martedì 30 giugno 2020

Gli elettrauto o gli elettrauti?

Tutti i vocabolari consultati (De Mauro, Olivetti, De Agostini, Devoto-Oli, Garzanti, Treccani, Gabrielli, Sabatini Coletti, Zingarelli) non lemmatizzano il plurale di elettrauto (che designa sia l'officina sia il personale addetto). La cosa ci stupisce, e non poco. Per quale oscuro motivo il termine in questione è invariabile? Non ci sono piú officine e piú personale all'interno delle stesse? Pluralizziamolo, dunque, senza alcun timore di essere tacciati di ignoranza anche perché il plurale esiste, sia pure di uso raro, come si apprende dal DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia e come si legge in numerose pubblicazioni.


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Ponderoso e ponderato

Si presti attenzione ai due termini su esposti, non sono sinonimi come taluni credono. Hanno significati totalmente diversi. Il primo vale "pesante" ed è tratto dal latino "pondus, eris" (peso); in senso figurato sta per "gravoso", "che richiede impegno": è un compito ponderoso. Il secondo, dal verbo ponderare, significa "riflessivo", "assennato", "equilibrato", "prudente" e simili: è stata presa una decisione ponderata.

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La lingua "biforcuta" della stampa
Il limbo degli omosessuali palestinesi: cacciati da casa e accolti da Israele
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Correttamente: di casa. Treccani: [...]b. Più spesso, mandar via o fuori, scacciare: lo cacciarono a calci; fu cacciato di casa; caccia via quell’animale. [...]. Devoto-Oli: [...] Mandar via, scacciare: il padre lo cacciò di casa; [...].

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Adotta un'alveare: salverai le api e gusterai il loro miele direttamente a casa
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Non ci sono parole: un'alveare!! (con tanto di apostrofo). E non si dica che è un refuso, ma analfabetismo crasso dei "massinformisti" (operatori dell'informazione).



lunedì 29 giugno 2020

Gravare: quale ausiliare?

Il verbo gravare, della I coniugazione, può essere tanto transitivo quanto intransitivo e nei tempi composti prende l'ausiliare avere quando è adoperato transitivamente. I "dolori" cominciano quando il verbo è usato intransitivamente perché non tutti i vocabolari concordano sull'ausiliare da adoperare nei tempi composti. Per il De Mauro, il Garzanti, il Sabatini Coletti e il De Agostini si possono usare, indifferentemente, entrambi gli ausiliari; il Devoto-Oli, il Palazzi e il Treccani indicano esclusivamente l'ausiliare avere; per il Gabrielli e lo Zingarelli, infine, l'ausiliare da adoperare è essere
    Un bel "problema", insomma, perché i vocabolari non lo risolvono, anzi confondono le idee. Non c'è una regola da seguire per quanto attiene all'ausiliare da adoperare con i verbi intransitivi anche se, in linea generale, l'ausiliare di "riferimento" è essere: sono partito; eravamo usciti. Come regolarsi, dunque? Consigliamo di seguire i suggerimenti del linguista Alfonso Leone, riportati nel sito dell'Accademia della Crusca.

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Siamo rimasti basiti (parola tanto di moda quanto… brutta) nell'apprendere che l'insegnante di lettere del figlio di un nostro carissimo amico ha corretto la terza persona singolare del presente indicativo del verbo perseguire, "perseguisce", in  'persegue' in un componimento del ragazzo. Povera lingua nostra! Ti hanno talmente imbastardito che anche alcuni (per non dire molti) "addetti ai lavori" non ci capiscono piú  nulla. È mai possibile che questo docente non sa/sappia che il verbo "perseguire" si può coniugare anche nella forma incoativa in alcuni tempi? È corretto dire, quindi, tanto "io perseguo" quanto io "perseguisco". 
   Questo verbo, inoltre, ha due significati che non  sarebbe azzardato definire "antitetici": 'dare la caccia', quindi perseguitare e 'mirare a', 'attendere a', quindi raggiungere uno scopo.


