi. Somministrati 115mila dosi di vaccino

-----------------------

Non vorremmo essere smentiti: dose non è di "sesso" femminile? Somministrate, quindi, non somministrati. O no?

*

Autodemolitore invade deposito comunale di reperti archeologici e butta terracotte e marmi nel cassonetto

---------------------------

Due orrori: uno veniale, l'altro mortale. Il veniale, autodemolitore in luogo di autodemolizione; il mortale, terracotte. Il plurale corretto è terrecotte.

lunedì 18 gennaio 2021

Due parole su...

 


Salace ─  il significato proprio di quest'aggettivo è "scurrile", "volgare", "indecente", "piccante" e simili. Molto spesso si adopera con il significato   ─ che condanniamo recisamente ─ di "divertente", "spiritoso", "acuto" e simili: Giovanni è stato molto bravo, con il suo discorso salace (divertente) ha rallegrato tutti gli astanti. Chi ama il bel parlare e il bello scrivere faccia attenzione all'uso corretto dell'aggettivo in questione perché molto spesso l'utilizzo improprio, per non dire errato, stravolge il senso di ciò che si vuol dire.

Scongiurare ─ questo verbo ─ a giudizio di chi scrive ─ è adoperato correttamente solo nel significato di "fare scongiuri", "supplicare", "pregare", "chiedere insistentemente": lo scongiurò di non dire nulla al padre. Da evitare, dunque ─ sempre secondo chi scrive ─ il verbo suddetto nell'accezione di "allontanare", "prevenire", "evitare": quel disastro si poteva scongiurare.

Sprovveduto e sprovvisto ─ entrambi i lemmi sono participi passati, ma non vanno adoperati indifferentemente. Il primo, con uso sostantivato, si dice di persona priva di idee, di conoscenze, di forza intellettuale, ingenua, inesperta: Pietro, in lingua italiana, è proprio uno sprovveduto. Il secondo, quasi sempre con valore aggettivale, si adopera in senso materiale: nevicava ma eravamo sprovvisti di catene.

Sviscerare ─ etimologicamente sta per "privare dei visceri". Viene adoperato, in senso figurato, con il significato di "esaminare", "studiare approfonditamente" e simili: Giovanni ha sviscerato tutto ciò che sapeva sull'argomento. Nel senso di "esaminare" e simili non è meglio adoperare altri verbi che fanno alla bisogna: indagare, approfondire, osservare, meditare ecc. (naturalmente secondo il contesto)?


***

La lingua "biforcuta" della stampa

Un gruppo di dipendenti si rivolge alle istituzioni e all'ex direttore Strozzi: "Dimostri l'estraneità della cooperativa dai fatti contestati"

--------------

Correttamente: estraneità ai.  Si è estranei a qualcosa non da qualcosa. Qui.

*

Nepi, cluster nella casa di cura: metà degli ospiti è positivo al Covid, il contagio partito da un fisioterapista

-------------------

Non commentiamo.  I cortesi e attenti lettori "giudicheranno" sulla correttezza o no.


***

Infinocchiare (farsi)

Tutti conosciamo questo modo di dire che significa “farsi ingannare, farsi raggirare con astuzia e grossolanità”. Non tutti, forse, sanno come è nato. Vogliamo vederlo assieme?

Nel periodo medievale gli osti veneti, in particolare quelli veneziani, erano soliti offrire ai loro clienti dei rametti di finocchio prima di servire loro del vino di pessima qualità. Cosí facendo erano sicuri che gli avventori non si sarebbero accorti del vino... “scadente”. Il forte aroma del finocchio, infatti, ingannava il palato, e l’ospite veniva così “infinocchiato”, ingannato, perché è risaputo che il finocchio, particolarmente quello selvatico, ha il “potere” di camuffare il sapore delle bevande e dei cibi.

***

Virgilio oggi è presentato da

Sapere

un'altro

Parola corretta!

--------------

Senza... parole!

*

 SAPERE

HomeSinonimi e contrariVocabolarioConiuga verbiRimeCorrettore

Coniugazione di: Trasalire

Trasalire: infinito presente del verbo trasalire - Forma Attiva (ausiliare: Avere)

Indicativo

  • Presente
  • io trasalo
  • tu trasali
  • egli trasale
  • noi trasaliamo
  • voi trasalite
  • essi trasalono

 ------------------------

Anche qui senza... parole!



domenica 17 gennaio 2021

"-errimo" e "-issimo"


 Un interessante articolo sul suffisso "-errimo",  di Anna M. Thornton, pubblicato sul sito dell'Accademia della Crusca.

