lunedì 30 marzo 2020

Il linguaggio ricercato


Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo
C’è chi, per distinguersi, usa le varianti da salotto buono al posto di vocaboli giudicati logori o banali. Certe parole posseggono infatti una patina nobile.  Non sempre però le scelte sono felici.
A “metodo” molti preferiscono “metodica”, a “problema” “problematica”, l’“alcolizzato” è divenuto “alcolista”, le “devianze” hanno sostituito le “deviazioni”, le “complicanze” hanno preso il posto delle “complicazioni” anche al di fuori del campo medico, i prodotti non sono più “contraffatti” ma “taroccati”…
La lingua italiana ha perso molte piume: i  termini del bel tempo che fu oggi quasi nessuno li usa più. “Eziandio” e "vieppiù” hanno tirato le cuoia. "Donde", ancora presente nel parlato e nello scritto di qualche decennio fa, è oggi latitante, e a usarlo si rischia di non essere capiti. Eppure, le espressioni "avere ben donde" e “averne ben donde”  invece che "avere buone e fondate ragioni", hanno il loro fascino. "Sino  a..." (con la "s" ) al posto di "fino a ...", (con la "f") continua a fare salotto buono. "Financo" è  più chic di “finanche”. "Retaggio" fa più fino di “eredità”, anche perché  “retaggio” riguarda la sfera spirituale.
Da un certo tempo mi capita  d'imbattermi in "disvelare" al posto di "svelare". Chi “disvela” dimostra più classe di chi invece “svela”. Chi ha il dono della “comunicativa” spesso non si  abbassa a usare "comunicazione", termine banale.  “Ostensione” è una parola che suscita rispetto. Leggo sul C. della S.: “L'ostensione della Sacra Sindone di Torino...” Bisogna ammettere che se il giornalista del Corriere avesse usato  “esposizione” o “esibizione”, invece di “ostensione”, avrebbe diminuito l’effetto scenografico dell’evento.
Non mi attarderò a parlarvi dell'uso straripante di "esondare" che ha sommerso “straripare”, vocabolo quest’ultimo in auge ai tempi del bagnasciuga e poi nel dopoguerra, ma che è finito oggigiorno alla deriva.
Il sostantivo "annunzio" ha una sfumatura nobile che manca ad "annuncio". Lo stesso Gabriele Rapagnetta, se si fosse chiamato D'Annuncio invece di D'Annunzio (cognome dello zio nobile da cui Gabriele Rapagnetta,  futuro Vate, fu adottato), con questa “c” al posto della “z” avrebbe  perso molto. Ma se avesse conservato il cognome Rapagnetta, il nostro immaginifico eroe-poeta avrebbe conosciuto un destino plebeo. Dopo tutto “nomina sunt omina”.
Il termine medico "complicanza" è uscito dalla sala di rianimazione ed è usato anche fuori dell'ospedale anzi del “nosocomio”, al posto di "complicazione". "Risultanza" ormai insidia linguisticamente "risultato", giudicato troppo modesto. "Delibera", termine rapido, ha rimpiazzato "deliberazione". Lo studente ormai presenta una "giustifica" al posto della meno convincente "giustificazione". O forse non presenta più un bel nulla per “giustificare” la sua assenza, data la trionfale trasformazione in senso “democratico” della nostra sgangherata scuola.
Alcune parole sono rimaste solo nei documenti d'epoca, ad esempio “il legnatico", tassa che si pagava per il “diritto  di far legna nei boschi altrui”. Oggi ci rimangono comunque le legnate fiscali chiamate “stangate”.
Negli scritti che cercano di riprodurre il linguaggio di strada –  vedi i romanzi di Pasolini – le parole sono inevitabilmente volgari. E da bettola e volgare è il linguaggio, zeppo di  “ca…i”, di urla, e di “vaff…”, diffuso oggigiorno in Italia, anche in TV e nel caravanserraglio dei nostri politici superpagati, dediti alle ammucchiate e al trasformismo.




domenica 29 marzo 2020

Sull'uso di alcuni prefissi


Riproponiamo un nostro vecchio intervento sull'uso corretto di alcuni prefissi perché i "dispensatori di cultura linguistica" (leggi: mezzi di comunicazione di massa) continuano a "propinarceli" non rispettando le norme che li regolano.

