Due
parole, due, sul verbo partire, che molti usano impropriamente con l’accezione
di ‘uscire’, ripetendo l’uso del francese partir.
È un uso improprio, se non ‘errato’ perché, come fa notare il linguista
Giuseppe Rigutini, partire include
sempre il fine di un viaggio. Sbagliano coloro che dicono, per esempio, “parto
ora dall’ufficio, sarò da te fra un’ora”. Dall’ufficio si “esce”, non si
“parte”. Si parte quando si lascia una località per andare in un’altra. Diremo
correttamente, quindi, “domani partiremo da Cosenza per Reggio Calabria”. E
sempre a proposito di partire, lasciamo al gergo burocratico l’espressione a partire da: a partire da domani gli
uffici saranno chiusi al pubblico tutti i giovedí. Chi ama il bel parlare e il
bello scrivere dirà: da domani o cominciando da domani...
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Molto spesso si fa un abuso
degli aggettivi "buono"," forte" e " grande"
perché innumerevoli sono le persone o le cose per le quali viene spontaneo
adoperarli: ma il concetto che tali aggettivi esprimono è troppo vago e generico.
Consigliamo agli amatori della lingua, per tanto, di sostituirli, ogni qual
volta che sia possibile, con un termine piú appropriato. Vediamo qualche
esempio di “abusi”, piluccando qua e là: in corsivo l’aggettivo “abusato” e in
parentesi quello piú appropriato. La grande (vasta) piazza era piena di
dimostranti; una volta tanto sii buono
(ubbidiente) e fa quello che ti chiede tuo padre; sapendo che siete tanto buoni (generosi, cortesi) ne approfitto
per chiedervi un favore; in quel momento soffiava un vento forte (impetuoso), che faceva tremare le case; quel giovanotto,
invece di scusarsi, ha peggiorato la situazione commettendo un grande (grave) errore; quella torta, a
fine pranzo, era veramente buona
(squisita); l’oratore ha arringato la folla con voce forte (tonante), tra applausi scroscianti; il fumo che usciva
dall’appartamento in fiamme era forte (acre)
e disgustoso; bisogna essere grati a questi
forti (valorosi) soldati che
vanno in giro per il mondo a portare la pace; se ti comporti bene, Dio, che è
sommamente buono (misericordioso), ti
perdonerà; il barbone, per una notte, ha trovato accoglienza, in paese, presso
una famiglia che è tanto buona
(caritatevole); le ricerche sono state rinviate perché scrosciava una forte (violenta, impetuosa, dirotta)
pioggia.
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I
responsabili del vocabolario Treccani (in rete) ci perdoneranno se - ancora una
volta - "portiamo alla luce" un'altra 'inesattezza' riscontrata
consultando il dizionario:
terraférma (non com. tèrra férma)
s. f. – Parte continentale di una regione, soprattutto in contrapp. alle isole:
sbarcare
sulla t.; città di terraferma. Non è usato il plurale.
Il plurale, raro, c'è:
terreferme. Essendo un nome composto formato da un sostantivo e da un aggettivo
nel plurale mutano le desinenze di entrambi i termini.
Per il Sabatini Coletti il sostantivo è
addirittura solo singolare:
[ter-ra-fér-ma] s.f. (solo sing.)
- 1
Terra che emerge dal mare: sbarcare
sulla t.
- 2 estens. Il continente, contrapposto alle isole
- •
sec. XIII
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La parola
proposta da "unaparolaalgiorno.it: unquanco.
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Dimenticavamo. Sempre nel DISC abbiamo riscontrato un altro
"orrore": ermafrodita. La voce corretta è solo "ermafrodito":
[er-ma-fro-dì-to] o ermafrodita agg., s.
- • agg. biol. Di individuo animale
o vegetale che presenta ermafroditismo
- • s.m. (pl.m. -ti)
Nel sign. dell'agg.
- •
sec. XIV