***

La parola, o meglio il verbo proposto da questo portale e lemmatizzato ─ se non cadiamo in errore ─ solo nel dizionario Olivetti: maltrigiare. Verbo transitivo che vale "maltrattare". Dal latino " male trusare" , frequentativo di  "trudere", spingere (in malo modo).

sabato 16 gennaio 2021

Rivoltare la frittata


 Chi non conosce o non ha mai messo in pratica il modo di dire suddetto? Vale a dire ─ in senso figurato ─  "fare apparire le cose diverse da come sono in realtà"; "capovolgere una situazione per 'portarla' a proprio vantaggio".  Ma ci sono anche altre locuzioni ─ forse poco conosciute ─  che riguardano la frittata.

***

La parola che ci piacerebbe fosse rimessa a lemma nei vocabolari dell'uso: ligone. Sostantivo maschile tratto dal latino "ligone(m)": zappa, strumento agricolo.

 ***

La lingua "biforcuta" della stampa

Addio a Tommaso Di Ciaula: il poeta operaio amato da Sciascia e conteso dagli editori è morto semi dimenticato

---------------

Correttamente: semidimenticato. Il prefisso "semi-", come tutti i prefissi, si scrive unito alla parola che segue. Si veda anche qui e qui.

venerdì 15 gennaio 2021

Sgroi - 97 - L'italiano di Papa Francesco è "eccellente" per la Crusca, ma ...

 


di Salvatore Claudio Sgroi 

 1. L'evento televisivo della domenica

L'appuntamento di domenica 10 gennaio della trasmissione di entertainment "Le parole per dirlo" su RAI-3, ore 10.20 condotta da Noemi Gherrero, consulenti i noti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, è stato particolarmente intrigante, dedicato com'era a "Le parole di Papa Francesco", ospite monsignor Vincenzo Paglia.

<https://www.raiplay.it/video/2020/12/Le-parole-per-dirlo-puntata-20-dicembre-2020-d7734204-fbed-465f-9d50-e5f1f7d2a63e.html>.

          2. Gli usi linguistici di Papa Francesco

Molte le osservazioni sul linguaggio di Papa Francesco con degli interventi filmati del Pontefice, e sulla sua creatività linguistica, da parte dei due esperti, che si sono mostrati ben documentati e al corrente degli studi sul linguaggio del Sommo Locutore.

 2.1. La misericord-ina (2013)

Si è per es. ricordato l'uso del s.f. misericord-ina indicante la "confezione di oggetti di culto della Divina Misericordia fatta distribuire da papa Francesco in piazza S. Pietro nel 2013 e nel 2016", come ora rivendicato con orgoglio dalla stessa Valeria Della Valle per averlo lemmatizzato nei suoi Neologismi. Parole nuove dai giornali 2008-2018 (Treccani 2018) in coll. con G. Adamo.

 2.2. La influencer di Dio (2019)

Jorge Bergoglio è apparso anche mentre parlava di "Maria la influencer di Dio" (2019) ‘chi propaganda Dio, la fede in Dio’, ‘propagandatore di Dio, della fede in Dio’. (Su cui cfr. Papa Francesco e "l'Influencer di Dio", in "Rivista Italiana di Linguistica e di Dialettologia"  2019, pp. 93-98). Ma l'anglicismo, registrato nel Gran diccionario de anglicismos di Félix Rodríguez González (2017) e pure nel citato dizionario di Neologismi di G. Adamo - V. Della Valle, datato 1993 e 2011, non è stato commentato. Ad evitare -- si potrebbe sospettare maliziosamente -- una possibile analisi neo-puristica contro l'uso degli anglicismi non necessari da rendere qui con "influenzatore", influenzatrice"?