 Siamo certi di non tediare i nostri gentili amici se spendiamo due parole sull’uso corretto di alcuni prefissi. Il prefisso, dunque, viene dal latino praefixus (messo prima), participio passato sostantivato del verbo praefigere (prefiggere).
    I grammatici chiamano prefisso quelle parole, solitamente avverbi o preposizioni, che si mettono prima, appunto, di un’altra parola per modificare il significato della parola stessa. I prefissi che più frequentemente ci capita di usare sono: dis-, neo-, maxi-, mini-. Vediamo, nell’ordine, il loro corretto impiego. 
   C’è da dire, innanzi tutto, che contrariamente a quanto ci propina la stampa, i prefissi debbono essere uniti alla parola che segue; non possono essere scritti staccati o, peggio, uniti alla parola con un trattino. Dis- (o de): questo prefisso viene usato, generalmente, per indicare un’idea di allontanamento, di privazione (de privativo: disattivare, rendere inattivo; disabituato, non più abituato); neo-: anche se alcuni autorevoli testi di grammatica lo classificano tra i prefissi non è propriamente tale e se ne fa un abuso, meglio lasciarlo alle parole della storia (neocapitalismo, neoghibellino); maxi- e mini- sono dei prefissi che servono per indicare, rispettivamente, la grandezza e la piccolezza, oltre il normale, di una determinata cosa. Anche di questi oggi se ne fa un uso indiscriminato; meglio relegarli al campo della moda. Ci sono tantissime altre espressioni che rendono l’idea della grandezza e della piccolezza. 
   Abbiamo volutamente tralasciato il prefisso con- perché ne abbiamo parlato svariate volte a proposito della contestatissima (ma correttissima) parola comproduzione (stupisce il constatare che il Treccani l'attesti come variante poco comune di coproduzione).
    Per concludere possiamo dire che chi nello scrivere non rispetta le norme che regolano l’uso dei prefissi prende una grandissima cantonata grammaticale. Quest’espressione trae origine — probabilmente — dai cantoni (angoli) delle case cui cozzavano i carri quando transitavano per le strade strette e contorte dei nostri pittoreschi paesini.


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Ci piacerebbe che i lessicografi rimettessero a lemma l'aggettivo aulico "renuente" che vale "chi nega con il capo". È tratto dal verbo latino "renuere", vietare, proibire, interdire e simili.


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"-ésimo" ed "-èsimo"

Suffisso con "doppia pronuncia". Con la "e" chiusa (é) per  designare, generalmente, movimenti religiosi, politici, letterari, artistici ecc.: umanesimo, cristianesimo; con la "e" aperta (è) per indicare un aggettivo numerale ordinale: quindicesimo, ventesimo, milionesimo, centesimo ecc.  Quest'ultimo caso, pero, è un po' controverso. DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia:

sabato 28 marzo 2020

Sgroi - 51 - Il "Dantedì": neologismo latinizzante o anglicizzante?


di Salvatore Claudio Sgroi


1. L'evento
È appena trascorsa la giornata del 25 marzo dedicata a Dante (Alighieri) 1265-1321, "padre della lingua italiana", a partire da quest'anno istituzionalmente decisa dal Governo, dietro proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, Dario Franceschini. Un'iniziativa nata grazie al giornalista e scrittore Paolo Di Stefano, che ha trovato pronta eco presso l'Accademia della Crusca, a partire dal presidente emerito Francesco Sabatini. La scelta del 25 marzo si giustifica col fatto che il 25 marzo 1300 aveva inizio il viaggio di Dante nell'aldilà della Commedia.

2. Il certificato di nascita di Dante-day e Dantedì
L'articolo di Paolo di Stefano del 3 febbraio 2018 a p. 21 sul "Corriere della Sera" segna per così dire l'atto di nascita, ovvero la data di prima attestazione, nonché il glottoplaste o onomaturgo, di Dante-day (e in seconda battuta) tra caporali di «Dantedì». Il titolo dell'articolo, di spalla, disposto su tre righe, recita infatti: "Un Dante-day / per festeggiare / il poeta nel 2021". Ed è preceduto da un sovratitolo: "La proposta".

Il giornalista ricorda iniziative di altri Stati che non mancano di onorare annualmente il proprio sommo scrittore nazionale, così James Joyce in Irlanda, festeggiato ogni 16 giugno (già dal 1950) col «Bloomsday», così Cervantes per la Spagna e Shakespeare per l'Inghilterra il 23 aprile, data della loro morte, o Fernando Pessoa per il Portogallo, ecc. Tenuto anche conto dell'influenza di Dante sulla letteratura mondiale, "non si capisce -- sottolinea P. Di Stefano -- perché le Società dantesche e le Accademie e i ministeri congiunti in vista del 2021 (anniversario di morte) non riescano a proporre, tra i mille festival inutili, una data di festa dantesca, un «Dantedì» che coinvolga le capitali europee e gli Istituti di cultura disseminati ovunque".

