sabato 30 aprile 2022

Il suo, il proprio e l'altrui


 Riproponiamo un vecchio intervento sull'uso corretto dell'aggettivo proprio unito a un altro possessivo perché l'insegnante di lettere del figliolo di un nostro amico ha censurato tale uso.

Alcuni insegnanti, non sappiamo in base a quali “leggi linguistiche”, condannano l’uso dell’aggettivo proprio unito a un altro aggettivo possessivo. E dove sta scritto? Si può benissimo dire mio proprio, suo proprio ecc. con valore intensivo. Sottacciono, invece, la “legge” secondo la quale è preferibile adoperare l’aggettivo proprio in luogo degli altri possessivi (mio, tuo ecc.) per non creare ambiguità; in questo caso con proprio si indica il “possesso” del soggetto stesso. Un esempio chiarirà meglio il concetto: Giovanni fece riparare la sua automobile (nel contesto di un discorso si potrebbe pensare anche all’automobile di un’altra persona). Se, invece, diciamo: Giovanni fece riparare la propria automobile evitiamo possibili equivoci in quanto è chiaro che si tratta dell’auto di Giovanni, cioè del soggetto.

L’uso di proprio, inoltre, è obbligatorio nelle costruzioni impersonali: è necessario difendere le proprie idee; è bene conoscere le proprie responsabilità; è preferibile, altresí, quando il soggetto è indefinito: tutti possono esprimere il proprio pensiero; ciascuno è artefice del proprio destino.

E, visto che siamo in argomento, due parole due su altrui che può essere tanto aggettivo possessivo quanto pronome. Quando è in funzione aggettivale si riferisce esclusivamente alla terza persona plurale; equivale, insomma, alle espressioni “degli altri”, “di altri”: bisogna rispettare la roba altrui (cioè “degli altri”); quando, al contrario, è pronome si adopera solamente nel maschile singolare con l’accezione di “patrimonio degli altri”: non desiderare l’ altrui, vale a dire il “patrimonio degli altri”.

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La lingua "biforcuta" della stampa

Meloni a Milano "scortata" da Chiara Valcepina, l'avvocatessa dell'inchiesta sulla "lobby nera"

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Ancora AVVOCATESSA!!



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)

 

giovedì 28 aprile 2022

Sull'uso (corretto) di "mezzo"


 D
ue parole sull’uso corretto di “mezzo” perché la stampa, nonostante le nostre modeste “prediche” continua, imperterrita, ad adoperare il vocabolo in oggetto in modo errato; lo considera sempre aggettivo e lo concorda con il sostantivo cui si riferisce: due ore e mezza. No, amici: due ore e mezzo. Questa la sola forma corretta (nonostante ci siano i soliti bastian contrari fra i vocabolaristi e i linguisti). 

Perché “due ore e mezzo” è l’unica forma corretta? Perché in questo caso “mezzo” non è aggettivo, ma sostantivo neutro e sta per “una metà” (di un’ora). Si dirà correttamente, quindi, due ore e mezzo, vale a dire due ore e “una metà” di un’ora. Quando mezzo è sostantivo, insomma, e, come detto, sta per una metà ed è posposto al sostantivo al quale è unito tramite la congiunzione “e” deve rimanere invariato: due etti e mezzo; cinque chili e mezzo; due settimane e mezzo; tre ore e mezzo. Attenzione, però, amici lettori, a non confondere “mezzo” con “metà”, ché sono due cose distinte, come giustamente fa osservare Leo Pestelli nel suo preziosissimo libro.

«Metà è una delle parti uguali di checchessia, le quali, unite insieme, compongono un tutto; Mezzo, quel punto che è ugualmente lontano dagli estremi, il lettore ci perdoni il ricordo pedantesco; ma importava rinfrescare che Metà non è Mezzo. “Abbiamo fatto una metà del cammino”, è dunque ben detto; non cosí, come purtroppo si dice: “Siamo a metà del cammino”, perché essendo nel punto che segna le due metà della strada, siamo, come insegna Dante nel primo verso della Commedia, “Nel mezzo del cammino” o “A mezzo il cammino”. Cosí, rettamente: “Vi attendo a mezzo febbraio”, e non “alla metà di febbraio”».

 Pedanteria? Giudicate voi.

