lunedì 31 agosto 2020

Deforme e difforme

Si presti attenzione ai due termini perché spesso si confondono. I due sintagmi, pur essendo "parenti", hanno significati distinti. Diamo la "parola" a Ottorino Pianigiani, anche se ─ come scritto altre volte ─  non gode di "fama linguistica" presso numerosi glottologi.







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Deflettere

Forse pochi sanno che il verbo in oggetto, intransitivo e della II coniugazione, che vale "deviare", "volgere", "piegare", adoperato figuratamente sta per "piegarsi", "cedere", "mutare opinione": Giovanni non ha deflettuto dai suoi propositi.

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La lingua "biforcuta" della stampa
Iris Apfel compie 99 anni. Auguri alla modella (icona di stile) più vecchia del mondo
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Ci piacerebbe che qualcuno (tra i giornalisti) ci spiegasse ─ una volta per tutte ─ come si può/possa essere "piú vecchi del mondo".

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Il museo della lingua italiana. Un interessante articolo di Nicoletta Maraschio (Crusca)

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A proposito di "cliccatore", navigando in Rete ci siamo imbattuti nel termine da noi proposto, già "pensato" da altri.



sabato 29 agosto 2020

Il suffisso "-ale"


Dal vocabolario Treccani in rete:
-ale. – Suffisso usato nella terminologia chimica per indicare la presenza, in un composto organico, di un gruppo aldeidico, come in citralegeraniale, ecc.
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Riteniamo sia il caso di ampliare la "dicitura" del lemma in oggetto perché il predetto suffisso (anche "-iale" e "-uale), dal latino "alis", serve principalmente per la formazione di aggettivi derivati da sostantivi che indicano uno stato, un'appartenenza, una condizione, una relazione: autunnale, collegiale, intellettuale ecc. Si usa anche per formare sostantivi derivati da altri sostantivi: viale, portale, grembiale. Si adopera anche, con valore "accrescitivo", in alcuni sostantivi denominali maschili: piazzale. Certi che la nostra segnalazione sarà tenuta nella dovuta considerazione dai responsabili del prestigioso vocabolario. 

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Alcune persone, anche quelle cosí dette acculturate, credono che nientedimeno e nientemeno abbiano il medesimo significato e adoperano, quindi, i due termini indifferentemente. No, hanno accezioni e usi diversi. Il primo, avverbio e congiunzione avversativa, sta per tuttavia, non per tanto. Il secondo è solo avverbio e significa nondimeno. Si possono adoperare indifferentemente solo nelle esclamazioni perché entrambi indicano, in questo caso, l'idea di meraviglia: ha scomodato, nientemeno, il direttore; sei corso subito? Nientedimeno!

venerdì 28 agosto 2020

Il "cliccatore"


Abbiamo proposto al sito Treccani di mettere a lemma, tra i neologismi, "cliccatore" per sostituire l'inglese "mouse".
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Che ne direste se tra i neologismi metteste a lemma "cliccatore" per sostituire l'inglese 'mouse'?
 Metteremmo volentieri l’ingegnoso cliccatore (dall’onoma-topeico clic, che imita un breve e secco rumore meccanico), se non fosse che non ve n’è traccia nella lingua scritta presa come riferimento dai lessicografi, quella cioè degli altri dizionari, degli articoli di giornali, della saggistica e della narrativa. Insomma, non è compito dei dizionari “proporre” neologismi, quanto piuttosto di registrare quelli che sono incipienti nell’uso.
 Ricordiamo che lingue vicine all’italiano come francese e spagnolo, storicamente più propense all’adattamento degli stranierismi, non parlano di mouse del computer (due anglicismi non adattati nella forma) ma di souris d’ordinateur e ratón de un ordenador, adoperando parole patrimoniali (souris ratón traducono di fatto mouse, cioè ‘topo’).
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Invitiamo (con un pizzico di presunzione?) la stampa e i vari comunicatori e scrittori a utilizzare il termine sopra citato affinché possa essere cristallizzato nell'uso e avere, cosí, pieno riconoscimento per essere lemmatizzato nei vari vocabolari.


giovedì 27 agosto 2020

Perché piroscafo ha l'accentazione sdrucciola al contrario di motoscafo?