2.1. Neoformazione anglicizzante Dante-day
Alla luce di questi dati, il lessema Dante-day si configura in italiano come composto neologico ricalcato sull'inglese sia lessicalmente (per la scelta di -day) sia strutturalmente per l'ordine del determinante a sinistra (Dante) rispetto al determinato -day. Possiamo quindi definire questo composto non un prestito-importazione dall'inglese, ma una neoformazione italiana anglicizzante, che peraltro non è un occasionalismo.

I composti con -day in italiano hanno infatti una loro vitalità. Il De Mauro 2000 lemmatizza day come "s.m.inv. ES[otismo] ingl. 'giorno in cui si verifica un avvenimento o si celebra una ricorrenza'", datandolo 1993, derivante dall'ingl. day propr. 'giorno'. E soprattutto ricorda anche che "posposto a un sostantivo e preceduto da un trattino forma lessemi s.m.inv.", indicando esempi analoghi al nostro, ovvero neoformazioni italiane anglicizzanti quali compleanno-day, matrimonio-day, Giampaolo Rossi-day.

Analogamente lo Zingarelli 2019, lemmatizza "-day" definito in maniera più pertinente "secondo elemento", che "in parole composte, indica il giorno in cui si verifica un avvenimento o se ne celebra la ricorrenza, oppure una giornata particolarmente importante per la persona o il personaggio designato dal primo elemento", con due ess. non neoformazioni, ma importazioni-prestiti inglesi: D-day, Columbus-day. L'es. D-day è a sua volta lemmatizzato, come anglicismo, s.m. 'giorno dello sbarco delle forze armate americane e britanniche in Normandia (6 giugno 1944)' datato 1987, derivante dall'ingl. D-Day.

Anche il Devoto-Oli 2018-19 lemmatizza day in quanto "secondo elemento", "di parole composte o di locuzioni", indicante "il giorno in cui si verifica un avvenimento o se ne celebra la ricorrenza", con ess. quali D-day, election day, John Lennon day, "voce ingl., propr. 'giorno'", datato "prima del 1980". Il composto D-day è quindi lemmatizzato e datato 1987, in quanto "Voce ingl. comp. di d(ated) 'datato' e day 'giorno', con riferimento al ricordato sbarco in Normandia. E non diversamente election day s.m. 'giornata dedicata a più elezioni elettorali', datato 1992, "Voce ingl. comp. di election 'elezione' e day 'giorno'".

Nel riquadro intitolato "Per dirlo in italiano" (p. 748) lo stesso Devoto-Oli ricorda altri composti quali il family day, il no tax day, il v-day o vaffa day. E soprattutto si sofferma sui composti neologici dovuti al calco del modello inglese [Determinante-determinato] -- neoformazioni in italiano, non più importazioni tout court dall'inglese, si potrebbe dire per "un'induzione" di -day come confisso: "Il termine day è per lo più abbinato ad altre parole inglesi, ma negli ultimi tempi è sempre più spesso affiancato anche a parole italiane (il casa day, il firma day [il v-day o vaffa day], ecc.) a riprova di un suo profondo radicamento nella nostra lingua".

2.2. Produttività del costrutto anglicizzante "Nome italiano + -Day"
Una ulteriore conferma della produttività del costrutto "Nome italiano + -day" nell'arco di questi ultimi vent'anni è fornita dalle quattro raccolte di neologismi di G. Adamo- V. Della Valle: Neologismi 1998-2003 (Olschki 2003), 2006. Parole Nuove (Sperling & Kupfer 2006), Neologismi (Treccani-2009), Neologismi 2008-2018 (Treccani-2018).

In seguito alle importazioni-prestiti dell'inglese la creatività del costrutto "Nome italiano + -day" si rivela nelle neoformazioni anglicizzanti, con determinante italiano, per es. Barrichello Day 2001; -- Batistuta-day 2000; -- clic day 2007, 2008 'giornata dedicata all'invio telematico di richieste, soprattutto di nullaosta degli extracomunitari'; -- Codino-day 2002 'giornata in cui si festeggia Baggio, detto Codino'; -- Fiabaday s.m. 2003, 2004 'giornata di sensibilizzazione del Fondo Italiano per l'Abbattimento delle Barriere Architettoniche per i disabili'; -- Padania day 2001 (3 ess.) 2004; -- Papa-day, PapaDay m.inv. 'giornata in onore del Papa', es. "presenti nella giornata del 'Papa-day" 2000 (e 2008, 2011, 2017) in quanto non esistente in inglese definito "pseudoanglicismo"; -- referendum day 1999, 2001 (3 ess.); -- risparmiatori-day m. 2004 'giornata dei risparmiatori, del risparmio'; -- risparmio day 2004 "arriva il risparmio day"; -- Sofia-Day 2001; -- Stival day 2000 'giornata in cui i commercianti mettono gli stivaloni a Venezia per protestare contro i mancati interventi per fronteggiare l'acqua alta' ("pseudoanglicismo"); -- tangenziale day 2002; -- V-Day 'il giorno di Walter Veltroni, nominato segretario del PD' 2007 ("pseudoanglicismo"), con le varianti Veltroni Day 1996, 2001, 2007; e W-day 2007 ("pseudoanglicismo").

