venerdì 31 dicembre 2021

Un sereno 2022 (pandemia permettendo...)

 


Q
uesto portale augura agli amici che seguono le noterelle linguistiche un sereno 2022, con la speranza che l'anno che sta per andar via porti via la pandemia.

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Un cincin di benvenuto

Eccoci, dunque, alla "nascita" linguistica del cincin che, sempre come dicono i vocabolari, è un’«espressione augurale che ci si scambia al momento del brindisi facendo urtare leggermente i bicchieri». Cominciamo con il dire, intanto, che la grafia corretta è senza il trattino (cincin) o due distinte parole (cin cin), come si evince dal Dop (Dizionario di ortografia e di pronunzia): L’origine è sinobritannica. Il nostro cincìn, dunque, non è una voce onomatopeica — come taluni credono — vale a dire il suono che emettono due o più bicchieri quando si urtano, bensì l’adattamento nella nostra lingua dell’espressione inglese chinchin, a sua volta adattamento del pechinese ch‘ing ch‘ing, forma variata del cinese ts‘ing ts‘ing (prego prego).

Si tratta, insomma, di un’espressione augurale cinese, di un ossequio in cui la ripetizione accentua la forza augurale.

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Anche per la fine dell'anno non poteva mancare la...

Lingua "biforcuta" della stampa

L’autogru riparata il giorno precedente al crollo che ha ucciso 3 operai a Torino

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Correttamente: autogrú (con l'accento grafico sulla "u").

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GENOVA-MILANO

Terzo Valico, il fine lavori per il passante ferroviario slitta di due anni

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Siamo molto perplessi sulla correttezza di quel fine maschile, "odora" di anglismo. Ci sembra "piú corretto" togliere l'articolo (Terzo Valico, fine lavori...) o, ancora meglio: la fine (dei) lavori...

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Usa-Russia

Biden e Putin 50 minuti al telefono per tentare di disinnescare la crisi ucraina

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Come si può "disinnescare" una crisi? Una crisi si evita, si scongiura e simili. Solo "innescare" si può adoperare in senso figurato (e come intransitivo pronominale).

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ROMA

Maxi rissa tra parenti per l'eredità, al funerale della defunta arrivano carabinieri e ambulanze

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Correttamente: maxirissa. I prefissi e i prefissoidi si "attaccano" alla parola che segue.

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Capodanno, metro e bus a Roma: gli orari per il 31 dicembre e il 1° gennaio

Correttamente: il 1 gennaio (senza esponente). Crusca: Le indicazioni comprendenti anche mese e giorno sono introdotte modernamente da un articolo maschile singolare: «il 20 settembre 1870»". Per estensione, si può aggiungere che, nel caso di una data come 11/10/1989, l'articolo che vi si anteporrà sarà l' (seguendo la pronuncia della data: l'undiciottobre millenovecentoottantanove); stessa regola vale per le date che iniziano con 1: anche per queste, si considera il modo in cui tali date vengono pronunciate e quindi si scriverà il 1/2/2003 (cioè il primo febbraio duemilatré). Infatti, come specifica Serianni, "Per i giorni del mese si usa l'ordinale per il giorno iniziale [...], ma il cardinale per i giorni successivi, siano o non siano accompagnati dal giorno del mese [...]."









Lrecensione del prof. Salvatore Claudio Sgroi, docente emerito di linguistica generale presso l'università di Catania.


 


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)


mercoledì 29 dicembre 2021

"Alla salute" (brindisi di fine anno)

 


In occasione della fine dell'anno riproponiamo un nostro vecchio articolo sulla "nascita" del brindisi.


Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno e attendiamo con “ansia” la mezzanotte del 31 per fare un bel brindisi, con parenti e amici, all’avvento del nuovo anno. Abbiamo pensato, quindi, di spendere due parole sulla “nascita” del brindisi che non ha nulla che vedere con la ridente città pugliese. Alcuni, infatti, ritengono - erroneamente - che il termine derivi dall’ “usanza della città di Brindisi”. Prima di scoprire assieme la provenienza linguistica del vocabolo, vediamo cosa dicono i dizionari al lemma in questione: “Saluto, augurio che si fa nei banchetti levando il bicchiere (spesso facendolo urtare leggermente con quello degli altri commensali) e bevendo alla salute”. Questo, dunque, il significato che chiameremo “scoperto”. E quello “coperto”? Perché, insomma, il gesto di bere alla salute si chiama “brindisi”? Il vocabolo non è schiettamente italiano ma ispano-teutonico. Il brindisi, dunque - e mentre scriviamo alziamo idealmente il bicchiere bevendo alla salute dei nostri amici blogghisti che seguono le nostre modeste noterelle - ha una provenienza linguistica particolare. Vediamo, in breve, la sua storia.

Nel corso dei secoli la nostra penisola è stata terra di “arrembaggio” da parte dei popoli di tutta Europa. Nel Seicento fu la volta dei Lanzichenecchi, famigerata soldataglia teutonica. Durante le loro libagioni questi “soldati” erano usi alzare il bicchiere verso i commilitoni dicendo “bring’ dir’ s” che, letteralmente, significa “lo porto a te”, “lo levo a te” (sottinteso il bicchiere) come auspicio di buona salute. Il popolo, come avviene sempre in questi casi, tradusse, a orecchio, “brindisi”. Gli spagnoli, presenti anch’essi sul nostro patrio suolo, restarono talmente affascinati da tale usanza tedesca che da “brindís”, come solevano dire, coniarono il verbo “brindar” che noi abbiamo “riciclato” in brindare.


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La lingua "biforcuta" della stampa

Covid, diversi contagi nel vibonese: positivi anche un sindaco e un parroco

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Correttamente: Vibonese (con la "V" maiuscola). Non finiremo mai di ripetere che i nomi che indicano un'area geografica si scrivono con l'iniziale maiuscola.



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)


martedì 28 dicembre 2021

Evacuare i supereroi internazionali


 Riceviamo e pubblichiamo

Dell’uso improprio di “evacuare” e dei suoi derivati già si è detto in altre occasioni. Ma una notizia di oggi – fresca fresca – ha attirato la mia attenzione: [parlando e scrivendo dei naufraghi a bordo della Sea Watch] “… La donna incinta, una nigeriana, è stata evacuata stanotte …”. Mi sembra il colmo della crudeltà. Salvatori o supermalvagi? Passino espressioni del tipo “gli abitanti dell’edificio pericolante sono stati fatti evacuare”; ma quella relativa alla donna incinta mi pare orribile!
Già, supermalvagi. Nei vari film con protagonisti uno o più supereroi, sempre di moda durante le feste, compare spesso la figura dell’antagonista, il “cattivo”, egli pure dotato di superpoteri. Ebbene: oggi, commentando in TV uno di questi film, il commentatore ha definito supereroe anche l’antagonista! Ho sempre pensato che “eroe” dovesse avere una connotazione positiva, di sacrificio o abnegazione a favore degli altri o della patria; addirittura a favore dell’intera umanità nel caso dei super-. Confermo: avrei preferito sentir parlare di supermalvagio.

A proposito di film (in questi giorni se ne parla fin troppo), oggi ho gustato questa frase: “… nelle sale … molti film italiani e internazionali”. L’aggettivo “internazionale” è ricorrente: alle manifestazioni canore partecipano “cantanti italiani e internazionali”; gli artisti di una mostra sono “italiani e internazionali”, e così via. Come dire che gli italiani non sono affatto conosciuti all’estero, o che gli stranieri hanno, ciascuno, più nazionalità? Oppure, più semplicemente, il termine “straniero” non è politicamente corretto, per cui lo si sostituisce con “internazionale”?
Basta! Non ci capisco più niente …

 Pier Paolo Falcone


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La lingua "biforcuta" della stampa

 Quirinale, le chances di Draghi o Berlusconi. Ecco i cinque scenari possibili in Parlamento

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Correttamente: chance (senza "s" ). I vocaboli barbari non si pluralizzano.