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La lingua "biforcuta" della stampa
L'Opera al Circo Massimo
21 serate e un galà
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Correttamente: gala (senza accento sulla seconda "a"). Si veda anche qui.

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Maxi rissa con un accoltellato sul lungomare di Loano, nei guai cinque astigiani
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Correttamente: maxirissa. I prefissi si scrivono attaccati alla parola che segue. Si veda qui.


domenica 28 giugno 2020

Tra le vittime del/della Covid anche il nostro idioma


Riceviamo e pubblichiamo
Il Covid 19 ha fatto e sta facendo, purtroppo, numerosissime vittime in Italia e nel mondo. Ma, almeno qui da noi, la vittima più illustre – anche se nessuno la piange – è la lingua italiana. In effetti era già un soggetto “fragile”: ora sta diventando una lingua morta. Riporto alcuni esempi:
·         Con una dead-line per un check già fissata: il 25 maggio, dopo l’allentamento fissato per il 4 maggio, l’esecutivo valuterà un ulteriore downgrading del lockdown. … dove possibile, verrà adottato lo smart-working.
·         … la realizzazione di nuovi Covid-Hospital …
·         Alla luce anche del progressivo sviluppo di sperimentazioni avanzate, quali il “fast track” ed il “see and treat”, … garantire la realizzazione di un sistema di Triage infermieristico …
·         (per la mobilità) Smart Transportation … car sharing Broad Spectrum Model … incentivare la mobilità sharing …
·         Il governo ci darà gli holiday bond
·         Ovviamente la ripresa si chiama start eghèn (again), e avverrà grazie ai recovery fàund (sì, proprio così: trovati, per esprimere la speranza di poterli davvero trovare)
·         Blockchain, ICT, micro generazione distribuita ed efficienza energetica saranno i binari su cui si muoverà il progetto GECO per trasformare il quartiere Pilastro-Roveri in una Smart Renewable Energy Community. (questa è nata prima del Covid 19, ma è sempre in auge)
·         Naturalmente il post-Covid sarà tutto a base di green economy ed e-commerce; le aziende (magari su piattaforme crowdfunding) dovranno badare ad attraction e retention e puntare sullo knowledge management, con team che operano in network, avendo personale selezionato tramite video-interview ed assessment, badando non solo alle competenze hard, ma anche alle soft skills. Non devono mancare le digital skills, per la gestione di Big Data, cloud, cyber security. E-commerce, internet of things.
Ecco un elenco di nuove professioni (da Focus lavoro: le professioni digitali in ascesa post Covid-19):
  1. Area Big Data
  • Big Data Specialist
  • Big Data Architect
  1. Area Cyber Security 
  • Cyber Security Consultant
  • Security Architect
  1. Area applicazioni web-based
  • Mobile App Developer 
  • Front-End/Back-End/Full Stack Web Developer  
  • Web Designer
  1. Area Digital Marketing
  • SEO specialist (Search Engine Optimization)
  • SEM specialist (Search Engine Marketing)
  • Social media manager
  • Content Manager