2.3. E Dantedì?
Se Dante-day, alla luce di quanto sopra, si configura come neoformazione anglicizzante lessicalmente (-day) e strutturalmente per l'ordine dei costituenti, -- la variante Dantedì continua a configurarsi come strutturalmente anglicizzante per l'ordine, come detto, dei costituenti, mentre il - si configura come traduzione dell'ingl. -day.

Il costrutto diventa così in superficie, quanto ai significanti, tutto italiano, ma strutturalmente resta anglicizzante. Difficilmente il composto Dantedì sarebbe peraltro nato senza la presenza di Dante-day, a sua volta reso possibile dall'entrata di non poche importazioni-prestiti in italiano di voci inglesi, quali D-Day 1987, shopping day 1990, open day 1992, election day 1996, boxing day 1998, euro day 1998 (e 2000, 2001: 3 ess.) 'giorno di entrata in circolazione dell'euro', Bingo-day 2001, e-day 2001 'election day', immigration-day 2001, 2002, no-tax day 2004, ecc.

2.3.1. Altri composti in -dì?
Una scorsa al lemmario del De Mauro permette ancora di accertare altri composti in -, tra cui, quelli qui pertinenti, i nomi della settimana: lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, con -col valore di 'giorno, dì'. s.m.inv. LE(tterario) 'giorno' (ess. ai miei dì, ai miei tempi, i dì andati), 2ª metà XIII sec., dal lat. dīe(m).

Tutti latinismi, risalenti al Due-Trecento, così nel De Mauro 2000:
Lunedì A(lto)U(so) 1282, "loc. lat. Lūnae dĭe(m) propr. 'giorno della Luna'".
Martedì s.m.inv. AU 1238, "loc. lat. Martis dĭe(m) 'giorno di Marte'".
Mercoledì s.m.inv. A(lta)D(isponibilità) av. 1348, "loc. lat. Mercŭrĭi dĭe(m) 'giorno di Mercurio'".
Giovedì s.m.inv. CO(mune) 1292, "loc. lat. Iōvis dĭe(m) 'giorno di Giove'".
Venerdì s.m.inv. AU av. 1348, "loc. lat. Vĕnĕris dĭe(m) 'giorno di Venere'".

L'opzione di Dantedì (2018) al posto di Dante-day presenta così la coincidenza strutturale -- ma non lo stimolo iniziale per la sua formazione -- con i cinque latinismi due-trecenteschi su citati, con la differenza non secondaria della opacità semantica per il parlante comune del -dì dei giorni della settimana rispetto al - 'ricorrenza' di Dantedì.

3. F. Sabatini fautore del Dantedì
In una intervista di E. Chiari del 23 marzo 2020 in Famiglia Cristiana alla domanda su com'era nata l'idea del Dantedì, Francesco Sabatini ha così risposto, rivendicando (si direbbe) la primogenitura del Dantedì rispetto a un altrui Dante-day:

«L’idea della giornata è di Paolo Di Stefano, giornalista del Corriere della sera. “Dantedì” mi è venuto conversando con lui: volevo un nome solo, originale, comprensibile a tutti e in grado di scalzare il dante-day che desideravo evitare: come martedì è il giorno di Marte, il 25 marzo sarà il giorno di Dante, che veneriamo come una “divinità” linguistica e culturale».

 In precedenza lo stesso Sabatini il 2 luglio 2019 in "Facebook. Accademia della Crusca", "Dantedì, parola vivace e veloce.... ", aveva così commentato il composto bypassando il contemporaneo Dante-day, per collegare Dantedì direttamente ai due-trecenteschi latinismi lunedì, ecc.:


"A qualcuno suonerà, a tutta prima, come una mascheratura di un’espressione anglicizzante con day. Non è così. Dantedì è nato (in una mia conversazione telefonica con Di Stefano) pensando ai nostri giorni della settimana — lunedì, martedì e quel che segue — intitolati a una divinità, o quasi".