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IL FONDATORE DI TESLA

Musk e la scelta di abitare in un pre-fabbricato: in realtà vive in una mega villa

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Correttamente: prefabbricato e megavilla.


 

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lunedì 27 dicembre 2021

"Sanvaldarnese"


 Il demotico sangiovannese indica tanto l'abitante di San Giovanni Rotondo (FG) quanto quello di San Giovanni Valdarno (AR), come facciamo a distinguerli senza un contesto? Lanciamo una "provocazione" agli addetti alla coniazione degli etnici (o etnonimi): lasceremmo sangiovannese per quanto attiene all'abitante della cittadina pugliese  e chiameremmo "sanvaldarnese" (meglio "sanvaldarnense"), con ellissi del sostantivo Giovanni, il cittadino del comune toscano. Abbiamo bestemmiato? Non crediamo proprio.


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La lingua "biforcuta" della stampa

EFFETTO OMICRON

Covid, nel week-end di Natale cancellati oltre 6.000 voli aerei nel mondo, 1500 solo a Santo Stefano

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Sarebbe interessante sapere se ci sono anche i "voli navali".

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Zona gialla, Italia e Lombardia rischiano. Ecco cosa ci aspetta per Capodanno

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Non capiamo (e chiediamo lumi): Italia e Lombardia?



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domenica 26 dicembre 2021

Tutto (o quasi) su Santo Stefano

 



Oggi è Santo Stefano, vediamo chi era e perché si festeggia.

QUI


 


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sabato 25 dicembre 2021

Strenna di Natale


 Nella ricorrenza del Natale riproponiamo un vecchio intervento sull' 'origine etimologica' della strenna.

 Oggi  è Natale, e per la ricorrenza desideriamo porgere i nostri migliori auguri ai gentili lettori che ci seguono nelle nostre modeste noterelle linguistico-grammaticali. Quale migliore occasione, quindi, per una strenna ai nostri amici se non quella di parlare, appunto, della… strenna?

La strenna, dunque, come tutti sappiamo è un regalo, un dono che si offre a parenti e amici in segno di fratellanza, e perché no?, di convivenza civile. E a proposito di dono, ci piace riportare una massima di Pierre Corneille: «C’è chi regala a piene mani, e nessuno gli è grato; / il modo di donare vale più del donato». Ma torniamo alla strenna.

In questioni di lingua, molto spesso, per conoscere il significato intrinseco delle parole occorre rifarsi alla lingua dei nostri padri: il latino. La strenna, infatti, è il latino strena (con una sola n, si badi bene). Questa strena è una dea romana di origine sabina il cui nome deriva dall’aggettivo latino strenus (beneaugurante). A questa divinità i Romani avevano eretto un bellissimo tempio sulla via sacra, circondato da un piccolo bosco ricco di ulivi, di alloro e di altre piante.

In particolari giorni di festa, soprattutto alle calende di gennaio (Capodanno), i nostri antenati Latini erano soliti recarsi in quel tempio per cogliere da quelle sacre piante un ramoscello da inviare come dono augurale all’imperatore e alle famiglie di alto rango.

Dal nome della dea Strena i Romani chiamarono così questo tipo di regalo che all’inizio era fatto, appunto, di materia vegetale ma con il trascorrere del tempo si trasformò in materiale più consistente, come medaglie di rame, d’argento, d’oro e di altri materiali pregiati.

Non c’era cittadino dell’Urbe, allora, che a Capodanno non corresse dall’imperatore per porgergli i propri voti augurali, accompagnando il saluto con una strena, un dono, appunto. Questa usanza si è tramandata – come vediamo – fino ai nostri giorni e dal latino strena – attraverso il solito processo linguistico – è stato fatto l’italiano strenna.