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Abbruttire e abbrutire - si presti attenzione a questi verbi: non sono sinonimi l'uno dell'atro, come taluni credono. Il primo, con due "t", significa "diventare brutto", "rendere brutto"; il secondo vale "ridurre allo stato di bruto". Ambedue, nel corso della coniugazione, prendono l’infisso -isc- in alcuni tempi e modi.

 

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La lingua "biforcuta" della stampa

Dopo le denunce degli abusi di massa compiute da soldati russi, le associazioni umanitarie cercano di fornire dai Paesi europei migliaia di farmaci

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Sono compiute le denunce, non gli abusi? Dalla stampa non si finisce mai d'imparare.

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AZOVSTAL

L'appello del battaglione Azov: "Accordo per evacuare civili e militari, ma finché siamo qui Mariupol non è russa"

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Nonostante il beneplacito di lessicografi e linguisti circa l'evacuazione, l'afrore giunto fino a noi ci ha fatto perdere i sensi.

 



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mercoledì 27 aprile 2022

"Identikit"? No, prosopografia


 Siamo sempre stati (e sempre lo saremo) contro l'uso di parole straniere  — che inquinano il nostro idioma gentil sonante e puro, per dirla con l'Alfieri — quando ci sono i corrispondenti vocaboli italiani.

Ci domandiamo, infatti, per quale motivo si continui ad adoperare il termine barbaro identikit quando in italiano abbiamo un vocabolo (dai tempi dei tempi) che fa alla bisogna: prosopografia (descrizione delle fattezze di un individuo).
È composto con le voci greche prósopon (viso) e  gràphein (scrivere).

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La parola proposta da questo portale: bibliòtafo. Non è attestata nei comuni vocabolari.  Indica colui che tiene i suoi libri gelosamente nascosti. Si può leggere qui, comunque.

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Consolarsi con l'aglietto...

... vale a dire consolarsi per qualche cosa non andata in porto pensando che sarebbe potuta andare peggio. L'espressione, di origine regionale laziale, va ricercata in ambito rurale: se la stagione, per cause naturali (una gelata o una grandinata, per esempio), non era stata felice e il raccolto era andato perduto, il contadino poteva considerarsi fortunato se era riuscito a salvare l’aglio.

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La lingua "biforcuta" della stampa

IL REPORTAGE

Nel palazzo del governatorato di Mykolaiv distrutto dai russi, in una città senza più acqua e elettricità

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Correttamente: senza piú acqua elettricità. Treccani: Quando si escludono due cose, la congiunzione correlativa a senza è , più raram. o: lo tennero in cella tre giorni, s. mangiare né bere; è uno strozzino, s. pietà né riguardo per nessuno (meno spesso, s. pietà o riguardo).

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LA VICENDA

Texas, sospesa la condanna a morte di Melissa Lucio accusata per omicidio della figlia di due anni

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Secondo la lingua di Dante: accusata di omicidio (ma sarebbe meglio: infanticidio).




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lunedì 25 aprile 2022

Sgroi - 128 - Ancora su "incube" vs "incubo" vs "succube". E l'etimologia

 


di Salvatore Claudio Sgroi

 

1. Non dire mai "non esiste"

Come indicato nel nostro precedente intervento n. 127 Uso e logicismo etimologico "succube" vs "succubo", Maurizio Assalto nel suo pezzo su «Il mistero lessicale per cui diciamo succube invece di succubo» ha adottato sul piano normativo come criterio di correttezza quello (neo)puristico dell'etimo latino. E ha giudicato "priva di formulazione logica" la variante succube, per lui addirittura "lessem[a] storpiat[o], pretendendo che "per coerenza" il parlante "dovrebbe dire incube e non incubo (dal latino incubus)".

        2. Incube lessicograficamente di "basso uso"

In realtà, una scorsa al Devoto-Oli et alii (2017) o al De Mauro (2000) o al GRADIT (20072) o allo Zingarelli (2021), o al Garzanti (2020), o al Duro-Treccani (1987) o al De Mauro-Mancini (2000), o al Battaglia (1972, vol. VII) o ancora al Panzini-Migliorini (1963) avrebbe consentito di accertare che il lessema incube è ben documentato in italiano.