 2.3. "Fratelli e sorelle, buona sera" (2013) e Fratelli tutti (2020)

A proposito del saluto "Fratelli e sorelle, buona sera" (13 marzo 2013) in bocca a Papa Francesco si è sottolineata la volontà di riferirsi con grande familiarità a tutti, non esclusivamente religiosi, ma credenti e laici, uomini e donne. Patota ha subito, e opportunamente, osservato che l'espressione non è affatto "in contraddizione" con il recente titolo dell'enciclica Fratelli tutti (2020), dove manca l'esplicitazione degli uomini e delle donne, trattandosi di una citazione delle Ammonizioni di S. Francesco (lat. Fratres omnes). Un titolo che "ha suscitato non poche reazioni di perplessità sull'utilizzo del maschile, che soprattutto in alcune culture è sembrato escludere le donne", osservava da parte sua Alessandra Smerilli (nella sua "Guida alla lettura" alla Lettera enciclica, Lev 2020 p. 24). Un uso, questo del Papa, aggiungiamo, non diverso da quello già presente nelle sue Parole ai giovani a cura di Lucio Coco (Lev 2016), dove appare per es. il masch. plurale "i giovani" per designare maschi e femmine con la volontà di indicare "chi è nell'età compresa tra la tarda adolescenza e la maturità", senza far riferimento al sesso.

Un caso che potrebbe sembrare, aggiungiamo ancora, un uso sessista della lingua per il mancato esplicito riferimento agli umani di entrambi i sessi. Ma che invece smentisce la teoria sessista della lingua, secondo cui il genere grammaticale masch./femm. svolgerebbe la funzione prioritaria di indicare il sesso maschio / femmina e non già quello puramente morfosintattico dell'accordo per garantire la coesione, comune ai nomi animati e non-animati. (Cfr. l'intervento nel blog Per smentire la teoria della lingua sessista, martedì 17 gennaio 2017).

 2.4. Nostalgioso (2017)

Patota ha opportunamente commentato l'uso dell'aggettivo nostalgi-oso 'nostalgico' ("credente nostalgioso"), non coniato sul modello del noto petal-oso, ma in realtà neologismo dello spagnolo sudamericano registrato anche in un dizionario spagnolo del 2011. Rivelandosi così ben informato e al corrente di un articolo di "un simpatico professore" apparso nel sito dell'Accademia della Crusca (Papa Francesco onomaturgo italofono 'ispirato' dallo spagnolo [nostalgioso] sezione "Lingua italiana" “L’Articolo”, 27.I.2017).

 2.5. Laudato sie/si' (2015)

È stata altresì menzionata l'enciclica Laudato sie/si' (2015). Invero un'occasione mancata per un'analisi morfologica non proprio scontata del sie/si', peraltro assente anche nel capitolo sul Cantico di Frate Sole dello stesso Patota presente nell'istruttivo vol. Le parole valgono (Treccani 2020, pp. 29-44, 154-66). E per la cui analisi rimandiamo il lettore a Il linguaggio di Papa Francesco 2016 (Libreria Editrice Vaticana) del su citato "simpatico professore".

Il verso dell'umbro san Francesco appare anaforicamente non meno di 8 volte, e a seconda delle edizioni alternante anche con la forma piena: «Laudato sie, mi' Signore».

Il «sie», estraneo all'it. contemporaneo, si può storicamente spiegare secondo la seguente trafila: latino class. congiuntivo sis > lat. parlato ricostruito *sias > it. antico (anche umbro) sie (con caduta di "s" e palatalizzazione della "a"). L'it. moderno si-a segue la morfologia dei verbi di II e III coniug. ("che io/tu/egli tem-a o part-a"). La "trappola" morfologica dell'italiano contemporaneo consiste nel fatto che la forma «sii» vale: (i) come imperativo canonico, standard es. sii buono, mi raccomando (vs Lei, sia cortese!) e (ii) come congiuntivo, di stampo popolare col valore di 'sia', es. "Paolo si augura che tu sii cortese".

 2.6. Mafiarsi (2015)

Papa Francesco è apparso anche quando ha detto mafiarsi:

 "quando una società ignora i poveri, li perseguita, li criminalizza, li costringe a 'mafiarsi', quella società si impoverisce fino alla miseria, perde la libertà e preferisce 'l'aglio e le cipolle' della schiavitù, della schiavitù del suo egoismo, della schiavitù della sua pusillanimità e quella società cessa di essere cristiana".