Un’ultima curiosità. Con il termine strenna si intende anche una raccolta di poesie, di prose e di altre pubblicazioni edite e messe in vendita durante le festività natalizie per farne, appunto, una… strenna.
Trattando della strenna non si può fare a meno di spendere due parole su un termine affine, non sinonimo (per carità!), vale a dire l’omaggio. In questo periodo l’omaggio, infatti, è particolarmente di moda, soprattutto presso i commercianti che, per farsi pubblicità, sogliono omaggiare i propri clienti. Cos’è, dunque, questo omaggio?
Il termine, intanto, non è schiettamente italiano ma francese: hommage, derivato da homme, a sua volta tratto dal… latino homo. Nel Medio Evo venne chiamato omaggio l’atto con il quale il vassallo o il feudatario poneva le proprie mani distese e giunte fra la destra e la sinistra del suo signore, e davanti a lui, a capo scoperto, si dichiarava «uomo (homme) di suo tenimento», cioè servo a lui fedele e obbligandosi, soprattutto, al servizio militare.

Per estensione il vocabolo ha acquisito, in seguito, l’accezione di rispetto, di onore, di stima e coloro che intendono manifestare questa stima, questo onore, offrono, per l’appunto, un omaggio, cioè un dono.
Per i vocabolari, infatti, l’omaggio è ciò che viene offerto gratuitamente, in dono, per motivi specialmente pubblicitari. Ma attenzione amici nell’omaggiare, cioè nell’ossequiare, perché come fa notare Abate Galiani nelle Lettere, «nel fare una profonda riverenza a qualcuno, si volta sempre le spalle a qualche altro».
Vediamo, anche, ciò che dice Ottorino Pianigiani (ricordando che non gode di "stima linguistica").

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Anche a Natale non può mancare la...

Lingua "biforcuta" della stampa

Incidenti stradali

Nel viterbese una ragazza morta e un codice rosso

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Correttamente: Viterbese, con la V maiuscola trattandosi di un'area geografica.


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Cronaca | L'APPELLO

Padre Fedele, un altro Natale a Cosenza senza celebrare: “Penso agli ultimi, diffidate dai falsi poveri”

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Correttamente: diffidate dei (non dai). Si diffida di qualcuno (o di qualcosa), non da qualcuno. Diffidare (Treccani).



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mercoledì 22 dicembre 2021

Giocare alla morra al buio


 Chissà quanti amici blogghisti che seguono le nostre modeste noterelle hanno messo e mettono tuttora in pratica questo modo di dire - di uso schiettamente popolare - che in senso figurato significa “fidarsi ciecamente di una persona”. La morra - come si sa - è un gioco prettamente popolare in cui due giocatori mostrano ciascuno le dita di una mano scommettendo sul loro numero totale. Le dita, quindi, vanno contate e ciò non è possibile farlo al buio; per giocare al buio occorre una fiducia illimitata nei confronti dell’avversario. Di qui, per l’appunto, il significato figurato dell’espressione. Per la cronaca: la locuzione è adoperata e spiegata già da Cicerone nel suo “De officis” (3, 19, 77).

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Crescere o avanzare?

 Questo verbo è pari pari il latino "crescere" e ha due significati principali: "diventare piú grande" e "allevare", "educare" (un fanciullo). Giovanni è cresciuto, vale a dire "è diventato piú grande"; Mario è stato cresciuto (allevato, educato) con sani principii. In alcune parti d'Italia, nelle regioni settentrionali soprattutto, il verbo in oggetto viene adoperato con il significato di "essere di piú", "avanzare", "essere di troppo" e simili. È un uso, questo ─  a nostro modo di vedere ─ improprio (per non dire "errato") in quanto tradisce il "valore intrinseco" del verbo. Chi ama il bello scrivere non segua questi esempi "devianti".

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La lingua "biforcuta" della stampa

L’eroe in divisa da allenatore: salva la vita al 14 enne della squadra avversaria

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Correttamente: divisa di allenatore e 14enne. Si tratta di un normalissimo complemento di specificazione. Si veda il Treccani  al punto 2. a. Il suffisso "-enne" si attacca alla parola.