Lo "scalzare" e l'"evitare" il dante-day, implica però riconoscerne la pre-esistenza rispetto a Dantedì, ovvero la 'conditio sine qua non' alla base dell'esistenza di Dantedì, che si configura inevitabilmente come traduzione lessicale (non strutturale, dato l'ordine dei due costituenti), di Dante-day, una traduzione in felice e casuale, sì, coincidenza (e solo coincidenza) con i composti due-trecenti latinismi, lunedì, ecc., la cui testa - è peraltro semanticamente oscura per i comuni italofoni.

3.1. R. Coluccia sulle orme del maestro
Lo storico della lingua Rosario Coluccia, allievo di F. Sabatini, si è a sua volta espresso sul problema linguistico, riprendendo l'analisi e le argomentazioni di Sabatini.
Da un lato ha ricordato la paternità dell'iniziativa:

"Il nome «Dantedì» è nato in una conversazione telefonica tra Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, e Paolo Di Stefano, il giornalista del «Corriere» che per primo ha lanciato la proposta" (Ecco il "Dantedì", il giorno in più per una Commedia, in "Quotidiano di Puglia", Domenica 15 Settembre 2019).

Dall'altro ha ribadito l'analisi di Sabatini, a favore del costrutto (in superficie) tutto italiano, ma rincarando, come dire, la dose sulla presenza del -day , in quanto "scimmiottamento" dell'inglese:

 "La neoconiazione ricalca il modello che nella nostra lingua ha dato origine ai nomi dei giorni della settimana (lunedì lunae dies, cioè ‘giorno della luna’; martedì martis dies, cioè 'giorno di Marte'; ecc.). E dunque «Dantedì», cioè ‘giorno di Dante’, evitando lo scimmiottamento dall’inglese che mettiamo in atto quando parliamo di election day, family day, ecc." (ibid.).

L'A. se l'è presa anche con un ulteriore neologismo, sembrerebbe occasionalismo, wind day ‘giorno del vento’, per il quale ha proposto quale traducente italiano, in nome della chiarezza, «giorno della reclusione forzata»:

"Ho letto con incredulità che a Taranto si sono inventati il wind day ‘giorno del vento’, per indicare che quando il vento soffia in maniera intensa i cittadini sono invitati e restare in casa e a tappare porte e finestre, per impedire che le polveri sottili di matrice industriale devastino polmoni e salute. Pura ipocrisia. Evitiamo, per favore, di edulcorare con il ricorso all’inglese fatti che dovrebbero essere crudamente qualificati nella loro tragicità, usando la lingua italiana compresa da tutti. Il wind day non è una festa, diciamo «giorno della reclusione forzata», sarà più chiaro".

3.1.1. Prestigio culturale e tecnologico, potere evocativo dell'inglese/angloamericano
Sulla presenza degli anglicismi in italiano come negare però il prestigio mondiale dell'inglese/anglo-americano esercitato sulle lingue del mondo?

Sul tema lo storico della lingua Riccardo Gualdo ha di recente ricordato che "il prestigio dell'inglese come lingua internazionale, veicolo di un modello culturale e tecnologico di successo, è fortissimo" (Anglicismi, 2020 p. 41). Che "Gli anglicismi seducono perché sono evocativi (dicono le stesse cose, ma in modo più efficace o più apprezzato dai parlanti)" (p 41), sottolineando la "potenza espressiva" dell'inglese" (p. 111).

Sul "prestigio" e il "potere evocativo" ha più volte insistito nel suo volume. Così a proposito di caps o bads: "forme facili da ricordare e semplici da pronunciare, oltre che evocative per il prestigio tecnologico degli angloamericanismi" (p. 108). Così riguardo a spread e bond: "In entrambi i casi spicca la funzione soprattutto evocativa della parola straniera, aiutata anche dalla brevità [...]" e spesso "da una oggettiva semplicità di pronuncia" (p. 109).

Gli anglicismi sono insomma ritenuti dei "doni" e un'occasione di "arricchimento" per l'italiano. Ci sono infatti "tanti diversi modi in cui l'inglese entra nel nostro vocabolario, modificandolo, arricchendolo, perché no?, e rimodellandolo" (p. 85).