Un cortese lettore, che desidera conservare l'anonimato, desidera sapere perché "piròscafo" ha l'accentazione sdrucciola mentre motoscàfo si pronuncia con l'accentazione piana. L'argomento, se non ricordiamo male, è stato trattato moltissimo tempo fa. Lo riproponiamo per accontentare il gentile lettore che ci segue con... devozione (e per questo lo ringraziamo di cuore). Diamo la "parola" ad Aldo Gabrielli, di gran lunga piú autorevole del titolare di questo portale.
«(...) La risposta è abbastanza semplice. La parola piròscafo è di origine dòtta, nata nel linguaggio scientifico all'incirca due secoli fa, composta di un prefisso piro-, derivato dal greco pyr, pyrós, fuoco, e di skáphos, pur esso greco, che significa battello: dunque, 'battello che va col fuoco', cioè col vapore generato dal fuoco. Piròscafo ha perciò seguito l'accentazione sdrucciola comune a molti termini di una famiglia di parole composte col prefisso piro-, di formazione antica o anche recente, come piròfila (la pentola 'amica' del fuoco), piròmane (il maniaco del fuoco) e altri. Diversa è invece l'origine di motoscàfo, nome che risale al primo ventennio del Novecento, ed è tutto italiano, assolutamente privo di ascendenze classiche. Esso è infatti composto di un primo elemento moto-, abbreviazione di motore, e dell'italiano scafo nel significato generico di imbarcazione; cioè 'imbarcazione a motore'. Motoscafo fa quindi parte di un'altra famiglia numerosissima e sempre proliferante di parole, tutte costruite con questo prefisso moto-, e tutte con accentazione piana: motobarca, motonave, motocarro, motociclo, motopompa eccetera. Sul modello di motoscàfo si sono anzi create altre parole ugualmente piane: come batiscàfo, composto col prefisso greco bàthos, profondità, cioè 'scafo per esplorazioni profonde', e aliscàfo, cioè 'scafo con le ali'».

Amazon.it: Giornalismo. Errori e orrori. Per non essere piantati in Nasso  dall'italiano - Picozza, Carlo, Raso, Fausto, Bucchi, M. - Libri

mercoledì 26 agosto 2020

Riflessioni sul buon uso della lingua


Sedurre significa, propriamente, "condurre a sé", quindi piegare una persona ai propri desideri. I vocabolari lo attestano anche con il significato di "avvincere", "piacere", "attrarre", "commuovere", "dilettare" e simili: quel film mi ha proprio sedotto. Un film come può sedurre una persona? Come può piegarla ai propri voleri? Gli amanti della buona lingua usino il predetto verbo, quindi, solo nel significato proprio.
Non crediamo di peccare di presunzione se affermiamo che la stragrande maggioranza (tutti?) dei nostri lettori non ha mai sentito parlare dei "verbi famulatori" in quanto l'argomento è snobbato dai sacri testi grammaticali, quelli in nostro possesso, per lo meno. Sono cosí chiamati, dunque, i verbi servili o modali (volere, dovere, potere). Famulatorio è un aggettivo deverbale, non attestato in alcuni vocabolari, e vale "servizievole", "servile" e simili. Viene dal latino "famulatorius", da "famulatus", participio passato di "famulari" (essere disponibile, servizievole). I verbi dovere, volere e potere, dunque, sono famulatori perché sempre "servizievoli" nei confronti degli altri verbi.
Siamo rimasti "paralizzati" nel vedere che molti "scrittori" pluralizzano il sostantivo "paracadute" in "paracaduti". Il termine in oggetto è un nome composto di una voce verbale (parare) e un sostantivo femminile plurale (cadute) e i vocaboli cosí composti nella formazione del plurale mutano soltanto l'articolo: il paracadute, i paracadute.
I vocabolari dell'uso non attestano "ripugnevole" ma "ripugnante".  A nostro modo di vedere, invece, sarebbe da registrare perché è formato con il suffisso -evole. Da biasimare abbiamo biasimevole, da bisognare bisognevole ecc.; perché da ripugnare non dovremmo avere ripugnevole? Ripugnevole si trova, comunque, in alcune pubblicazioni.
Il verbo rimarcare, dal "sapore" francesizzante (è tratto, infatti, dal francese remarquer), significa "marcare di nuovo". Non ci sembra corretto usarlo con il significato di "osservare", "notare", "considerare", "rilevare" e simili: Giuseppe gli ha fatto rimarcare il suo comportamento indecoroso. I vocabolari, però...  Ma tant'è.