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LO SPECIALE

Belgorod, il sottomarino russo a propulsione nucleare più grande del mondo

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Ci può essere un sottomarino "piú grande del mondo"?



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martedì 21 dicembre 2021

L'uso corretto di due avverbi: affatto e abbastanza


 Cominciamo con l’esaminare il secondo, abbastanza, (http://www.dizionario.org/d/index.php?pageurl=abbastanza&searchfor=abbastanza&searching=true ) il cui significato proprio è “a sufficienza”, “bastantemente”, “quanto basta”: ho mangiato abbastanza, cioè a sufficienza. Oggi è invalso l’uso, distorto, di... usarlo davanti a un aggettivo con l’accezione di “parecchio”, “alquanto”, “piuttosto”, “molto” e simili: quel libro è abbastanza vecchio (vecchio “quanto basta”, “a sufficienza”?). Diremo, correttamente, quel libro è piuttosto vecchio. 

Il primo avverbio, affatto, (http://www.dizionario.org/d/index.php?pageurl=affatto&searchfor=affatto&searching=true) sta per “interamente”, “del tutto”, “totalmente” e simili: “(...) la popolazione era giunta, non satolla né affamata, ma, certo, affatto (del tutto, ndr) sprovveduta, alla messe del 1628 (...). (Manzoni). È errore, come molti fanno, adoperarlo, da solo, con significato negativo: è affatto bello (volendo dire: non è bello per niente). Perché affatto abbia valore negativo deve necessariamente essere preceduto dalla negazione “non”. Se, insomma, domandiamo a un amico se il film che ha visto gli è piaciuto e questi risponde “affatto” (volendo dire che non gli è piaciuto) dice che il film gli è piaciuto “interamente”, in tutto e per tutto.

Siamo rimasti sbalorditi nel constatare che - al contrario del  “Treccani” - il DISC e il Gabrielli, entrambi in rete, ammettano l’uso di affatto, assoluto, con valore negativo.

 

DISC: affatto [af-fàt-to] avv.

1 Del tutto, assolutamente: abbiamo idee a. diverse

 2 In frasi negative rafforza la negazione: non mi piace a.

 3 Per ellissi della negazione, ha acquistato di per sé anche il sign. di “no”, “per niente”, spec. nelle risposte: “Sei stanco?” “Affatto!”

 • sec. XIII

 Gabrielli:  Affatto


PS: Dimenticavamo: il Gabrielli in rete è stato... "ritoccato", perché l'Autore, nel suo "Dizionario Linguistico Moderno", condanna l'uso di 'affatto', assoluto, con valore negativo.


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La lingua "biforcuta" della stampa

AZIENDE

I primi due salvagenti  Cdp per imprese in crisi vanno a Psc e Pizzarotti

………………

Guardate cosa dicono il Treccani e il DOP circa il plurale di salvagente e "giudicate" voi, amici, se il titolo è corretto.

Salvagente   (Treccani)

DOP (Dizionario di Ortografia e di Pronunzia): 




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lunedì 20 dicembre 2021

Un "abuso linguistico" (declinare)

 


Probabilmente non tutti saranno d’accordo su quanto stiamo per scrivere (ogni giudizio, ovviamente, è soggettivo). Nel nostro lessico c’è un verbo che  “sa” troppo di burocrazia e andrebbe,  a nostro modo di vedere, sostituito con altri piú  “consoni”. Il verbo incriminato è  “declinare”. Non dimentichiamo che l’accezione primaria del suddetto verbo è  “volgere, tendere gradatamente al basso” derivando dal latino “chinare” (inclinare): la montagna ‘declina’ verso la pianura. Adoperarlo nel senso di  “rendere noto” o di “respingere” ci sembra, per l’appunto, un  “abuso linguistico”. Spesso, anzi sempre, si sente dire o si legge “declinò le generalità” (le rese note); la direzione “declina ogni responsabilità”; Mario “ha declinato l’invito”. Non è meglio dire “respinge” ogni responsabilità; “dette” (o riferí) le generalità e “ha rifiutato, non ha accettato” l’invito? Declinare, insomma, è un verbo che, a nostro avviso, meno si usa nelle accezioni “incriminate” meglio è per il  “bene” della lingua di Dante.