3.2. C. Fucarino "sciovinismo linguistico" o neopurismo?
Ritornando al nostro composto, il calco di Dantedì su Dante-day (e non già, ribadiamo, su lunedì, ecc.) è peraltro vivo nella coscienza linguistica dei parlanti, come rivela la reazione di Carmelo Fucarino (su "La Voce di New York" 25 marzo 2020) in un intervento intitolato: "Dantedì, un’idea poetica dal suono un po’ “americano” ma che oggi ci serviva, eccome". L'A. riprende sì le argomentazioni di Sabatini, ma con un giudizio di "sciovinismo linguistico" certamente esagerato, al più neopuristiche, per quanto riguarda "il conio italiano" (di Dantedì) che riprende "il conio latino" rispetto al (per lui) "più moderno e raffinato Dante Day":

"Non allarmatevi, carissimi amici e fratelli di Italia. Non è il giorno nuovo di una settimana allungata, ma un segno di sciovinismo linguistico. Vuol semplicemente dare un conio italiano agli abusati “day” anglosassoni, da Columbus day e così via. Il prof. Francesco Sabatini, accademico della Crusca e ideatore della giornata in una telefonata con Paolo di Stefano ha voluto tradurre in lingua italiana il più moderno e raffinato Dante Day.

Sabatini precisa che vuol riprendere il conio latino lunae dies, martis dies, etc. Omaggio a Dante e al suo rimprovero a certi italiani del tempo, ma anche rifiuto di una 'mascheratura di un’espressione anglicizzante'. Era forse vietato trasferire queste coniazioni in sintassi latina al nostro volgare? D’altronde con un salto poetico gli sembra fonosimbolicamente più bello dire per indicare 'il giorno', 'la luce'".

4. Conclusione
Concludiamo, ribadendo il processo di formazione del nostro composto, che presuppone la sequenza delle seguenti fasi:

Fase-1) Prestiti-importazioni di composti inglesi, come D-Day 1987, shopping day 1990, open day 1992, election day 1996, boxing day 1998, euro day 1998, Bingo-day 2001, e-day 2001, immigration-day 2001, no-tax day 2004, ecc.

Fase-2) Neoformazioni anglicizzanti "Nome italiano + -Day" (per alcuni "pseudoanglicismi") ess. Veltroni Day 1996, referendum day 1999, Batistuta-day 2000, Papa-day, PapaDay 2000, Stival day 2000, Barrichello Day 2001, Padania day 2001, Sofia-Day 2001, W day 'Walter (Veltroni) day' 2001, Codino-day 2002, tangenziale day 2002, Fiabaday s.m. 2003, 2004, risparmiatori-day 2004, risparmio day 2004, clic day 2007, V-Day 'Veltroni day' 2007, W-day 'Walter Veltroni day' 2007, ecc.

Fase-3) Neoformazione anglicizzante "Nome italiano + -Day": Dante-day (3 febbraio 2018, P. Di Stefano).

Fase-4) Calco sulla neoformazione anglicizzante "Nome italiano + -Di": Dante-di, coincidente con latinismi due-trecenteschi, semanticamente opachi, lunedì ecc. (telef. di F. Sabatini ante ???, e 3 febbraio 2018, P. Di Stefano).

Un analogo composto a Dante-dì ma semanticamente più trasparente, è costituito infine da euro-giorno 2002 'giornata in cui si utilizza l'euro constatando l'aumento dei prezzi che ha provocato', rispetto a euro-day 2000 'giornata dell'euro, della presentazione ufficiale e data di entrata in circolazione della nuova moneta europea'.

Sommario
1. L'evento
2. Il certificato di nascita di Dante-day e Dantedì
2.1. Neoformazione anglicizzante Dante-day
2.2. Produttività del costrutto anglicizzante "Nome italiano + -Day"
2.3. E Dantedì?
3. F. Sabatini fautore del Dantedì
3.1. R. Coluccia sulle orme del maestro
3.1.1. Prestigio culturale e tecnologico, potere evocativo dell'inglese/angloamericano
3.2. C. Fucarino "sciovinismo linguistico" o neopurismo?
4. Conclusione














venerdì 27 marzo 2020

Sgroi - 50 - ANTIVIRUS prefiss. (o comp.?) in biol.-med. e in inform.

di Salvatore Claudio Sgroi

Abbiamo in precedenza analizzato la polisemia del termine virus in biologia-medicina e in informatica in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese. E la sua problematica etimologia, se endogena come neoformazione o esogena come importazione-prestito-dono.
Analoghe domande ci poniamo adesso per il termine complesso anti-virus, a cominciare dalla sua struttura morfologica, se prefissato o composto.