Devoto-Oli et alii (2017) riporta infatti oltre incubo anche incube "agg., s.m. e f. Non com. Persona capace di esplicare un'intensa e assidua azione suggestiva su una o più altre", con etimo sincronico: "Da incubo, sul modello di succube" e una problematica datazione: 1895, non documentata che stride invero con la datazione di succube 1923, che sarebbe così successiva.

De Mauro (2000) lemmatizza oltre incubo anche: " ìn·cu·be agg., s.m. e f. B[asso]U[so] che, chi esercita su qcn. un forte potere di suggestione", con etimo sincronico "da incubo con sovrapp. di succube", datazione 1895.

Anche Zingarelli (2021) accanto a incubo registra incube: "agg. e s.m. e f. (raro) che (o chi) esercita su altri un forte potere di suggestione. Contr. succube", con etimo sincronico "[da incubo, sul modello di succubo-succube" e la datazione 1963, ripresa dal Battaglia (1972) che rinvia a B. Migliorini 1963, Parole nuove, presente anche come "Appendice di dodicimila parole" al Dizionario moderno di A. Panzini (Hoepli 196310).

 Garzanti (2020) a sua volta riporta incube "agg. e s.m. e f. (pl. -i) (non com.) si dice di persona che esercita su un'altra un forte potere di suggestione", con etimo sincronico "Rifacimento di incubo, secondo succube".

In De Mauro-Mancini (2000) ancora ìncube "agg., s.m. e f." con etimo sincronico "Da incubo con sovrapp. di succube, var. di succubo" e datazione 1895.

Il Vocabolario della lingua italiana di A. Duro (1987), (Treccani vol. II, anche on line) riporta incube "agg. e s.m.", "non com.", "Di persona che esercita una energica azione suggestiva su un'altra (contrapposto a succubo o succube)", con etimo sincronico: "rifacimento di incubo, secondo succube".

S. Battaglia (1972) (vol. VII) Grande dizionario [storico] della lingua italiana a sua volta lemmatizza Ìncube "sm. Chi esercita su altri una forte suggestione (contrario di succube)", con etimo sincronico "Variaz. di incubo (in analogia con succube", documentato con la voce neopuristica di B. Migliorini 1963: "'Incube'. È stato adoperato come reciproco di 'succube', cioè nel senso di chi influisce preponderatamente sugli atti di un'altra persona. Meglio 'incubo' e 'succubo'".

 

3. Vitalità letteraria e scientifica di incube

Quanto alla vitalità degli usi reali di incube, nella pagina letteraria del domenicale del "Sole 24 ore", 25 anni di idee (1983- 2009), si riscontra un solo es. di Roberto Morini del 25.X.1987:

 "Prendiamo, per esempio, Emilio Vago, il vampiro del nostro secolo. Più' Zelig che Nosferatu  per restare nell' ambito del grande schermo. Vago è la comparsa dai mille film ogni anno, il grande trasformista che sa leggere nella mente del regista i suoi desiderata, che sa essere tutti e tutto, che sa anche non essere, ma che anche quando non è resta una presenza da incubo e da incube, di cui è possibile liberarsi solo... ma questa è la fine del racconto, ciò che scioglie la matassa, la trama, e ci permette di liberare le nostre notti da presenze ingombranti".

 Nessun es. invece nel Primo tesoro della lingua letteraria italiana del Novecento, costituito dai romanzi Strega pubblicati nel sessantennio 1947-2006 (a c. di T. De Mauro 2007).

Ma una scorsa a "Google ricerca avanzata libri", consente di accertare una certa vitalità, per limitarci al solo 2021-2022, di incube agg. e sost., in ambiti sia scientifici che letterari:

 A) Ambito scientifico:

(i) AA. VV., ‎Marco Pingitore 2021: "Il genitore incube possiede il controllo totale sulla vita del figlio. La limitazione della libertà personale e l'assenza di privacy sono fattori che contribuiscono ad esercitare il controllo nei suoi confronti (Nodi e snodi nell'alienazione parentale, FrancoAngeli).

(ii) Antonio Semerari 2022: "Anche per Sighele questo rapporto è essenzialmente un rapporto di potere dove vi sono un incube ed un succube. È l'incube che progetta l'azione criminosa, ne instilla l'idea nel succube, il quale in un primo momento sembra ribellarsi (La relazione terapeutica. Storia, teoria e problemi, Laterza).

