Negli ultimi decenni il “bowling” ha conquistato il mondo, diventando un passatempo amato da persone di tutte le età. Tuttavia, in italiano il termine anglosassone è rimasto invariato, senza una vera alternativa autoctona. Perché non battezzarlo, italianamente, birillaggio?
Il neolemma proposto, birillaggio, è costruito sulla base di "birillo"con l’aggiunta del suffisso "-aggio", dal latino "-(a)ticus", usato per formare nomi d’azione o attività, come in arpeggio, canottaggio, linguaggio, pattinaggio. Tale costruzione conferisce al termine un senso dinamico e naturale, perfetto per descrivere il movimento della boccia e il conseguente impatto sui birilli.
Il birillaggio non è solo un passatempo: è un'arte di concentrazione, strategia e destrezza. Le sale da birillaggio accolgono gruppi di amici, famiglie e giocatori solitari, offrendo un’esperienza che può essere tanto rilassante quanto competitiva. Il brivido di un tiro ben calcolato, la soddisfazione di abbattere tutti i birilli con un colpo magistrale: tutto questo rende il birillaggio un’esperienza che merita un nome italiano degno della sua emozione.
La prossima volta, dunque, che ti troverai davanti a una pista, non dire che stai giocando a ‘bowling’… stai praticando il birillaggio!
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Crescere e accrescere
I verbi "crescere" e "accrescere" sono usati indifferentemente, ma a ben vedere hanno sfumature diverse. L'immaginario dialogo che segue cerca di portare alla luce tali differenze, intrecciando esempi concreti e osservazioni etimologiche nel fluire naturale di una chiacchierata tra amici.
Leo: Hai visto com’è cresciuto il glicine fuori dalla biblioteca? L’anno scorso era solo un rametto… adesso sembra volersi arrampicare sul cielo.
Marta: Bellissimo, sì. Sai che crescere viene dal latino crescĕre? Significava proprio “venire fuori, spuntare”, come un’idea buona o un sogno ostinato. Un verbo intransitivo: si sviluppa da solo, senza un agente esterno. Proprio come quel glicine.
Leo: Interessante. Quindi non è come “accrescere”?
Marta: No, quello è un cugino più ambizioso. Accrescere viene sempre da crescĕre, ma con un prefisso: ad-, cioè “verso, in aggiunta”. Quindi significa “far crescere qualcosa”. È transitivo, e infatti ha bisogno di un complemento: tu accresci qualcosa, la fiducia, il sapere, il caos…
Leo: Tipo “la pandemia ha accresciuto la diffidenza”?
Marta: Esatto. C’è un soggetto che provoca l’aumento.
Leo: E se dico “il mio stipendio è cresciuto”?
Marta: Bene. Descrivi un processo. Ma se vuoi dire che il bonus natalizio l’ha aumentato, allora il verbo è accrescere.
Leo: Mi piace. “Crescere” sembra il verbo della vita che si esprime, che si dispiega da sé. “Accrescere”, invece, è come metterci dentro la mano, modificarla.
Marta: Esattamente. È la differenza tra un bambino che cresce col tempo… e un insegnante che accresce le sue competenze con corsi, stimoli, esperienze. Uno è processo naturale, l’altro è intervento.
Leo: E quindi anche dire “accrescere la consapevolezza” è giusto, perché tu la fai aumentare con qualcosa: informazione, esperienza…
Marta: Sì, mentre se dici “la consapevolezza cresce”, vuol dire che matura da sola, magari lentamente, senza un agente esterno. La sfumatura è sottile ma potente.
Leo: Curioso, però. Nella pratica quotidiana li usiamo un po’ come ci viene.
Marta: Vero. Spesso la lingua si semplifica, ma conoscere queste differenze ti dà più precisione, più forza espressiva. È come avere più colori nella tavolozza: puoi sfumare, dosare meglio.
Leo: Sai che ora che ci penso… anche le emozioni possono accrescersi. Tipo: “la tensione è accresciuta durante la riunione.”
Marta: Perfetto! Perché è aumentata per qualcosa, magari una discussione accesa, una parola di troppo. Non è semplicemente “cresciuta”, è stata provocata.
Leo: E quindi, se dico: “Durante il film, l’angoscia cresceva”, va bene, perché è qualcosa che aumenta col tempo…
Marta: …ma se aggiungi: “Il climax finale ha accresciuto l’angoscia”, stai dicendo che quella scena l’ha amplificata. Stai mostrando l’agente.
Leo: Bello. Sai che mi hai fatto accrescere la voglia di rileggere qualche romanzo con occhi più linguistici?
Marta: E io ti ringrazio, perché il tuo entusiasmo sta facendo crescere la mia voglia di un secondo cappuccino.
Comprendere la differenza tra crescere e accrescere non è un esercizio di pedanteria, ma un modo per affinare lo sguardo sul mondo: riconoscere quando qualcosa fiorisce da sé… e quando, invece, serve una mano che lo aiuti a fiorire meglio. Una sfumatura linguistica, forse. Ma a volte, nelle sfumature, si nasconde l’intera profondità del pensiero.
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La lingua “biforcuta” della stampa
Augusto imperatore, recensione della piazza appena rifatta e inaugurata. Manca ancora il Mausoleo
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Senza parole!

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