Nel Regno delle Parole, un luogo dove ogni termine aveva un ruolo ben preciso e rispettato, viveva Pronunciare, un verbo forte e deciso, con una voce chiara e squillante. Il suo compito era fondamentale: dare forma ai suoni, permettere alle idee di prendere vita attraverso il linguaggio. I saggi del Dizionario lo consideravano un costruttore di ponti, perché collegava il pensiero alla voce, rendendo possibile la comunicazione tra gli uomini.
Pronunciare trascorreva le sue giornate aiutando poeti, attori, insegnanti e persino i bambini che imparavano a parlare. "Senza di me," diceva con una punta di orgoglio, "i pensieri resterebbero intrappolati nella mente!"
Ma un giorno, nel regno si diffuse un uso strano e confuso: gli abitanti ricorrevano a pronunciarsi quando volevano esprimere un giudizio, decidere o prendere posizione. Questo errore si diffuse rapidamente, e prima che Pronunciare potesse rendersene conto, persino i più saggi cominciarono a inciampare nell’uso improprio del verbo.
"Giulio non si pronuncia sulla questione," sentì mormorare tra le strade del regno.
"E io che c’entro?" pensò, indignato. "Dovrebbero dire che Giulio non si esprime o che non decide, non che non si pronuncia!"
Preoccupato per l’uso improprio del verbo, che stava dilagando tra la popolazione, decise di rivolgersi ai saggi del Consiglio delle Parole Nobili, dove risiedevano i verbi più rispettati: Esprimersi, Dichiarare, Giudicare e Sentenziare. Questi verbi avevano funzioni ben precise e si aspettavano che tutti li usassero correttamente.
"Mi stanno attribuendo un significato che non mi appartiene!" protestò Pronunciare davanti ai saggi. "Io dono voce, non decido né esprimo giudizi!"
Esprimersi annuì con aria grave. "Effettivamente, il tuo ruolo è chiaro e distinto dal mio. Se qualcuno vuole dire la propria opinione, deve usare me!"
Giudicare, con il suo tono severo, aggiunse: "Dare giudizi spetta a me (e ai miei fratelli). Non possiamo lasciare che l’equilibrio delle parole venga stravolto."
Il Consiglio si riunì in gran segreto e stabilì un piano per ristabilire l’ordine. Pronunciare si mise in viaggio attraverso il regno, fermando chiunque commettesse l’errore e correggendolo con pazienza.
"Vuoi dire che non ti esprimi, non che non ti pronunci!" diceva a ogni passante confuso.
Ci vollero mesi e mesi di paziente lavoro, ma grazie alla sua determinazione e al sostegno dei suoi amici verbi, alla fine la chiarezza tornò a regnare. Le parole ripresero il loro significato autentico, e ogni verbo poté finalmente svolgere il proprio compito senza equivoci.
Da allora, gli abitanti del regno impararono a scegliere le parole con attenzione, rispettando il loro vero senso. E Pronunciare, soddisfatto di aver ristabilito l’ordine, tornò al suo ruolo di custode della voce, felice di dare suono ai pensieri senza doversi più preoccupare di giudizi e decisioni.
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La lingua “biforcuta” della stampa
Le vittime - Luca Monaldi, il lavoro da calzolaio e l'unione civile | “Il compagno Luca Gombi era felice, mostrava a tutti la fede”
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In buona lingua italiana: lavoro di calzolaio. Si tratta di un normale complemento di specificazione retto dalla preposizione “di”.

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