martedì 25 agosto 2020

La sillabazione di buonumore


Da  "Domande e risposte" del sito Treccani
Vorrei conoscere la scansione in sillabe di buonumore. Trovo strano che non si consideri "buon" unica sillaba inscindibile e la enne faccia corpo con "nu".
 Risposta degli esperti
 La scansione è proprio quella che non piace alla nostra gentile lettrice: buo | nu | mo | re. Non piace e capiamo anche il perché: perché l’analisi semantica di buonumore porta a restituire i confini di parola originari (buon | umore).
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Azzardiamo una spiegazione. Che completa quella della Treccani: le parole che cominciano con "buon" (e alcune delle quali si possono scrivere anche in grafia analitica: buonumore/buon umore; buonsenso/buon senso) seguono una sillabazione particolare. 1) Se la "n" di buon è seguita da una consonante (buoncostume) l'aggettivo buon si considera una parola monosillabica, che fa, cioè, sillaba a sé: buon|co|stu|me; buon|gior|no; buon|go|ver|no; buon|gu|sta|io. Questo perché in italiano non ci sono parole che iniziano con /n+cons/. 2) Se invece la "n" è seguita da una vocale la scansione sillabica dei sintagmi sarà normale: buo|nu|mo|re; buo|nuo|mo.

lunedì 24 agosto 2020

Sgroi - 73 - Il 'Covid' tra logicismo ed etimologismo


di Salvatore Claudio Sgroi


1. Venanzoni 2020: il punto di vista del giurista
Il problema della pandemia coronavirale per i suoi risvolti lessicali nei testi ufficiali del governo e dei ministeri non poteva non attirare anche l'attenzione dei giuristi. Così Andrea Venanzoni (2020), dottorando di ricerca in Diritto costituzionale Università degli Studi di Roma Tre, si è occupato de La lingua dell’emergenza: le criticità linguistiche negli atti normativi finalizzati al contrasto al SARS CoV-2, in "Federalismi.it" del 20 maggio 2020, opportunamente richiamato nell'editoriale di Ilaria Bonomi e Mario Piotti, Emergenza sanitaria, media e lingua: qualche riflessione, apparso nella rivista on line "Lingue e Culture dei Media" v. 4, n.1, 2020.
 Qui Venanzoni si è dichiarato assiomaticamente a favore della distinzione, proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tra 'virus' e 'malattia' da lessicalizzare rispettivamente con "SARS CoV- 2 vs COVID-19".