Queste nuove professioni si aggiungono ad altre di nascita piuttosto recente, quali Wedding & event planner, Wedding travel coordinator, Social media wedding concierge, Graphic designer, Fashion designer, Interior, light & sound designer, Influencer, Green consultant, Digital fundraising officer
Dall’annuncio di un seminario di formazione:
·         Assicurazioni, Asset green, economia circolare, finanza strategica tecnologica e blockchain. Per governare la volatilità del nuovo mondo post covid non basterà una laurea in economia. Le aziende avranno bisogno di nuove competenze. Saper lavorare in smart working, utilizzare piattaforme evolute di fintech, essere financial controller anche a distanza con competenze di project management e di compliance per piccole, medie e grandi aziende che cercheranno giovani altamente qualificati sarà il tuo obiettivo grazie ad una formazione di ultima generazione. IL MASTER ON LINE IN CORPORATE GOVERNANCE, FINTECH E PROJECT MANAGEMENT DI MASTERANDSKILLS E' STATO PROGETTATO PER RISPONDERE SUBITO ALLA RICHIESTA DEI NUOVI PROFESSIONISTI DELLA FINANZA POST COVID.
Sentiti alla radio (RAI) il 26/06 mattina:
·         “… lok daun, altrimenti detto chiusura totale” (immediatamente ho pensato, a proposito di colui che stava parlando: “imbecille, altrimenti detto stiupid”)
·         “… i focolai, cioè i claster” (chissà se gli inglesi, invece di cluster, usano il termine focolai …)
In mancanza d’altro, anche il francese va meglio dell’italiano: triage (= smistamento) e pre-triage hanno il pregio, oltre alla brevità, di non essere comprensibili alla maggior parte di coloro che si recano al pronto-soccorso.
Ciò che più mi preoccupa è l’evoluzione anglofona, in questi mesi di clausura, della pubblicità. Gli specialisti del ramo sanno bene quali parole usare per catturare l’attenzione dei potenziali compratori: quindi il ricorso massiccio all’inglese è certamente conseguenza del fatto che la maggioranza degli italiani considera “morta”, cioè non più in grado di destare emozioni, la nostra lingua. Siamo arrivati addirittura a pubblicità (caffè, birra) interamente in inglese, sottotitolate in italiano.
Nella cittadina di 30.000 abitanti in cui vivo, gli esercizi commerciali stanno completando il processo di “inglesizzazione”. Ne cito una parte: Borderline Cocktail Bar, Planet Bar, Green Cafè, Fornace Black Bar, A-Team, Bar Happy Oasys, Cafè Royal, Maison Delibì, Village, Alien Project, Wood, Puff Store, 3 Store, Eco Store, Happy Casa Store, Outlet Store, Lube Official Store, Iriparo Store, Lori Store, Smarteasy-Ennova Store, Energy Store Eni, Intimissimi Store … Il Kiko Store espone il cartello con le “Store opening hours”!
E l’Accademia della Crusca che fa? È tutta intenta ad accogliere parole nuove (si sa, la specialità nazionale deve essere l’accoglienza); ne cito alcune, prese dal loro sito: blastare, bralette, bufu, dressare, droplet, eskere, foodie, friendzonare, ghosting, hater, hipster, influencer, sextortion, skillato, spoilerare, whatsappare. Sarò antiquato, ma sento un principio di voltastomaco.
Concludo: in ogni frase che pronunciamo o scriviamo c’è una parola-chiave (talvolta due o tre) che esprime il concetto principale; le altre parole servono per completare o rafforzare il concetto, o per abbellire la frase, o per renderla più circostanziata, scorrevole e armonica. Oppure ancora per ridondanza, fattore ben noto nella teoria della comunicazione. Ormai la parola-chiave deve essere in inglese; le altre possono essere in italiano. Come sulla lapide di una tomba: nome e cognome del defunto, date di nascita e di morte. Poi vi possono essere parole encomiastiche, doglianze dei parenti e simili: tutte prive di significato per chi le legge.
Condoglianze
Pier Paolo Falcone

(Località non specificata)


venerdì 26 giugno 2020

Nerofumo: aggettivo e invariabile?


Alcuni vocabolari dell'uso (che abbiamo consultato) lemmatizzano il termine "nerofumo" come sostantivo maschile invariabile. No, amici amatori del bel parlare e del bello scrivere, il vocabolo in oggetto è anche aggettivo e si pluralizza normalmente (con buona pace dei soliti gramuffastronzoli): un abito nerofumo / due abiti nerofumi; il termine è composto di un aggettivo (nero) e di un sostantivo maschile singolare (fumo) e i vocaboli cosí formati nella forma plurale mutano la desinenza del sostantivo. 
     Il vocabolo, dicevamo, è anche aggettivo e qui azzardiamo il femminile "nerofuma" con il plurale "nerofume": una gonna nerofuma / due gonne nerofume. Sí, lo ammettiamo, "nerofuma" e "nerofume" suonano male, ma basta farci, come suol dirsi, l'orecchio. Del resto non suonavano male "ministra", "avvocata", "sindaca", "soldata", "carabiniera", "prefetta", "deputata", "ingegnera", "magistrata"?
     Oggi nessuno mette più in dubbio la correttezza dei termini citati. Perché? Perché... l'orecchio si è abituato. Abituiamoci, quindi, a "nerofuma" e "nerofume".

