lunedì 28 febbraio 2022

Contentezza e contentatura


 Si presti attenzione ai due sostantivi del titolo perché hanno sfumature diverse, come si evince dal "Grande dizionario della lingua italiana" del Battaglia. La "contentezza" indica lo stato d'animo della persona contenta, soddisfatta, appagata e simili; la "contentatura" (sostantivo, per la verità, poco conosciuto e, quindi, poco adoperato) o "contentamento" è la disposizione dell'animo umano a dichiararsi  soddisfatto, appagato e simili. In parole terra terra, come usa dire, la contentezza si ha nella persona che è già appagata, soddisfatta; la contentatura, invece, "alberga" nella persona disposta a essere contenta, soddisfatta (ma non lo è ancora).

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La parola proposta da questo portale: amaseto. Si dice di persona digiuna, che non ha mangiato. Vocabolo aulico di provenienza greca essendo composto con "a privativo" e "masaomai" (mangiare).

 

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La lingua "biforcuta" della stampa

Guerra e propaganda

Kiev: i russi hanno colpito e distrutto il cargo Mriya, l'aereo più grande del mondo

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Inutile precisare che un aereo non può essere piú grande del mondo (ai 'massinforma', comunque, non entra in testa).













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domenica 27 febbraio 2022

Gli orchi e gli orci

 


Si presti attenzione a questi due sostantivi: orchi e orci. Il primo è il plurale di orco, che nella fantasia popolare rappresenta un mostro spaventoso; il secondo è il plurale di orcio, un grande vaso di terra cotta. Fino a qualche secolo fa era in uso anche il plurale femminile le orcia. Di orco (mostro) esiste anche il femminile - sebbene di uso raro - orchessa, con il relativo plurale orchesse, da non confondere con orca, un grosso cetaceo.

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Il pronome "che" e la virgola

Il "che" - come si sa (o si dovrebbe sapere) introduce le  proposizioni subordinate relative che, a loro volta, si dividono in "relative restrittive" e "relative esplicative". Le prime danno un' "informazione" indispensabile per precisare il significato della proposizione principale: non ho ancora restituito alla biblioteca il libro che avevo preso in prestito. In questo caso la virgola prima del che "interromperebbe"  il significato dell'antecedente (principale); le seconde, le esplicative, forniscono un'indicazione "in piú", non strettamente necessaria per il significato della principale: domani telefonerò a un mio amico, che è appena tornato a casa dall'ospedale. Riassumendo. Nelle relative restrittive la virgola prima del che non è necessaria; in quelle esplicative, al contrario, è necessaria, se non obbligatoria.

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La lingua "biforcuta" della stampa

GUSTO

Diffidate dalle imitazioni: ecco come riconoscere il vero pistacchio di Bronte

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Correttamente: diffidate delle imitazioni. Si diffida di qualcosa non da qualcosa. Si veda qui e qui.


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Ultima giornata di lavori: l'assise aperto dal saluto del sindaco di Kiev. Le parole di Nardella e tutti gli altri interventi

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Senza parole! Correttamente: le assise aperte. Qui e qui.










La recensione del prof. Salvatore Claudio Sgroi, docente emerito di linguistica generale presso l'università di Catania.


 


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)




sabato 26 febbraio 2022

La "ministressa"


S
iamo rimasti scioccati, e abbiamo avuto bisogno di un cardiotonico, quando abbiamo letto "ministressa" nel "Grande dizionario della lingua italiana" del Battaglia (consultabile in rete). Sarebbe veramente interessante conoscere il parere dell'Accademia della Crusca* e degli esperti della Treccani. Vediamo, in proposito, la "Nota d'uso" di 'Sapere.it' (De Agostini)
: Il femminile regolare di ministro è ministra, e così si può chiamare una donna che diriga un ministero. Alcuni preferiscono però chiamare anche una donna ministro, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze.

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* Questa, però, con nostra sorpresa ammette avvocatessa.