 Oltre la trasparenza della base verbale, il contesto dell'omelia è inequivoco e il carattere neologico di mafiarsi, è duplice. In spagnolo mafiarse manca nel Corpus del Nuevo Diccionario Histórico del Español (CNDHE) Versión 3.1 pur ricco di 400 milioni di dati, on line. In Google si trova il testo in spagnolo di papa Francesco, risalente al 15 giugno 1999: "Porque cuando una sociedad ignora a los pobres, los persigue, los criminaliza, los obliga a 'mafiarse', esa sociedad se empobrece hasta la miseria, pierde la libertad y prefiere 'el ajo y las cebollas' de la esclavitud.".

In sic. mafiàrisi significa invece 'mostrarsi arrogante e spavaldo'. In italiano, è documentato fin dal 1990 il denominale mafiare come verbo intransitivo col significato di 'comportarsi da mafioso'.

 2.7. Spuzzare e la spuzza (2015)

V. Della Valle, da parte sua, ha commentato pertinentemente il dialettalismo spuzzare 'puzzare in modo acre e rivoltante' riferito alla società corrotta, che risale al piemontese della famiglia del Papa, spussè, anche questo a suo tempo illustrato dal citato "simpatico professore" ne "L'Avvenire" 26 marzo 2015 e quindi ne Il linguaggio di Papa Francesco (2016).

Nel frammento della trasmissione il Papa ha usato invero  il s.f. la spuzza della corruzione (2015) in quanto 'puzza, odore spiacevole di cose corrotte ', dal s.f. spussa, a sua volte deverbale del verbo spussè.

 2.8. Misericordiare e misericordiati (2013)

Monsignor Vincenzo Paglia ha da parte sua menzionato il misericordiare e la sua semantica, su cui i due storici della lingua non hanno però fatto alcun commento quanto all'etimo del verbo, quale resa del lat. miserando presente nel motto miserando atque eligendo, tratto dalle Omelie di san Beda il venerabile, a cui s'è ispirato il Papa. Che ha così commentato il proprio uso (2013):

 «il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano sia in spagnolo. A me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando».

In realtà però sia lo spagn. misericordiar che l'it. misericordiare, entrambi strutturalmente denominali, erano stati già formati rispettivamente, stando a Google, nel 1749 e nel 1471. Il recupero di Papa Francesco li rimette quindi in gioco a un tempo nelle due lingue. (Cfr. ancora al riguardo Il linguaggio di Papa Francesco 2016).

Ma Monsignor Paglia ha anche ricordato i misericord-iati s.m.pl. 'coloro che sono oggetto della misericordia di Dio'.

 2.9. Giocattol-izzare (2015)

E c'è pure il giocattol-izzare  'scherzare' resa dello sp. juguet-ear, in risposta alle domande dei giornalisti, ai tempi delle vignette offensive di Charlie Hebdo contro Maometto, durante il volo che lo portava dallo Sri Lanka alle Filippine: «Basta "giocattolizzare" con la religione».

 3. Papa Francesco supporter dell'italiano come lingua veicolare della Chiesa

Si è anche ricordata, da parte di Monsignor Paglia la scelta politica di Papa Francesco, in continuità con i suoi predecessori, di adottare la lingua italiana come lingua veicolare della Chiesa all'interno del mondo cattolico ("missionari", ecc.).

E il buon Patota, che ha confermato ciò, nel citato Le parole valgono (2020) sulla scorta dei relativi studi si era già soffermato sulla storia degli ultimi 40 anni, menzionando anche tutte le occasioni (p. 153) in cui Papa Francesco ha utilizzato l'italiano nei suoi viaggi all'estero nei Paesi Baltici (2018), negli Emirati Arabi Uniti (2019), in alternativa all'anglo-americano, lingua internazionale.

 4. Papa Francesco "accademico onorario della Crusca" ma non in quanto italofono "eccellente" non-nativo

Ma quello che ci ha lasciato un pò perplessi è stato il momento in cui Patota ha voluto mettere a parte gli ascoltatori di un suo "sogno" comunicato al presidente della Crusca, Claudio Marazzini, perché Papa Francesco fosse nominato "Accademico onorario della Crusca" non "per il suo italiano, che è comunque un italiano eccellente", ma perché usa parole gentili (“per qn”) e non aggressive (“contro qn.”).

La motivazione avrebbe potuto invero essere più pertinentemente argomentata con riferimento -- in prima battuta -- alla competenza linguistica e creatività del Bergoglio italofono non-nativo, (straniero o allofono) o allo-italofono.