      Il plurale maschile, nerofumi, si trova, comunque, in alcune pubblicazioni.

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La parola proposta da questo portale: decezione. Sostantivo femminile aulico provenendo dal participio passato del verbo latino "decipere", "deceptus" (ingannare) e vale mistificazione, frode, inganno e simili.
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La lingua "biforcuta" della stampa
In due sul monopattino e senza casco: scontro con auto, 15enne in prognosi riservata
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La prognosi non è un reparto ospedaliero ma la "previsione" e la "durata" di una malattia o di un trauma. Il ragazzo, quindi, non è "in prognosi" ma "con prognosi riservata".

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Livorno
A12, tir in bilico sul viadotto: l'autista salvato con l'autogru dei vigili
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Correttamente: autogrú.
Gru non si accenta, essendo un monosillabo. Ma nei composti l'accento grafico è tassativo. DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia:



giovedì 25 giugno 2020

Piccolo glossario di parole "difficili" (2)


Teogonia  sostantivo femminile composto con le voci greche "theòs", dio e "gonè",  generazione.  Insieme delle divinità,  il culto delle quali costituisce il sistema di carattere religioso di un popolo politeista.
Teosofia sostantivo femminile con il quale si indica la dottrina religiosa che ha per oggetto la conoscenza di Dio e i "rapporti" fra l'uomo e l'Onnipotente. È composto con le voci greche "Theòs" , Dio e "sophia", sapienza.
Teratologia ─ "scienza" che si occupa delle mostruosità , delle anomalie, nel regno vegetale e in quello animale. Dal greco "tèras", mostro e "logos", discorso.
Teurgia ─ arte di operare prodigi. Fu cosí chiamata una sorta di magia che si riteneva efficace per "comunicare" con le divinità benefiche. Vocabolo  composto  con le voci greche "theòs", dio e èrgon", opera.
Topico ─ "che è locale". Si dice soprattutto, in campo medico, di rimedi che si applicano esternamente (e "localmente") sulla parte ammalata del corpo. È il greco "tòpos", luogo.
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La parola proposta da questo portale: negghienza. Sostantivo femminile sinonimo di negligenza, indolenza, pigrizia e simili. Tratto dal latino "negligentia", dal verbo "negligere", trascurare.

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La lingua "biforcuta" della stampa

Gli antisovranisti: "Cercasi sindaci coraggiosi"
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Correttamente: cercansi (o si cercano). Non è un "si impersonale", ma "passivante" (vengono cercati sindaci coraggiosi).

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Gli orrori piú esilaranti, si fa per dire, commessi dagli studenti durante gli esami di questa maturità 2020 "dimezzata".


martedì 23 giugno 2020

Sgroi - 69 - "Perdio!": una bufala? Ma nooo! Una bestemmia? ma no! Una interiezione! (o esclamazione!): ma sì!

 di Salvatore Claudio Sgroi

 1. L'evento
Nel corso della seduta in parlamento a Palazzo Madama di venerdì 19, per il voto di fiducia al decreto "Elezioni", la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, come comprovato dall'audio-video


ha detto quasi gridando rivolta ai parlamentari:

"In quest'aula non è possibile fotografare!. Lo dico continuamente!. Chi sta fotografando?". [Rivolta agli assistenti] "Glielo volete dire? 'SIETE QUA COME PUPAZZI O VOLETE PARLARE, PER DIO?'".