 

 

 

(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)

 

venerdì 25 febbraio 2022

L'ingenuo e l' 'apirologo'

 


Avreste mai immaginato, gentili amici, che il termine “ingenuo” – il cui significato è a tutti noto – in origine indicava il neonato “preso dal padre sulle sue ginocchia”? Come si è arrivati all’accezione di  “persona poco accorta”, “persona priva di malizia”? Vediamo assieme i vari passaggi risalendo, come sempre, alla lingua dei nostri padri: il latino. Ingenuo, dunque, è il latino “ingenuu(m)”, derivato di “genu” (ginocchio) e aveva il significato suddetto, valendo “riconosciuto autentico” (dal padre che lo aveva preso sulle sue ginocchia). Con il trascorrere del tempo il vocabolo fu inteso come formato da “in” e “genus” (casato, stirpe) mantenendo press’a poco il significato originario: “nato da stirpe interna” (non da schiavi o barbari) e, per tanto, “libero”, “nobile”. Passato in italiano, il termine, attraverso il significato di “schietto”, “genuino”, “libero nel parlare” ha acquisito l’accezione di “eccessivamente spontaneo” e, quindi, “poco accorto”, “senza malizia”. Ma le sorprese non sono finite. Prima che la parola approdasse in Italia (si fa per dire) anche in latino “ingenuus” era adoperato, talvolta, come sinonimo di “limitato”, “delicato”, “sprovveduto”, “debole” (di carattere). 

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Una pagella piena di quattri


Qualche sedicente linguista strabuzzerà gli occhi nel leggere che gli aggettivi numerali cardinali  “due”, “tre”, “quattro”, “cinque”, “sette” e “otto” se considerati sostantivi possono, in via familiare e scherzosa, avere una forma particolare plurale: dui, trei, quattri, cinqui, setti e otti. Un genitore che abbia voglia di scherzare sulla bocciatura del figlio potrà dire che quest’ultimo ha riportato una pagella piena di  “quattri” e di “trei” e nessuno, naturalmente, potrà tacciarlo di ignoranza linguistico-grammaticale. Sono di una ignoranza crassa, invece, coloro – e non sono pochi, anche tra le cosí dette grandi firme del giornalismo – che non accentano la  “e” nei numeri composti di “tre”: ventitré, ottantatré, cinquantatré e via dicendo.

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La parola proposta da questo portale e non a lemma nei vocabolari dell'uso: apirología. Sostantivo femminile di provenienza classica: parlare incessantemente, a ruota libera, in modo prolisso, enfatico e inconcludente. Alla lettera, "discorso senza limiti". È composto con le voci greche "alfa privativo", "peras" (limite) e "logos" (discorso). Chi ha l'abitudine di fare discorsi prolissi e inconcludenti si può  chiamare, dunque, apirologo.

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La lingua "biforcuta" della stampa

La curiosità

A Dubai inaugurato l’edificio più bello del mondo

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Quanto è bello il mondo?

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MODA E BEAUTY

Accordo prematrimoniale: cos'è e a cosa serve. La parola a due avvocatesse

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Non ci arrendiamo: avvocate!











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mercoledì 23 febbraio 2022

La Barbería e la... barbiería


 Si presti attenzione ai due termini del titolo, non sono uno variante dell'altro, come di primo acchito si è portati a ritenere. Hanno "origini etimologiche" e significati distinti. Il primo (barbería, meglio con la "B maiuscolata") designa un'area geografica comprendente Algeria, Tunisia, Marocco e prende il nome da "barbero" (o "berbero"), cosí denominato l'abitante "autoctono" delle regioni geografiche su menzionate. Il vocabolo sembra derivi dalla voce araba "al-Barbar" e questa dal greco, con il significato di "barbaro". Barbiería (con la "i"), tratta non da 'barba', ma da "barbiere" (ed ecco il motivo della "i", con il suffisso "-ería" con il quale si formano sostantivi femminili astratti per designare attività commerciali e luoghi dove si esercita un mestiere) indica, invece, la bottega del barbiere. Il vocabolo, però, è poco adoperato.

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Nomi con plurali diversi (causa di dubbi)

Spesso siamo assaliti da dubbi circa il plurale di alcune parole in quanto le stesse ne hanno due, e di genere diverso (si veda questo collegamento). Vediamo, ora, alcuni esempi (di parole con doppio plurale) nei quali è stato adoperato il plurale errato. In parentesi quello corretto: la ferita non si è rimarginata: ha ancora le labbra aperte (i labbri aperti); è passato un mese dall'incidente, ma ho ancora dolore alle calcagna (ai calcagni); quella signora ha i sopraccigli finti (le sopracciglia finte); quella bilancia ha le braccia storte (i bracci storti); le urla (gli urli*) della donna si sentivano in lontananza; dopo il terremoto sono stati rinforzati i fondamenti del palazzo (le fondamenta); sono state riverniciate tutte le mura dell'appartamento (i muri); il fiumiciattolo era fiancheggiato da due fila (fili) di alti alberi.