1.1. Esemplificazione di usi "corretti" ed "erronei", ma senza conseguenze giuridiche
Venanzoni parla così, con qualche ridondanza lessicale (virus), di "emergenza importata dal deflagrare del virus SARS CoV-2" (p. 3). Ricorda che il "Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 1 marzo 2020 si riferiva "correttamente" al "«virus SARS COV-2029-2020»" (p. 4). Che "Nella 'ordinanza del Ministero della Salute' del 21 febbraio 2020 si parla di «applicare la misura della quarantena con sorveglianza attiva, per giorni quattordici, agli individui che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19»" (p. 10 n. 32).
Lo stesso Venanzoni non esita peraltro a fare ammenda con un outing semantico di un suo uso errato in un precedente contributo: "Anche chi scrive è incorso nel medesimo abbaglio in un precedente scritto"; "il presente scritto valga quindi come ravvedimento operoso in termini semantici" (p. 4 n. 13).
E passa quindi a segnalare "marchiani errori" (p. 4), usi semantici impropri in 4 testi ufficiali del governo:
(i) DPCM 23 febbraio 2020, nell'art. 1 riporta "l'erroneo inciso, 'lo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19' ".
Da qui il commento: "Come noto, il COVID-19 non è un virus bensì la malattia derivante dal nuovo coronavirus, rilevata e istituzionalizzata dall'OMS l'11 febbraio 2020.
Virus è al contrario la SARS Co-V2" (p. 4).
E non diversamente, sottolinea Venanzoni, (ii) il DPCM 4 marzo 2020; -- (iii) quello dell'8 marzo 2020 e -- (iv) quello del 9 marzo 2020 "parlano di scopo di contrasto al virus COVID-19".
Che tale uso erroneo abbia però potuto aprire "una falla nella interpretazione concreta" (p. 9)  con conseguenze negative da parte di chi è "preposto al far rispettare le previsioni normative" (ibid.) dalle "autorità competenti" (ibid.) come invece in altri casi analizzati dall'A., non è però nel caso specifico dimostrato dall'A. La polisemia si rivela quindi del tutto innocua e comunicativamente economica.

1.2. Oscillazioni morfologiche: la/il SARS Co-V2
En passant osserviamo ancora nel testo di Venanzoni una oscillazione morfologica, a-semantica, sembrerebbe inconscia, del caso sopra citato: "Virus è al contrario la SARS Co-V2" (p. 4), mentre nel titolo dell'art. appare il masch. "il SARS Co-V2".
Il che può  arricchire la esemplificazione al riguardo da noi indicata in Il Covid o la Covid? Ma è un problema?

 2. Opposizione concettuale e lessicale: "malattia" vs "virus"
Un amico, storico della lingua, commentando in una e-mail il mio Dal Coronavirus al Covid-19 (Ediz. dell'Orso) e il su ricordato Il Covid o la Covid? Ma è un problema?, si è così espresso in maniera logicistica, giudicando l'uso polisemico di Covid(-19) suggerito dall'economia linguistica solo come "confusione":
"Delle tue osservazioni, in parte già comuni al mio abbozzo, quella che condivido meno è la sottovalutazione della confusione tra malattia e virus: con documentazioni ufficiali (oltre al Cornaglia che citi anche tu) avevo mostrato come anche nei ministeri si credesse che Covid fosse il virus (ma questo è intollerabile, checché tu ne dica, perché la lingua scientifica deve essere univoca: Sciascia o il commissario Montalbano possono ben scrivere fascinoso e *fascinico, da uno scienziato pretendo la distinzione tra solforoso e solforico). Giuste le tue distinzioni sui composti con Sars-Cov-2".
E in una successiva e-mail:
"Continuo a non accettare la confusione tra Disease e virus, come non accetterei la confusione tra… piedi e scarpe [...]. Gli scrittori ludici scrivano quello che vogliono, io da un medico o da un divulgatore scientifico o da un politico che legifera per tenermi in casa voglio sapere se sono ammalato o se ho solo il virus".

2.1. La giustificazione del masch. con l'etimologia
Quanto al maschile il covid, "I problemi, continuava lo stesso storico della lingua, si risolverebbero se Disease si traducesse “Morbo” come credo sia accaduto per il colera. Ma questa diventerebbe glottotecnica che lascio volentieri ai cruscanti [...]".
Alla fine, in una seconda e-mail ha (pertinentemente) sottolineato che "il genere grammaticale è secondario".
En passant, osserviamo che nell'istruttivo volumetto dell'Accademia della CRUSCA che ristampa I Temi del mese (2017-2010), a cura di C. Marazzini, Firenze 2020, appare il femminile: "nella battaglia contro la Covid-19" (p. 159).