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La parola proposta da questo portale: baculometria. Sostantivo femminile di formazione ibrida essendo composto con la voce latina "baculus" (bastone) e con quella greca "metreo" (misurare). È la scienza che tratta delle misurazioni delle altezze (accessibili e inaccessibili) tramite bastoni.


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domenica 19 dicembre 2021

Il filo "beante" e il verbo ripetere


 Vogliamo parlare dell’uso ─ a nostro modo di vedere ─ improprio, se non errato, che molti fanno di beante. In buona lingua italiana questo termine è  il participio presente del verbo beare , vale a dire rendere beato, felice.

Molti lo adoperano, invece, nell’accezione di aperto se non, addirittura, nel significato di sospeso : un filo elettrico beante. Si tratta di un francesismo, per altro ridicolo, tratto da béant derivato dall’antico verbo béeressere aperto.
In quest’ultimo significato è tollerato, in lingua italiana ─ secondo chi scrive ─ solo nel linguaggio medico: una ferita beante (aperta). Alcuni vocabolari, però...

Per quanto attiene a "ripetere" è interessante notare ciò che dice il linguista Luciano Satta circa l’uso corretto del verbo:

«Si legge spesso: “Il fatto ‘si è ripetuto’ per la seconda volta”. Bisogna pensarci bene: un fatto che ‘si ripete per la seconda volta’ è un fatto che accade per la terza volta. Se non è cosí, meglio usare verbi come ‘accadere’, ‘avvenire’ eccetera”».

Chi ha il coraggio di contraddirlo?










La recensione del prof. Salvatore Claudio Sgroi, docente emerito di linguistica generale presso l'università di Catania.



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sabato 18 dicembre 2021

Rilevare e rivelare


 
Si presti attenzione ai due verbi del titolo. Molto spesso si confondono (inducendo in errore anche le persone colte) perché, per “assonanza”, sembrano sinonimi (ma non lo sono, appunto). I predetti verbi, dunque, hanno significati diversi. “Rilevare” si usa, generalmente, nel senso di “osservare”, “notare”, “vedere” e simili: un incendio è stato “rilevato” (cioè ‘visto’); “rivelare”, invece, si adopera, in linea di massima, nell’accezione di “mostrare”, “(far)conoscere”, “apparire” e simili: Gesú si è “rivelato” (mostrato) al popolo. Se si clicca sui verbi in calce si potranno vedere tutti i significati secondo il vocabolario in rete di Aldo Gabrielli.

Rilevare

Rivelare

 

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La parola proposta da questo portale, ripresa dal vocabolario Olivetti in rete: anacenosi.



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venerdì 17 dicembre 2021

Condensare = sintetizzare e simili?


 Il  verbo “condensare” è pari pari il latino ‘condensare’, derivato di ‘densus’ (denso) e in buona lingua italiana ha un solo significato, “far denso”, “rendere denso”: condensare il latte. I vocabolari lo attestano anche con uso figurato con il significato di “compendiare”, “riassumere”, “sintetizzare” e simili: condensare la trama di un racconto. In questa accezione è modellato sull’inglese “to condense”. Chi ama il bel parlare e il bello scrivere aborrisca dall’uso del verbo in questione secondo... l'uso inglese. Dal Pianigiani (anche se, come specificato altre volte, non gode della "stima linguistica" di numerosi glottologi):





 

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La parola proposta da questo portale: alogista. Si dice di una persona priva di raziocinio, che non ragiona. È un termine aulico essendo composto con le voci greche "alfa privativo" e "logos", ragione.



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giovedì 16 dicembre 2021

Ah, se fossi figlia unica...


 Riproponiamo un vecchio intervento sull'uso corretto di alcune preposizioni perché le cosí dette grandi firme (ma non solo) della carta stampata e no continuano ...

