Nel vasto universo della lingua italiana, esistono parole che, per una certa somiglianza sonora o grafica, vengono spesso confuse. È il caso di impellicciare e impiallacciare, due verbi che, sebbene apparentemente simili, appartengono a mondi completamente distinti: la sartoria e l’ebanisteria.
Questa favola, La bottega delle parole: impiallacciare e impellicciare, due mondi distinti, nasce per chiarire la differenza tra i due termini attraverso una narrazione coinvolgente. Seguendo le vicende di due apprendisti, Marcello e Guido, il lettore sarà guidato alla scoperta delle arti del legno e della stoffa, incontrando anche episodi storici legati a queste tecniche.
Una storia che intreccia maestria artigianale, etimologia e tradizione, per mostrare come la lingua sia un tessuto vivo, ricco di sfumature che meritano di essere esplorate.
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Nel cuore di un borgo senza tempo, dove l’aria profumava di legno appena levigato e di stoffe pregiate, si trovavano due botteghe leggendarie: una di Mastro Fiorenzo, maestro ebanista, e l’altra di Donna Beatrice, eccellente sarta. Questi maestri artigiani trasformavano materiali comuni in opere d’arte.
Un giorno, giunsero nel borgo due giovani apprendisti, Marcello e Guido. Il primo sognava di padroneggiare l’arte della falegnameria, il secondo desiderava imparare i segreti della sartoria. Si presentarono, quindi, dai rispettivi maestri. Dopo aver ascoltato le loro aspirazioni, i due artigiani decisero di metterli alla prova.
Quando Marcello entrò nella bottega di Mastro Fiorenzo rimase affascinato dall’ordine perfetto dei pezzi di legno, dalle venature dei materiali pregiati e dal suono delle pialle che sfioravano le superfici. Fiorenzo gli porse sottili fogli di legno e disse: Ragazzo, impiallaccia questo tavolo.
Marcello osservò attentamente il tavolo grezzo e mise in atto la tecnica del maestro: incollare con cura strati sottilissimi di legno pregiato per trasformare un mobile semplice in un pezzo elegante e raffinato.
Mentre il giovane lavorava, Mastro Fiorenzo gli raccontò un curioso episodio: Nel Rinascimento, gli ebanisti perfezionarono l’impiallacciatura per creare mobili dall’aspetto lussuoso senza dover usare legni pregiati in grande quantità. Sai che alcuni nobili sfoggiavano cassettoni impiallacciati in radica di noce che sembravano interamente fatti di legno nobile, ma in realtà avevano solo un sottile strato di essenza pregiata? Un trucco di maestria e convenienza!
Marcello comprese allora che impiallacciare significa rivestire un mobile con uno strato sottile di legno nobile, un metodo pratico e ingegnoso per conferire bellezza senza sprecare materiali rari.
Intanto, Guido si trovava nella sartoria di Donna Beatrice. Le stoffe variopinte erano impilate (sovrapposte) con cura, e dappertutto si udiva il ticchettio delle forbici che tagliavano tessuti preziosi. La maestra gli porse una giacca di lana e una soffice pelliccia e disse: Vuoi davvero imparare? Impelliccia questo capo.
Il giovane Guido prese ago e filo, cucendo con attenzione la pelliccia sulla giacca, rendendola calda e sontuosa.
Durante il lavoro, Donna Beatrice gli rivelò una storia affascinante: Sapevi che Caterina de’ Medici, regina di Francia, commissionava ai sarti fiorentini di impellicciare i suoi mantelli con zibellino e volpe argentata? Si dice che le dame di corte cercassero di imitarla, dando origine a una vera moda!
Guido restò colpito dal racconto. Capì che impellicciare significa rivestire un indumento con pelliccia per renderlo elegante e caldo, una tradizione antica usata da nobili e viaggiatori per proteggersi dal freddo con stile.
Alla fine della giornata, i due giovani apprendisti si ritrovarono nella piazza del borgo per confrontare le loro esperienze. Fiorenzo e Beatrice li osservarono con soddisfazione e dissero: Vedete, ragazzi: sebbene i due verbi possano sembrare simili, raccontano storie completamente diverse. 'Impellicciare' deriva dal latino ‘pellicia’, legato alla pelliccia stessa, mentre 'impiallacciare' viene da ‘piallaccio’, il sottile strato di legno usato per rivestire i mobili. Due arti, due mondi distinti!
I due annuirono, felici di aver appreso una lezione preziosa. Da quel giorno, il borgo accolse due nuovi talenti, pronti a onorare le arti che avevano scelto di padroneggiare, perché dietro ogni parola si cela un’arte unica: basta osservarla nel contesto giusto per scoprirne la sua vera essenza.
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