3. Un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche
In un intervento della rubrica "Parole al sole" intitolato Parole facili. La fiducia riparte da qui, sul “Quotidiano di Puglia” del 2 agosto, che riflette un punto di vista che definirei di un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche, Rosario Coluccia si è soffermato sulle parole della pandemia.

3.1. Gli anglicismi (inutili) e le "oneste parole" italiane
Da buon neo-purista, l'A. non ha saputo trattenersi dal denunciare i "Troppi anglicismi, spesso fuorvianti e anche inutili, visto che la nostra lingua possiede parole comprensibili e perfettamente funzionali".
Se l'è quindi presa con l'affermatissimo lockdown giudicato "forestierismo inutile", "prestit[o] inutil[e] " a favore di Confinamento (con il contrario deconfinamento) sulla scia del fr. confinement e déconfinement, definiti moralisticamente "oneste parole" (!).

3.2. Il genere: cosa scegliere e con quali criteri?
A proposito poi della oscillazione di genere il/la Covid, Coluccia si è mostrato indeciso su quale forma indicare, ovvero sui criteri da seguire per definire una norma.
Da un lato (i) non ha potuto non rilevare l'uso (masch.) della maggioranza: "È prevalente nella rete «il covid-19» (accordato al maschile) rispetto a «la covid-19»".
Dall'altro però ha invocato (ii.a) l'autorità del Presidente della Crusca, Claudio Marazzini, e il suo criterio che avevamo definito storico-etimologico nel cit. Il Covid o la Covid? Ma è un problema? -- secondo Coluccia "buoni argomenti" -- per usare il femminile.
Ma, ridondantemente per uno storico della lingua, ha invocato (ii.b) l'autorità di un virologo 'televisivus': Fabrizio Pregliasco, che "spiega così la sua preferenza per il femminile: significa ‘malattia da coronavirus’, dove“Co” sta per corona, “vi” per virus, “d” per disease, ovvero‘malattia’, e “19” indica l’anno in cui si è manifestata per la prima volta. Insomma, decisamente, “la Covid-19” (con allusione a malattia, pandemia)".
Alla fine, però, sembra che in Coluccia sia prevalso (iii) il criterio del comportamento dei parlanti: "Vedremo cosa prevarrà, i parlanti non sono etimologi né linguisti, le scelte sono influenzate dai fattori più diversi".

3.3. E le ragioni strutturali (sincroniche) del maschile?
Quanto all'attuale prevalenza del masch., Coluccia non ha indagato tuttavia sulle motivazioni strettamente sincroniche, ovvero sulla struttura fonologica delle parole terminanti in consonante, che sono per l'85,3% di genere maschile.

3.4. E una norma variabile?
E soprattutto, Coluccia non si è posto il problema di una norma variabile (qui) al masch. (dominante) e al femm. (minoritaria): usi entrambi normativamente corretti, perché adottati da utenti colti o mediamente colti.

4. Còvid, covìd, o còviddi?
Infine, quanto alla pronuncia del nostro lessema Covid (etimologicamente sigla angloamericana "Co.Vi.D."), se la pronuncia piana /'kovid/ è decisamente la più comune in sintonia con la "Regola-1" della pronuncia prevalentemente piana delle parole italiane, e in sintonia con la "Regola-2" etimologica dell'anglo-americano, invece la pronuncia tronca /ko'vid decisamente minoritaria, sembrerebbe richiamare una pronuncia francese.
Ma va ancora segnalata una pronuncia italiana, regional-popolare, come quella sdrucciola colta in bocca a una palermitana che intervistata sulla spiaggia di Mondello perché priva di mascherina, non esitava a dire che "a Palermo, NON CE N'È CÒVIDDI", ovvero con trasformazione del lessema da bisillabo piano in consonante /'kovid/ a trisillabo sdrucciolo terminante in vocale (epitesi) con contemporaneo raddoppiamento della consonante finale etimologica /'kò.vi.ddi/, condizionato dalla struttura fonologica dei lessemi dialettali siciliani terminanti in vocale (cfr. sex /sεks/> /'sεksi/, /'sεkkisi/; ticket /'tiket/ > /'tiketti/, o anche /'tikke/, ecc.).