1. Anti- prefisso o "confisso"?
La maggior parte dei dizionari etichetta anti- 'contro' come prefisso, per es. antiuomo agg. in mina antiuomo; antinebbia agg. in fari antinebbia; antiscivolo agg., ecc.
I prefissi però non dovrebbero cambiare la categoria del lessema-base con cui si combinano. Invece antiuomo è agg. ma la base uomo è s.m., ecc.
Inoltre, i prefissati comportano la presenza della "testa" morfologica a destra, che risponde alla domanda "è un?", che manca invece nei presunti (o pseudo) prefissati con anti-, per es. scaricare, sfiducia, scortese, sragionare col prefisso negativo s-. La s/fiducia "è una" 'fiducia negata', ecc.
Invece in antiuomo il componente "uomo" non è la "testa" morfologica. L'antiuomo non è "un uomo", ma "qualcosa contro l'uomo". Tecnicamente, si tratta non di "prefissati", ma di "composti esocentrici", cioè senza testa morfologica, con la testa semantica fuori del lessema.
Sostenere che anti- è "eccezionalmente" un prefisso significa ricorrere alla nozione di "eccezione" che in una teoria è sempre un tallone d'Achille.
In realtà, la nozione di "confisso" inteso come elemento formativo isolabile in parole composte, dotato di un autonomo significato, di origine per lo più greca (ma anche latina), consente di uscire dall'impasse teorico/a. Nel caso di anti- si tratta quindi di  composti "esocentrici", ovvero senza "testa" morfologica, e non già di prefissati.

2. Antivirus: (i) biol.-med. e (ii) inform. 
Se virus presenta, come si è precedentemente visto, una duplice accezione in biol.-med. e in inform., sembra naturale aspettarsi la stessa variazione d'uso per il composto antivirus.

2.1. Antivirus biol.-med. in ingl. 1914, 1927
Il composto (non già, ripetiamo, derivato) antivirus s.m. è attestato in inglese nell'Oxford English Dictionary [OED] nell'accezione biol. fin dal 1914 e 1927:
1914: "an antivirus or antitoxin [...] destroyed or rendered inert the virus of the disease" (OED); -- 1927 H. Plotz tr. A. Besredka: "we will call this substance, 'antivirus' " (OED, che al riguardo precisa: "after German Anti-virus"), con etimo sincronico "anti- prefix [in realtà: confixe] + virus n.".

2.2. Antivirus biol.-med. in it. 1968
In italiano antivirus appare nel Lessico Universale Italiano (1968 vol. I): "comp. di virus e anti-", con il nome del (presunto) glottoplaste o onomaturgo: "Termine usato da A. Besredka per indicare una sostanza [...] immunitaria". Alexandre Michailovič Besredka è stato un biologo e immunologo ucraino naturalizzato francese 1870-1940. Ma in tale accez. biol. antivirus manca nel GRADIT e nella lessicografia storica (Grande Diz. della Lingua Ital. [GDLI] del Battaglia) e in quella etimologica (De Mauro-Mancini 2000; lemma assente del tutto in Nocentini-Parenti 2000).

2.3. Antivirus biol.-med. in fr. 1930
In francese antivirus sembra databile con A. Besredka Antivirusthérapie, Paris, Masson 1930. Ma il termine manca in tale accezione nel Trésor de la langue fr. [TLF], in Rey 1992, nel Petit Robert 2011 (che pure registrano virus biol. 1950).

2.4. Antivirus biol.-med. in sp. 1971
Invece in spagnolo antivirus sembra lessicograficamente più vitale: Pequeño Larousse ilustrado di Miguel de Toro y Gisbert - Ramón García-Pelayo y Gross (Buenos Aires, Ediciones Larousse Argentina) 1971: "Substancia que se presenta en los cultivos de microbios y que se opone al desarrollo  de los mismos"; -- Sánchez Aquilino 2001, Gran diccionario de uso del español actual [GDUEA]: antivirus Comp. adj.: "2. Med. 2001 Antivírico"; -- Larousse 20073: antivirus farmacia senza ess.; -- Salamanca 2006 antivírico o antivirus adj./s.m [med.] senza ess. di antivirus.
Accezione assente invece nel Dicc. de la lengua esp. della Real Academia Esp.[DRAE] 200122 e in DRAE 201423 (edición del Tricentenario, on line 2019).

2.5. Antivirus biol.-med. in port. 2004
In port. antivirus s.m. biol. è documentato nel diz. del portoghese europeo di Teixeira 2004 "1. agente que actua destruindo a acção de um vírus", con etimo sincronico "De anti + vírus", anti- essendo lemmatizzato come "prefixo" e non come 'confixo'. Il lemma manca invece nel diz. del portoghese atlantico di Aurelio (19751 e 20043).