Il che sarebbe per la Crusca un bel salto “ideologico”, contro chi avanza sospetti di cripto-neopurismo, giustificando – in quanto allofono -- proprio l’italiano di Papa Francesco, che ha arricchito non poco la lingua italiana con i suoi "doni" lessicali ispanici, colmandone anche i vuoti lessicali.

Solo secondariamente lo stesso Patota fa riferimento come "altro motivo" per la nomina ad accademico onorario alla scelta politica di Papa Francesco per l'uso veicolare appena ricordato della lingua italiana.

 4.1. L'italiano di Papa Francesco "corretto" ed "efficace" non "contro" ma "per qn."

Va anche detto che nel citato Le parole valgono il buon Geppi Patota (2020) aveva già anticipato tale sua posizione scrivendo:

 "Tempo fa avanzai la proposta di nominare papa Francesco Accademico onorario della Crusca per come usa l'italiano, precisando che con quel 'come' intendevo riferirmi non solo e non tanto alla correttezza e all'efficacia di quell'uso, che pure sono innegabili, quanto al fatto che ormai Francesco è rimasto uno dei pochissimi grandi del mondo che usa le parole di una lingua (che il più delle volte è l'italiano) sempre per qualcuno o qualcosa , e mai contro qualcuno o qualcosa" (pp. 153-54).

 Sommario

1. L'evento televisivo della domenica

2. Gli usi linguistici di Papa Francesco

2.1. La misericord-ina (2013)

2.2. La influencer di Dio (2019)

2.3. "Fratelli e sorelle, buona sera" (2013) e Fratelli tutti (2020)

2.4. Nostalgioso (2016)

2.5. Laudato sie/si' (2015)

2.6. Mafiarsi (2015)

2.7. Spuzzare e la spuzza (2015)

2.8. Misericordiare e misericordiati (2013)

2.9. Giocattol-izzare (2015)

3. Papa Francesco supporter dell'italiano come lingua veicolare della Chiesa

4. Papa Francesco "accademico onorario della Crusca" ma non in quanto italofono  "eccellente" non-nativo

4.1. L'italiano di Papa Francesco "corretto" ed "efficace" non "contro" ma "per qn."





 

 

giovedì 14 gennaio 2021

Il "ritrattiere"


 Come si può chiamare la persona che, soprattutto nei processi, ritratta le dichiarazioni? Non c'è un termine che fa alla bisogna. Ritrattista? No. Il vocabolo in questione indica il pittore o lo scultore specializzato nel fare ritratti di persona. Si potrebbe chiamare "ritrattiere", con il femminile "ritrattiera" per analogia con consigliera. Il lessema proposto sarebbe un sostantivo deverbale (anche se la maggior parte dei nomi in "-iere" proviene/provengono da altri sostantivi) tratto dal verbo ritrattare con l'aggiunta del suffisso "-iere": ritratt/iere. Il suffisso in oggetto risale al latino "-arius" attraverso il francese "-ier" e indica una professione, un mestiere, un'attività: romanzo/romanziere; porta/portiere. A nostro modo di vedere, quindi, si può benissimo chiamare ritrattiere/ritrattiera (neologismo lessicale ben formato, sempre a nostro avviso) chi ritratta le precedenti dichiarazioni (senza gridare allo "scandalo linguistico").

-----
Nei commenti il cortese lettore Renato P. suggerisce "ritrattatore", e ha perfettamente ragione. Il sintagma esiste (ci era sfuggito). Il nostro "ritrattiere", pertanto, va a farsi benedire...

***

La parola proposta da questo portale: ginolatrico. Aggettivo aulico, composto con le voci greche "ginè" (donna) e "latreia" (culto). Si dice di colui che idolatra le donne. Si trova in alcune pubblicazioni.

***

La lingua "biforcuta" della stampa

Il leader di Forza Italia portato da Valbonne, vicino Nizza, al Centro cardiotoracico del Principato. Il medico di fiducia: prudente non affrontare il trasporto in Italia. Il leader di Forza Italia: "Risolvere presto la crisi"

-------------------

Non ci stancheremo mai di ripetere che "vicino" si costruisce con la preposizione "a". Correttamente, quindi, "vicino a Nizza". Crusca: « (...) Quel che è certo è che non si può usare il solo vicino con funzione di locuzione preposizionale: sono da evitare, benché alquanto diffusi persino nei giornali, vicino Roma, vicino casa (recte: «vicino a Roma», «vicino a casa»).».