(iii) AA. VV., ‎Marco Pingitore, ‎Alessia Mirabelli 2021: "Essa rappresenta l'impossibilità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra genitore e figlio principalmente a causa dei comportamenti devianti dell'altro genitore incube" (Voglio separarmi da te, non da nostro figlio, FrancoAngeli).

 (iv) Leonardo Abazia 2021: "8) la collusione psicopatologica della coppia succube/incube per difficoltà della vittima di discostarsi dal suo molestatore" (La perizia psicologica in ambito civile e penale, FrancoAngeli, vol. II).

(v) Lorenzo Benadusi 2021: " “L'incube che pretende la pederastia” doveva essere invece punito, come avveniva d'altronde per il corruttore di minorenne. Questa integrazione tra procedimento medico e giudiziario poteva realizzarsi solo ripristinando l'articolo 425 del codice sardo" (Il nemico dell'uomo nuovo. L'omosessualità nell'esperimento totalitario fascista, Feltrinelli).


B) Ambito letterario:


 (vi) Gregory Maguire 2022: "«Una personificazione, un incube o un succube. Il male è altro, non siamo noi.» «Nemmeno io?» chiese la Strega, recitando la parte più vigorosamente di quanto prevedesse. «Un'omicida confessa?» «Oh, dateci un taglio» continuò l'artista" (Wicked, Mondadori).

(vii) Mariapia Comand, ‎Andrea Mariani 2021: "Su questo impianto manicheo – donna / povera / succube, uomo / ricco / incube – Notari innesta un elemento che scardina le tradizionali polarità patriarcali di genere e potere. Giuliana Bruno fa notare al proposito un passaggio significativo" (Effemeridi del film. Episodi di storia materiale del cinema italiano, Metelmi).

 (viii) Franco Dei·2021: "Dovevo valutare [...] le attenuanti che potevano competere alla donna, stante la sua giovane età, il rapporto di succubanza della medesima rispetto a quello di incube dell'amante, oltre ogni altro possibile risvolto di fatto e psicologico della vicenda" (Se vi cade una tegola in testa ringraziate la Divina Provvidenza..., Gruppo Albatros il filo).

 

4. Datazione di incube 1963, 1895, 1891 ecc.

Come su indicato, il lessema incube è retrodatato dal 1963 al 1895 in De Mauro, De Mauro-Mancini e nel Devoto-Oli et alii, pur senza indicazione della fonte, e invero almeno una trentina sono le attestazioni degli anni '90 dell'800, reperibili grazie a Google libri. Possiamo così ulteriormente retrodatare il 1895 con vari ess., tra cui

 Sighele (Scipio) 1891: "V'è la coppia criminale (Corre): – il delinquente-nato, che suggestiona e corrompe il delinquente d'occasione, facendoselo schiavo (incube e succube)" (La folla delinquente, Bocca p. 31 = Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale, p. 39).

1892: "In ogni coppia si trovano sempre distinti i due tipi dell'incube e del succube; e sono sempre analoghe le relazioni psicologiche fra loro (Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale in relazione con l'antropologia e le scienze giuridiche e sociali, p. 764).

1892: "S'intende parlo qui solamente del caso in cui l'incube ed il succube si differenziano con più nettezza" (Rassegna di scienze sociali e politiche, p. 306).

Cesare Lombroso 1893: "La sintesi di questa minuziosa analisi è contenuta nel capitolo, ove riassumendo tutte le osservazioni fatte, si stabiliscono le note psicologiche caratteristiche tanto del tipo del succube come di quello dell'incube, confrontandole con quelle esposte da Enrico Ferri nella sua Psicopatologia dell'omicidio" (Le più recenti scoperte ed applicazioni della psichiatria ed antropologia criminale, Bocca, p. 249).

1893: "In tutte tre le forme si trovano distinti i due tipi l'incube (il dominante, il forte, il signore) ed il succube (il dominato, il debole, l'asservito) e sempre analoghe le relazioni psicologiche del primo verso il secondo e viceversa" (Il pensiero italiano. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e coltura sociale, p. 239).

 E successivamente al 1895:

1896: "A proposito di Paolo: Francesca, il N. tira fuori la teoria della suggestione, Francesca sarebbe un'adultera passionale, e nella coppia criminosa ella è l'incube, Paolo il succube" (Rassegna critica della letteratura italiana, p. 129).