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* Grido e urlo si pluralizzano regolarmente se riferiti a una sola persona.


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La lingua "biforcuta" della stampa

Il caso

Taranto, maxi furto al cimitero San Brunone: rubati 300 portafiori

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Sí, ci ripetiamo. Correttamente: maxifurto. I prefissi e i prefissoidi si "attaccano" alla parola che segue.

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Potenza, venerdì si inaugura la sede della Dia Basilicata con ministro Lamorgese

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Correttamente: ministra (si tratta di una donna).

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Caro carburante: nel Tarantino autotrasportatori in sciopero. Atteso incontro con viceministro Bellanova

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Correttamente: viceministra (come sopra).


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La rete filo-russa dentro il governo

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Correttamente: filorussa. Qui e qui. Qualcuno dei nostri amici lettori scriverebbe "filo-antropo"?











La recensione del prof. Salvatore Claudio Sgroi, docente emerito di linguistica generale all'Università di Catania.





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lunedì 21 febbraio 2022

Riandare (io rianderò e io riandrò)


 Due parole sul verbo riandare formato con il prefisso ri-, indicante la ripetizione dell’azione, e con il verbo andare. Forse non tutti sanno che detto verbo può essere sia transitivo sia intransitivo e può seguire e la coniugazione regolare e quella irregolare (io rivado, io riando). Andare, dunque, appartiene alla schiera dei così detti verbi irregolari perché nel corso della coniugazione cambia il tema and in vad; il primo gli è proprio, nel senso che gli appartiene; il secondo è tratto dal verbo latino vadere e si coniuga con l’ausiliare essere.

Il futuro e il condizionale (andrò, andrei) sono le forme sincopate delle voci regolari anderò e anderei. Queste ultime non sono affatto errate – come sostengono alcune grammatiche – sebbene sia meglio lasciarle alla lingua parlata e alle composizioni poetiche.

Il verbo in oggetto, dicevamo, può essere transitivo e intransitivo, naturalmente secondo precise norme. È intransitivo e coniugato con la forma irregolare quando significa andare di nuovo, ritornare in un luogo: rivado a Parigi; sono riandato a Parigi. È transitivo e coniugato secondo la forma regolare (sempre il tema “and”) quando ha il significato di ripercorrere con la memoria, tornare con la mente sulle cose passate: gli anziani riandano, con il pensiero, i casi della loro vita.

E sempre a proposito del verbo (ri)andare, è bene fare alcune considerazioni al fine di adoperarlo sempre correttamente. Andare, dunque, significa, in senso generico, spostarsi, andare da un luogo a un altro e può voler dire, di volta in volta, camminare, recarsi, dirigersi e molto spesso è contrapposto a venire.

Bene, nei casi specifici, ci sembra più opportuno sotto il profilo prettamente linguistico-grammaticale adoperare il verbo... specifico in luogo del tuttofare andare. Diremo, quindi, che Giulia si è recata a scuola invece della forma poco ortodossa è andata. Così come diremo che Luigi è partito per Venezia in luogo della forma 'popolana' è andato. Ma questa, forse, è solo una nostra pedanteria.
È adoperato correttamente, invece, in alcune locuzioni particolari; anzi, in alcuni casi il verbo andare dà un tocco di classe ai nostri scritti. Andare per le lunghe, infatti, è meglio che procedere molto lentamente, indugiare troppo.

Concludendo: il verbo andare è indispensabile per la formazione dei così detti modi di dire come, per esempio, andare a genio, vale a dire soddisfare, piacere.


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 La lingua "biforcuta" della stampa

 UN MANIFESTO DEL COMITATO INVISIBILE

Quel ponte tra l’estrema sinistra e gli svitati cospirazionisti

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Confessiamo la nostra crassa ignoranza: non conoscevamo il termine "cospirazionista". Eravamo certi che esistesse solo cospiratore. I vocabolari in nostro possesso ignorano il vocabolo. 

 

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LA POSTA DEL PORTAFOGLIO

Mangiarsi l’inflazione a colazione. Consigli su come investire su caffè e succo d’arancia

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Correttamente: investire in. Si veda vocabolario Treccani (in rete) al punto 2.

 



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