2. La notizia con commento del Fatto quotidiano
Il giorno dopo, sabato 20, il Fatto Quotidiano sbatte, come dire, il mostro in prima pagina:

(i) "La Casellati bestemmia in aula e tutti la coprono", con l'occhiello: "Fuori controllo. La presidente Furiosa coi commessi".

E nel sommario:
(ii) "[...] Lei sbotta contro i dipendenti con un'imprecazione infelice (poi tagliata dai resoconti e dalle agenzie)",

con a fianco la foto (su riportata) della Casellati rivolta agli assistenti.

 Chiude il tutto il rinvio all'art. di Ilaria Proietti, intitolato: (iii) "Bestemmie & Cazziatoni. È Casellati show al Senato!" (p. 6).

Qui la "bestemmia", annunciata in prima pagina e nel titolo, ritorna nell'articolo, configurandosi come il giudizio di valore attribuito nientepocodimenoché all'espressione /Perdio!/:

(iv) "A un certo punto le è sfuggita pure una bestemmia: 'Per Dio. Siete qua come pupazzi o volete parlare?'".

Nel titolo di un box sullo stesso quotidiano con accanto la foto (su riportata) della Casellati rivolta agli assistenti, la "bestemmia" è affiancata e declassata, come già in prima pagina, a "imprecazione" con l'espressione incriminata abbreviata in "per D." nella frase scorciata:

(v) "L'imprecazione 'Siete qui a fare i pupazzi, per D..?'".

E infine l'espressione "per Dio" appare integrale ancora nello stesso box, nel corpo della frase testualmente un pò variata:

(vi) "Poi sbotta con i commessi: "'Siete qui a fare i pupazzi o volete parlare, per Dio.?'". 

3. Il "fatto" la notizia ("Per Dio!") vs il "commento" ("una bestemmia"): una fake news
Vari quotidiani in rete hanno ripreso la "notizia" riportata dal Fatto Quotidiano (l'espressione cioè Per Dio! in bocca alla Casellati), criticandone il "commento" (che si tratti cioè di una "bestemmia"), che viene giudicato "una bufala". Ma non sempre "il fatto" (la notizia) è stato distinto chiaramente dal giudizio di valore, dal "commento" cioè sul fatto.
Così per es. (i) nel "Secolo d'Italia", direttore Francesco Storace, l'art. di Adele Sirocchi recita: "Casellati e la bestemmia al Senato, una bufala rilanciata dal Fatto di Travaglio in prima pagina"; "quella della bestemmia è una bufala bella e buona"; "Quale bestemmia?" solo "un’esclamazione di rabbia, uno sfogo"; c'è "differenza tra un’imprecazione e una bestemmia"!.
Così (ii) "Libero": "La Casellati bestemmia in Aula e tutti la coprono"; "Questo il titolo in prima pagina del Fatto Quotidiano che [...] si è prestato a una clamorosa bufala".
E ancora (iii) Lucia Gallo (per ith24) ha scritto, calcando a dir poco la mano:
"Marco Travaglio, al Fatto Quotidiano sono a corto di idee, si inventano la bestemmia della Casellati al Senato!"; "quella della bestemmia è una bufala ad arte. Forse per far comprare qualche copia in più".

4. Perdio! una interiezione!
Ora, a parte la distinzione tra "fatto" e "commento" (sul fatto), è chiaro che l'espressione "Per Dio!" o univerbata "Perdio!" non può essere ritenuta una "bestemmia".
Come chiarisce, tra gli altri, il Dizionario di T. De Mauro, che lemmatizza perdio, si tratta di una "interiezione" (o "esclamazione"), risalente al '300, con due significati:
1. voce "CO(mune)", nota a diplomati e laureati, che "esprime disappunto, impazienza o meraviglia", chiarita con l'es. smettila, perdio! (e "s.m.inv.: lasciarsi scappare un perdio").
Ma è anche 2. voce "LE(tteraria)", che "esprime un'invocazione, una richiesta, una supplica, ecc.", con l'es. "perdio, questo la mente | talor vi mova (Petrarca)".
Ora, se non vogliamo proprio dire che la Casellati ha usato un'espressione letteraria e poetica, si può anche ritenere l'espressione poco adatta in quel contesto istituzionale, rivolta quasi privatamente agli assistenti, ma non certamente una "bestemmia" (o letterariamente una "blasfemia").