4.1. La diffusione di còviddi
La varante sdrucciola trisillabica còviddi sembra peraltro avere non poca fortuna diffondendosi nei social:

(i) A Pag in Croazia, la ragazza italiana al Tg1: «Non c’è più ‘Coviddi’, ce ne rendiamo conto», ed è polemica" in CorriereTV 15 agosto.

 (ii) Post di Enrico Mentana: "Non ce n'è di Còviddi? A Padova una bambina è in terapia intensiva, positiva al coronavirus (17 agosto 2020).

5. La diffusione di corona-vìrussi
Accanto, infine, alla pronuncia regional-popolare còviddi, è emersa una pronuncia ancora più marcatamente popolare del sinonimo coronavirus in bocca a una siciliana, ovvero corona-vìrussi,  con analoga epitesi (o paragoge) della vocale /-i/ sì da avere un lessema terminante in vocale:

"Per me il corona vìrussi non è vero. È una cosa politica, di guerra [...]".
(VIDEO 2020-08-18-14-31.20 mp4)


Sommario
1. Venanzoni 2020: il punto di vista del giurista
1.1. Esemplificazione di usi "corretti" ed "erronei", ma senza conseguenze giuridiche
1.2. Oscillazioni morfologiche: la/il SARS Co-V2
2. Opposizione concettuale e lessicale "malattia" vs "virus"
2.1. La giustificazione del masch. con l'etimologia
3. Un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche.
3.1. Gli anglicismi (inutili) e le "oneste parole" italiane
3.2. Il genere: cosa scegliere e con quali criteri?
3.3. E le ragioni strutturali (sincroniche) del maschile?
3.4. E una norma variabile?
4. Còvid, covìd, o còviddi?
4.1. La diffusione di còviddi
5. La diffusione di corona-vìrussi




















Una recensione al libro del prof. Sgroi, a cura di Alfio Lanaia, pubblicata sul sito della Treccani


domenica 23 agosto 2020

Lo psittacismo


Riapriamo questo portale ─ dopo una breve pausa estiva ─ portando all'attenzione degli amici lettori un termine quasi sconosciuto perché "snobbato" da tutti i testi grammaticali che abbiamo spulciato: psittacismo. Leggiamo dal Treccani:
«psittacismo s. m. [der. del gr. ψιττακός «pappagallo»]. – 1. Tendenza a imitare pappagallescamente ciò che fanno gli altri, o a ripetere passivamente, meccanicamente, parole e idee altrui; pappagallismo. 2. Espressione con cui nella filosofia leibniziana viene definita quella forma esagerata di nominalismo che considera ogni idea generale e astratta come mera emanazione di voce, per cui il linguaggio dell’uomo non sarebbe diverso da quello del pappagallo che ripete meccanicamente parole per lui senza significato»

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Beninteso e ben inteso

Due parole su questo avverbio e aggettivo, che si può scrivere in grafia unita o staccata (i vocabolari non fanno distinzione alcuna). In funzione avverbiale, con il significato di “certo”, “certamente”, “naturalmente” e simili si scriverà rigorosamente in grafia unita: tutti, beninteso (naturalmente), dovrete rispondere delle vostre azioni. Si scriverà in grafia scissa o unita quando è adoperato in funzione aggettivale con il significato di “opportuno”, “con discernimento”, “a proposito” e simili: una benintesa elemosina non è mai offensiva. Sempre in grafia scissa, ovviamente, quando il termine ha valore schiettamente verbale: se ho ben inteso, non verrete alla cerimonia.

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La lingua "biforcuta" della stampa
Sudafrica
Morto l'uomo più vecchio del mondo. Fredie Blom aveva 116 anni: "Ballava e fumava"
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Ci può essere un uomo "piú vecchio del mondo"? La logica (non la grammatica) dice no. Correttamente, quindi: morto l'uomo piú vecchio al mondo.