Caro Direttore, approfitto della sua cortese disponibilità per una lettera aperta a tutti gli amatori del bello scrivere. Mi permetta, intanto, di presentarmi: sono la quarta di nove fratelli, il mio nome è In, il cognome Preposizione. Per gli appassionati di etimologia posso dire di discendere da un nobile casato: il latino.


Preposizione viene, infatti, dal latino praepositio e significa l’anteporre; la preposizione è, quindi, quella parte invariabile del discorso che si antepone (si mette prima) al nome o al pronome per indicare una relazione di dipendenza fra due termini di una medesima frase. Come ho detto ho otto fratelli; molte volte, però, mi piacerebbe essere figlia unica, questo mi risparmierebbe violente liti con alcuni fratelli, soprattutto con i permalosissimi Di e Da.


Alcuni scrittori, infatti, non so se per ignoranza o per snobismo linguistico mi usano in vece di mio fratello DI; ciò – come potete immaginare – suscita la gelosia (e le ire) di mio fratello che si vede detronizzato del posto che legittimamente gli spetta. Ho pensato, per tanto, caro Direttore, di rinfrescare la memoria agli amici scrittori (per carità, non me ne vogliate) e a quanti li seguono ciecamente, elencando i casi in cui si deve necessariamente ricorrere all’aiuto di mio fratello Di. Così facendo saranno più apprezzati e mi eviteranno le continue liti familiari. Vediamo, dunque.


Si usa la preposizione Di per introdurre il complemento di materia: abito di raso; letto di ferro; maniglia di ottone; rivestimento di pelle. Si deve ricorrere, invece, al mio aiuto (cioè a In) quando si vuole mettere in evidenza la materia sulla quale o con la quale si opera: scultore in marmo (lavora sul marmo); pittura in tela e simili.
È necessario, altresì, adoperare Di con i complementi di specificazione, ovviamente: studente di medicina (non in medicina); venditore di stoffe. Si dirà, però, laureato in giurisprudenza. Ancora. Specialista di, non in. Lo specialista, infatti, è una persona che si è specificatamente dedicata a un ramo di una disciplina o di un’arte: specialista di arte antica; specialista di malattie tropicali; specialista di cardiologia.


E che dire del biglietto da visita (anche se oggi è forma cristallizzata)? La preposizione Da, sarà bene rammentarlo, è adoperata correttamente quando indica l’idoneità, l’attitudine, la destinazione: sala da ballo; pianta da frutto; cavallo da corsa. È usata erroneamente, al posto della titolare Di, quando si parla di una qualità specifica della cosa, e non di una destinazione occasionale. Si dirà, quindi, biglietto di visita; festa di ballo, notte di favola.


Potrei continuare, ma mi fermo qui per non annoiare ancora. Sicura di poter contare sulla comprensione di chi avrà la bontà di leggermi, ringrazio il Direttore della sua cortese ospitalità e porgo a tutti un cordiale saluto.
La vostra preposizione IN


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La parola proposta da questo portale: alogía. Sostantivo femminile del linguaggio filosofico con il quale si indica l' "incapacità di ragionare", quindi stoltezza e simili. È composto con le voci greche "alfa privativo" e "logos", discorso, ragionamento. 


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La lingua "biforcuta" della stampa

COVID NEL MONDO

Gran Bretagna, record di contagi: 78,610 nelle ultime 24 ore. In Grecia tampone per chi entra nello stato. In Israele Green Pass anche per i centri commerciali

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Correttamente: Stato (S 'maiuscolata').


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UN FERITO

Roma, incendio alla caserma dei carabinieri D’Acquisto a Tor di Quinto

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Correttamente: alla caserma "D'Acquisto" dei carabinieri.