domenica 21 giugno 2020

A che cosa servono le regole se poi i vocabolari... (2)


A che cosa servono le regole se poi i vocabolari "fanno come gli pare"? Consultando alcuni dizionari dell'uso abbiamo avuto modo di vedere ─ ancora una volta ─ che si fanno beffe delle norme che regolano l'ortografia e l'ortoepia (corretta pronuncia) come nel caso del prefisso "sopra-" che richiede il raddoppiamento della consonante iniziale della parola che segue: sopraddetto, sopraccoperta, soprattassa, soprammobile ecc. Se nella sillaba iniziale, però, c'è una "s" o una "z" non si ha il raddoppiamento: soprascritto. Nel caso di "sopralluogo", tra i vocabolari consultati, rispettano la regola il Palazzi, il Sabatini Coletti e il dizionario Olivetti che "lemmatizzano", correttamente, sopralluogo. Il Devoto-Oli, il Gabrielli, il Garzanti, il Treccani e lo Zingarelli attestano anche "sopraluogo" (con una sola "l"). Insistiamo, quindi, a che cosa servono le regole se poi i vocabolari non le rispettano? Anche il DOP, molto attento alla corretta grafia, attesta "sopraluogo", anche se...





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Due parole due sul verbo progredire. Detto verbo, terminando in "-ire", è classificato tra quelli della III coniugazione ed è intransitivo. Nei tempi composti prende l'ausiliare avere quando il soggetto è una persona: Luigi ha sempre progredito negli studi intrapresi; prende l'ausiliare essere quando il soggetto non è una persona: in questi ultimi anni le tecnologie sono sempre progredite con successo.

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La lingua "biforcuta" della stampa
Processo per l'omicidio Cerciello Rega
"Quella notte aveva distintivo con se"
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Speriamo sia dovuta a una "distrazione" la mancanza dell'accento sul pronome sé...


venerdì 19 giugno 2020

"Reparto covideo"


«Chiude il reparto covid del pronto soccorso dell'ospedale di ***». Quando sulla stampa leggiamo titoli del genere il nostro cuore si riempie di gioia perché ciò lascia sperare che ci stiamo avvicinando alla fine della pandemia.
   Titoli del genere ci hanno anche fatto riflettere sul fatto che ─ in lingua ─  non esiste un termine atto a indicare questo tipo di reparto come, per esempio, reparto ortopedico, reparto chirurgico, reparto urologico ecc. 
   Proponiamo, quindi, "reparto covideo", anche se già sentiamo i dolori lancinanti provocati dagli strali che ci arriveranno dai linguisti "benpensanti". Ma a nostro modo di vedere il neologismo proposto ha tutte le carte in regola per entrare in pompa magna nel nostro lessico. 
   Il suffisso "-eo", come possiamo leggere nel  De Mauro «è presente in parole di origine latina e greca, e forma produttivamente aggettivi e sostantivi denominali che indicano appartenenza, relazione con il sostantivo di base: faringeo, giudeo, giustinianeo, laringeo, mitteleuropeo».
    Il reparto covideo, per tanto, non può essere un reparto che ha relazione con il covid? Invitiamo i lessicografi a farci un pensierino...

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La lingua "biforcuta" della stampa
Vicino corso Vittorio. Sembra che le due giovani siano state investite mentre attraversavano con il rosso sulle strisce
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Correttamente: vicino a corso Vittorio. Crusca: «[...] Quel che è certo è che non si può usare il solo vicino con funzione di locuzione preposizionale: sono da evitare, benché alquanto diffusi persino nei giornali, vicino Roma, vicino casa (recte: «vicino a Roma», «vicino a casa»).»


