Il bolero è una delle danze più emblematiche della Spagna, intriso di ritmo e passione. Eppure, in italiano manca un termine corrispondente che ne restituisca l’essenza senza dover ricorrere alla parola spagnola. Da questa riflessione nasce la proposta di due neologismi: ardentismo per la danza e ardentista per chi la interpreta.
L’ispirazione per questi termini proviene dalla natura stessa del bolero, caratterizzato da movimenti intensi e una musicalità avvolgente. Ardentista prende forma dall’aggettivo ardente, che evoca il calore emotivo e la forza espressiva tipica di questo ballo. Chi pratica il bolero con quella passione potrebbe dunque essere definito ardentista, un danzatore che trasforma la musica in energia pura.
Di conseguenza, ardentismo diventa il nome ideale per identificare il bolero in italiano, donando a questa danza una connotazione unica e ben definita. Il suffisso -ismo le conferisce autorevolezza e la caratterizza come un vero e proprio genere artistico, al pari di altre discipline codificate (alpinismo, ciclismo, cubismo, empirismo). Un termine che racchiude l’essenza di un ballo carico di emozione e precisione, rendendolo un fenomeno stilistico riconoscibile.
Le due neoformazioni, ardentismo e ardentista, potrebbero colmare, dunque, un vuoto linguistico e offrire una soluzione per chi desidera riferirsi al bolero in italiano con un nome originale e immediato. Se questi nuovi lemmi entrassero nell'uso comune arricchirebbero il lessico coreutico, aggiungendo un tocco di italianità a un’arte già universale.
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La prole, le proli (?)
Nella lingua di Dante e di Manzoni alcuni termini si comportano in modo peculiare: tra questi, prole (sostantivo femminile), che indica genericamente la discendenza o i figli di una persona. Sebbene a livello grammaticale si possa ipotizzare una forma plurale, le proli, questa rimane di fatto pressoché inesistente nel linguaggio comune.
I vocabolari dell’uso, pur non esplicitando una regola ferrea al riguardo, non riportano proli come una forma attestata o consigliata. La ragione principale è che prole è un sostantivo collettivo, il che significa che, anche al singolare, mantiene un senso plurale. Dire le proli potrebbe risultare forzato e creare confusione, visto che il lessema già indica una pluralità.
Se si desidera esprimere il concetto di più discendenze o generazioni appartenenti a famiglie diverse, si possono usare soluzioni linguisticamente più eleganti e in linea con l’uso consolidato: le progenie, le discendenze, le generazioni o semplicemente i figli, se il contesto lo permette.
In conclusione, sebbene la grammatica possa lasciare qualche spiraglio alla formazione di un ipotetico plurale, l’uso della lingua viva ci insegna che il sostantivo prole è meglio lasciarlo invariato.

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