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L'editoriale
Perché votare No al referendum su taglio parlamentari
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Titoli del genere ci mettono di buon umore: immaginiamo un uomo, munito di accetta, che riduce in pezzi i parlamentari.



martedì 4 agosto 2020

Buone ferie



Questo portale si prende qualche giorno di vacanza e augura ai suoi amici lettori una serena estate

lunedì 3 agosto 2020

Dal Coronavirus al Covid-19







Intervista al prof. Salvatore Claudio Sgroi ("Dal Coronavirus al Covid-19. Storia di un lessico virale")

domenica 2 agosto 2020

Buonumore, si pluralizza?



Alcuni vocabolari attestano il sostantivo buonumore (o buon umore) invariabile. Si può benissimo pluralizzare, invece. Si clicchi qui. Ci piacerebbe conoscere anche il motivo per cui, secondo i "revisionisti" del vocabolario Gabrielli, "buonumore" è solo singolare, mentre "malumore" si può pluralizzare. Eppure entrambi i sostantivi sono composti allo stesso modo (aggettivo e sostantivo). Mistero eleusino!

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Azzittare e azzittire
Tutti i vocabolari dell'uso, se non cadiamo in errore, attestano i verbi "azzittare" e "azzittire" l'uno sinonimo dell'altro. Secondo noi, invece, se abbiamo bene interpretato il "pensiero" di Niccolò Tommaseo, i verbi hanno sfumature diverse. "Azzittare" significa «cessare volontariamente di parlare»; "azzittire", invece, vale «cessare di parlare 'per costrizione'». Naturalmente "azzittire" si coniuga come finire, con l'inserimento dell'infisso "-isc-": azzittisco.



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La lingua "biforcuta" della stampa
IL COMMENTO
Pandemia, il diritto a sapere la verità
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Meglio: di  (diritto di).  Secondo il linguista Luciano Satta: Il sostantivo si costruisce preferibilmente cosí: “diritto a” in presenza di un sostantivo se vi è la preposizione articolata (diritto alla retribuzione) o l’articolo indeterminato (diritto a una retribuzione) o l’aggettivo indefinito (diritto a qualche retribuzione); “diritto di” ancora in presenza di un sostantivo, se non vi è articolo (diritto di sciopero) o in presenza di un verbo all’infinito (diritto di scioperare). È superfluo dire che se il verbo dipendente è di modo finito si usa la congiunzione “che”, con il verbo al congiuntivo (il diritto che si sappia la verità).

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Fiamme sotto al viadotto della Magliana

Fumo nero su tutta la città

Sabato l'incendio ha parzialmente distrutto uno sfasciacarrozze e anche alcuni motoscafi. Paura per lo Sheraton


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Molto meglio: sotto il. "Come preposizione si unisce direttamente al nome, senza il soccorso di nessun'altra preposizione: sotto le armi, sotto il tetto, sotto i piedi, sotto gli alberi". (Aldo Gabrielli)
Quanto a sfasciacarrozze è la persona che demolisce le auto, non l'officina, il cui nome corretto è autodemolizione. Correttamente, quindi: distrutta un'autodemolizione.





sabato 1 agosto 2020

È un ottimo merdocco

Questo termine, dal “sapore” volgare, ma non lo è, indica un unguento adoperato dalle signore per depilarsi. L’etimologia è incerta ed è snobbato dai dizionari. Si trova a lemma nel vocabolario degli Accademici della Crusca.

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Ultra. Questo lemma viene adoperato nel linguaggio politico e sportivo per indicare gli estremisti di un partito o di una squadra. Consigliamo di scriverlo, in buona lingua italiana, senza accento sulla "a" e senza la "s" finale, anche se in quest'ultima forma è invalso nell'uso. Il vocabolo deriva dall'avverbio latino "ultra" (oltre, al di là, di piú) trasportato in italiano come sostantivo maschile invariabile.