 


mercoledì 17 giugno 2020

Osservazioni linguistiche


I dilemmi sull'uso del "ma"
Alcuni docenti e, quindi, alcune grammatiche, ritengono errato cominciare un periodo con la congiunzione  "ma" perché - sostengono - essendo avversativa  si può adoperare solo tra due frasi o due elementi che indicano contrasto come, per esempio, "era bello  'ma' non elegante".    
    E dove sta scritto? Quale legge grammaticale proibisce l'uso della predetta congiunzione a inizio di periodo? È formalmente corretto, invece, cominciare un periodo con il "ma" perché questa congiunzione indica la conclusione o l'interruzione di un discorso per passare a un altro. 

     E come liquidiamo la questione della virgola dopo il "ma"? E ci spieghiamo.  I "soliti" grammatici, di conseguenza le "solite" grammatiche, condannano l'uso della virgola dopo la predetta congiunzione avversativa. Ci permettiamo di far notare a questi "soloni della lingua" che se il "ma" precede una frase parentetica la virgola non solo è corretta ma è d'obbligo: avrei voluto telefonarti ma, visti i precedenti, non ho avuto il coraggio. Nell'esempio riportato l'espressione "visti i precedenti" è una frase parentetica, la virgola dopo il "ma" è, per tanto, obbligatoria. 
     Dunque, amici, quando avete dei dubbi grammaticali non consultate testi di lingua scritti da illustri sconosciuti, amici di editori compiacenti: troppo spesso questi "sacri testi" sono l'esempio della contraddizione, per non dire delle "mostruosità linguistiche". 
     Sarebbe auspicabile l'intervento dell'Accademia della Crusca: tutte le pubblicazioni inerenti alla lingua dovrebbero avere l' "imprimatur" della suddetta istituzione: in questo modo si raggiungerebbe quell'uniformità linguistica invocata, anni fa, dall'insigne prof. Giovanni Nencioni.
Stante...
Due parole sul participio presente del verbo stare ("stante") che, come tutti i participi, può avere valore di verbo e di aggettivo. Mantiene il suo valore verbale in determinate espressioni come, per esempio,  seduta stante, vale a dire nel corso di una seduta. Ha valore aggettivale nelle locuzioni nel mese stante, nella settimana stante ecc., ossia nel mese corrente, nella settimana in corso. Può svolgere anche la funzione di preposizione impropria con il significato di "per", "a causa di": stante la forte nevicata non sono potuto uscire. Se non cadiamo in errore è l'unico participio presente che gode di questo "privilegio".
Sul verbo disimpegnare
Il verbo "disimpegnare", transitivo e della I coniugazione, significa, propriamente, "liberarsi da un impegno, da un obbligo", "dalla parola data", "da una promessa" e simili. Alcuni gli danno il significato, errato, di "eseguire, portare bene a compimento un determinato compito o ufficio": Luigi ha disimpegnato molto bene il suo incarico temporaneo di direttore. Si dirà, correttamente, "Luigi ha esercitato, espletato molto bene...".



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Una "manovra" errata ha eliminato l'intervento di ieri «Aperto "accaventiquattro"». Rimettiamo il collegamento al sito della Crusca.

Con l'occasione segnaliamo un'altra "perla" dei revisori del vocabolario Gabrielli in rete:

 talaltro
[ta-làl-tro] o tal'altro
pron. indef.

Qualche altro (in correlazione con talùno e con talvòlta): taluno gridava, t. taceva; talvolta inganna il tempo giocando, talaltra leggendo.

La "perla"? L'apostrofo a tal altro.