2.6. Antivirus biol.-med. in ted. mancante
L'accezione biol.-med. manca, a differenza di quella inform., in ted., stando alla lessicografia (L. Giacoma-S. Kolb 20011, 20092). Nel Wahrig 1966, ried. 1986 (rist. 1991) il lemma è del tutto assente.

3. L'Antivirus (ii) inform. nelle varie lingue
L'accezione inform. di antivirus appare nelle varie lingue lessicograficamente più vitale, ovvero meglio documentata, secondo le lingue.

3.1. Antivirus inform. in ingl. 1988
In ingl. 1988 (OED): "anti-virus could be doubly reverse-enginered"; 1994: "file unerase, backup, antivirus, disk repair".

3.2. Antivirus inform. in it. 1990, 1992, 1994
In italiano antivirus inform. "der. [recte: composto] di anti- e virus; 1994 (Panorama)" nel GRADIT, nel De Mauro - Mancini 2000; a. 1992 in Sabatini-Coletti; 1990 in Zingarelli 2018-19 s.m. e agg. (inform.) con due ess. installare un a., programma a.; 1994 in Devoto-Oli 2018-19 "Der. [recte: composto] di anti-virus, col pref. [recte: confisso] anti-; 1994"; nel Battaglia-Sanguineti 2004 Suppl. "Inform." s.m., "anche con valore aggett." senza ess., con etimo ibrido: "Comp. dal gr. ´αντί 'contro' e da virus" (il virus inform. risalendo al 1990 Lurati).

3.3. Antivirus inform. in fr. 1989
In fr. anti-virus inform. è datato 1989 (P. Robert 2011), lo stesso anno  del sost. virus 1989 (P. Robert 2011).

3.4. Antivirus inform. in sp. 1988
Ricca la documentazione di antivirus inform. nella lessicografia spagnola: sp. (Informát) s.m. los antivirus 1988; -- adj.: programa antivirus 1997, filtros a. 2006 (Diccionario letterario di Seco-Andrés-Ramos (19991, 20112); -- DRAE 200122 (Inform.) adj. e in DRAE 201423 (edición del Tricentenario, on line 2019) senza ess. né etimo; -- GDUEA 2001: 1. Comp. adj., s/m "informático", un antivirus; -- Clave 1997, 20068: antivirus adj/s.m. con l'es. un programa antivirus, sinon. cazavirus.

3.5. Antivirus inform. in port. 2004
In port. antivirus s.m. "informática" "programa [...]"  è documentato nel diz. del portoghese europeo di Teixeira 2004 con etimo sincronico "De anti + vírus", anti- essendo lemmatizzato come "prefixo" e non come 'confixo'. Il lemma manca invece nel diz. del portoghese atlantico di Aurelio (19751 e 20043).

3.6. Antivirus inform. in ted. 2001
In ted. l'agg. Antivirus- "inform (programma)" e il composto Antivirusprogramm n. ("inform") appaiono come traducenti ted. del lemma ital. antivirus rispettivamente A. "agg inform" e B. 2 m. "inform", ne Il nuovo dizionario di Tedesco di L. Giacoma-S. Kolb 20011 = 20092 (Zanichelli) sez. It.-ted.
Nella sez. Ted.-it. appaiono i lemmi Antivirenprogramm "n. inform" col traducente it. "(programma m) antivirus m" e Antivirensoftware "f inform" col traducente it. "software m antivirus". Il termine è assente nel Wahrig.

4. Conclusione
Alla luce delle varie attestazioni il composto ingl. antivirus sembra aver stimolato l'analogo composto nelle lingue citate nell'accezione biol.-med. (ingl. 1914, 1927) e inform. (ingl. 1988).


Sommario
1. Anti- prefisso o "confisso"?
2. Antivirus: (i) biol.-med. e (ii) inform.
2.1. Antivirus biol.-med. in ingl. 1914, 1927
2.2. Antivirus biol.-med. in it. 1968
2.3. Antivirus biol.-med. in fr. 1930
2.4. Antivirus biol.-med. in sp. 1971
2.5. Antivirus biol.-med. in port. 2004
2.6. Antivirus biol.-med. in ted. mancante
3. L'Antivirus (ii) inform. nelle varie lingue
3.1. Antivirus inform. in ingl. 1988
3.2. Antivirus inform. in it. 1990, 1992, 1994
3.3. Antivirus inform. in fr. 1989
3.4. Antivirus inform. in sp. 1988
3.5. Antivirus inform. in port. 2004
3.6. Antivirus inform. in ted. 2001
4. Conclusione