 

(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)

 



martedì 14 dicembre 2021

Ciascuno e ognuno

 


Pregiatissimo Direttore,

 siamo due cugini che appartengono a una delle nove parti del discorso, ci rivolgiamo a lei in quanto si è sempre mostrato sensibile ai problemi della lingua; per questo la preghiamo di voler pubblicare questa lettera aperta agli amanti del bel parlare e del bello scrivere affinché ci usino in modo corretto.
Siamo Ciascuno e Ognuno, siamo cugini, abbiamo lo stesso sangue per parte di un nostro antenato (il latino) ma non per questo possiamo essere adoperati indifferentemente. Per questo motivo, appunto, abbiamo deciso di rivolgerci a lei per spiegare, con questa lettera aperta e una volta per tutte, le nostre ragioni. A ciascuno il suo, dunque.


Cominciamo con Ciascuno. Questo può essere tanto aggettivo quanto pronome indefinito e viene dal latino volgare 'quisque' e 'unus', non ha plurale, ovviamente, e indica una totalità di persone o cose riferendosi, però, a uno a uno ai singoli elementi che la compongono (la totalità) ed equivale, insomma, a ogni.


Quando è in funzione di aggettivo deve sempre precedere il nome: ciascun libro; ciascuna penna; ciascun uomo. Come si evince dagli esempi, nella forma maschile si può troncare ma mai apostrofare; l'onore dell'apostrofo spetta solo al femminile: ciascun'amica. Quando assume la funzione di pronome significa tutti o uno per uno con valore distributivo o partitivo: impartì gli ordini a ciascuno; Piero ha litigato con ciascuno di loro.


Da notare, in proposito, che quando Ciascuno pronome è usato con valore distributivo non necessariamente deve essere preceduto dalla preposizione per: regalai centomila euro a ciascuno o per ciascuno. La scelta di accompagnare il pronome con la preposizione per dipende esclusivamente dal gusto stilistico dello scrivente o del parlante. Da evitare, tassativamente, la forma familiare o dialettale Ciascheduno, anche se non mancano esempi (negativi) di alcune cosiddette grandi penne.


E veniamo a Ognuno. Cominciamo con il mettere bene in evidenza la diversità, fondamentale, con CiascunoOgnuno , a differenza del cugino Ciascuno, è solo pronome e riferibile a persone (non a cose. Alcuni linguisti e alcuni vocabolari consentono la possibilità di riferirlo anche a cose ma è un uso, a nostro modo di vedere, se non errato, improprio).
Sotto il profilo etimologico, infatti, Ognuno viene da ogni e uno (pronome indefinito riferito a persona non altrimenti determinata) e significa ciascuna persona, tutti. Ognuno, per tanto, può sostituire una persona, non una cosa.


Come Ciascuno non ha il plurale e come quest'ultimo indica la totalità indefinita (per questo motivo molti lo confondono con Ciascuno e lo fanno anche aggettivo) però, a differenza di Ciascuno, distingue maggiormente ogni unità che fa parte dell'insieme perché ha un valore più marcatamente distributivo: lo fa ognuno, vale a dire lo fanno tutti (il fare è distribuito fra tutti); ognuno ha i suoi problemi, cioè i problemi sono distribuiti fra tutti.


Con la speranza di aver fatto un po' di chiarezza, ringraziamo il Direttore per la sua squisita ospitalità e a voi, gentili amici lettori, auguriamo un mondo di bene.
I vostri affezionatissimi amici

Ciascuno e Ognuno


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La lingua "biforcuta" della stampa

Maxi-sequestro di merce contraffatta: spuntano i sex toys pericolosi

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A prescindere dai barbarismi, correttamente: maxisequestro. Treccani: maxi-. – Primo elemento di parole composte formate modernamente, tratto dal lat. maxĭmus «massimo» per tramite dell’inglese e in contrapp. a mini-, usato per indicare dimensioni o lunghezze superiori al normale; originariamente adoperato nel linguaggio della moda (per es., maxigonnamaxicappotto) e anche nel linguaggio sport. (per es., maximoto), è molto frequente in ambito giornalistico e nell’uso com. in luogo di perifrasi di analogo sign.: maxitruffamaxitamponamentomaxirissa.

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