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Sempre il Gabrielli "revisionato" in rete:

ossequente
[os-se-quèn-te] err. ossequiente

agg. (pl. -ti)

Che porta ossequio; ubbidiente, rispettoso: giovani ossequienti ai loro maestri; essere o. alle leggi
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Segnalano, correttamente, che la grafia ossequiente è errata, ma negli esempi si danno la zappa sui piedi.


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La lingua "biforcuta" della stampa
Il Bonus vacanze arriva via app: richieste dal 1° luglio, ecco come ottenerlo
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Correttamente: dal 1 luglio (senza l'esponente)





lunedì 15 giugno 2020

Si dice nero o negro?

Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo

La vittoria di Barack Obama ci ha permesso di prendere coscienza della messa al bando, nella lingua italiana, del termine “negro” riferito all’identità etnica. “Negro”, con riferimento al color della pelle ossia alla razza, è parola ormai spregiativa. Al suo posto è da usare solo “nero”.
“Obama è il primo presidente nero” hanno così proclamato, unanimi, gli organi d’informazione della penisola.  Nero, quindi, e non negro come si sarebbe detto fino a ieri.
Ma come si è potuto verificare, nella lingua italiana, questa rapida caduta di “negro”, sostituito dal politically correct “nero”? Se la parola “negro” ha assunto un significato peggiorativo, ciò è avvenuto per la sua condannabile assonanza con la parola “nigger”, che in inglese è usata come insulto. Ancora una volta è stato l’esempio americano ad influenzare gli italiani, ultrasensibili ai suoni e alle mode d’oltreoceano. È già molto, oso dire, se giornali, radio e televisione non hanno puramente e semplicemente adottato il termine inglese “black”.  Ma non è detto...
Non è stata l’Accademia della Crusca, ma sono stati i giudici italiani, in un momento di tregua nella guerra contro Berlusconi,  a tagliare il nastro inaugurale di questa rivoluzione lessicale. La Corte di Cassazione, ignorando i dizionari, ha sancito: «Sul piano linguistico, la parola negro, traslato di nero, non definisce semplicemente il colore della persona, a differenza di moro. Difatti è stata assunta nella recente epoca coloniale, nelle lingue neolatine ed anglosassoni, per la designazione antonomastica dell'indigeno africano, quale appartenente ad una razza inferiore, quando non destinato, con questa falsa giustificazione fatta perfino risalire alla Bibbia, alla schiavitù, perdurata in America fin oltre la metà dell'Ottocento».
I linguisti si sono dovuti adeguare alla storica sentenza. E oggi, anche se diversi dizionari continuano a dare tranquillamente a “negro” la definizione di “appartenente, relativo alla razza negra”, altri offrono una prudente messa in guardia. Il Garzanti: "La parola negro è stata spesso usata in modo spregiativo; per questa ragione si preferisce sostituirla con nero ed è quasi del tutto caduta in disuso in espressioni riferite alla cultura".
Ormai solo gli ispanici, meno complessati di noi nei confronti del mondo angloamericano (bisogna anche dire che loro hanno solo “negro”, mentre noi e i francesi abbiamo le forme alternative: “nero- negro”, “noir-nègre”), continuano imperterriti ad usare il termine “negro”.
Non vorrei adesso dare l’impressione che io inciti il lettore a boicottare il politically correct “nero”. No, non si può tornare indietro perché l’irreparabile è avvenuto.  È l’uso e solo l’uso a dare un buono o un cattivo odore ad una parola. E i giudici togati, tra una polemica e l’altra con Berlusconi, hanno determinato l’uso, anzi il “non uso”, di “negro” dandogli un cattivo odore. E io mi adeguo, seguendo l’esempio di Sergio Romano che sul “Corriere della Sera” ha scritto con molta saggezza: “Anch’io penso che la parola negro non sia spregiativa. Ma so che in questo momento offende la sensibilità di molte persone ed evito di usarla. Non è prudenza. È soltanto galateo. »
























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Sul "politically correct" segnaliamo un interessante articolo di Rita Fresu, pubblicato sul sito della Treccani.