Bernardino Alimena 1896: "Abbiamo un incube e un succube (1). Però, le legislazioni, tranne le accennate teorie sulla complicità, non si sono mai occupate della responsabilità dei delitti commessi a due, se si eccettui [...]" (I limiti e i modificatori dell'imputabilità per l'avvocato, Bocca, p. 175).

Alfredo Niceforo 1898: "Nella psiche di chi suggestiona vi è una maggior quantità di energia che non nella debolissima energia del succube; in una coppia delinquente, l'incube tiene in sé stesso il crimine allo stato embriologico, il succube non è che un mezzo quasi materiale [...]" (Criminali e degenerati dell'inferno dantesco, Bocca, p. 36).

Rodolfo Laschi 1899: "Come in certe società criminose studiate da Sighele, vi è, si può dire, anche qui l'incube ed il succube della speculazione: da una parte l'uomo forte, intelligente, senza senso morale, ma dalle eminenti qualità suggestive [...]" (La delinquenza bancaria nella sociologia criminale, nella storia e nel diritto, Bocca, p. 134).

1899: "più specialmente in Egidio e nella monaca di Monza, abbiamo un'esatta rappresentazione della coppia criminale, le figure dell'incube e del succube, sono ritratte con mirabile perfezione di caratteri" (p. 438); "Succube ed incube. Don Rodrigo e Conte Attilio formano la coppia di amici criminali. La Folla delinquente, ha fornito a Manzoni un argomento di profonde intuizioni psicologiche" (La scuola positiva nella giurisprudenza penale, p. 630).

Ecc.

 5. Etimo diacronico di incube 1963, 1895, 1891 (e di succube 1923, 1891)

Alla luce di queste retrodatazioni di incube dal 1923 al 1891 sembra allora più pertinente scartare l'etimo sincronico di incube ricalcato sull'it. succube, e proporre come etimo il fr. incube peraltro con analogo significato, omesso nel Trésor de la langue française (e nel Petit Robert), come dimostra la seguente citazione in Google libri:

 1893: "L'expérience a prouvé que «l'incube est un candidat à la folie morale et le succube à l'imbécilité». Le mal est progressif et marche souvent assez vite;" (Minerva medicolegale. Archivio di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, p. 45).

 La base francese con tale significato è ulteriormente dimostrata dalla sua attestazione in tutto l'800, precedente quella italiana del 1891:

 Honoré de Balzac [1799-1850] [1832]: "Ores, par mocquerie, le succube me mit au coeur de ceste saillie horrificque et perpétuelle où ie feus perdu comme ung grain de sable en la mer" (Les contes drolatiques colligez ez abbayes de Tourayne 1855 p. 398).

 1888: "La mère et la fille, l'incube et la succube, forment une association où l'étrange ne le cède qu'à l'ignominie: «Il y en avoit qui les prenoient avec elles, les entretenoient à pot et à feu, et leur donnoient ce qu'elles vouloient" (Le baiser. Etude littéraire et historique, Typogr. Berger-Levrault, p. 223).

Georges Sorel 1894: "M. Sighele a désigné, d'une manière heureuse, les deux êtres réunis dans un couple de subordination anormale: il les appelle l'incube et le succube; ces mots peignent très bien la nature des choses" (La psychologie du juge, Bocca, p. 17).

1901: "Nous venons donc de voir, quoique d'une manière très rapide et sommaire, que dans tous ces couples nous sommes toujours en présence d'un individu qui en suggestionne un autre, c'est à dire d'un incube et d'un succube" (Congrès internat. d'Anthropologie criminelle, p. 72).

 Tali citazioni dimostrano che l'it. succube (1891) non è una retroformazione a partire dal pl. it. succubi, come invece prima era possibile sostenere sulla base del lacunoso Trésor de la langue française, ma un calco sul francese succube (1832, 1888).

 Sommario

1. Non dire mai "non esiste"

2. Incube lessicograficamente di "basso uso"

3. Vitalità scientifica e letteraria di incube


4. Datazione di incube 1963, 1895, 1891, ecc.

5. Etimo diacronico di incube 1963, 1895, 1891 (e di succube 1923, 1891)










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