domenica 30 giugno 2019

Battentare. Esiste? E se esiste che cosa significa?


Alle domande del titolo risponde Bruno Moretti sul sito dell'Accademia della Crusca.

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Confrontare – si costruisce con la preposizione con, non con a: confronterò il tuo lavoro con quello di Mario, non a quello.

Espletare – verbo da lasciare al linguaggio burocratico; diremo, correttamente, adempiere, finire e simili.

Evadere – si evade dal carcere, non una pratica o una corrispondenza per le quali useremo i verbi sbrigare, chiudere e simili.

Folclore – questa la grafia corretta, con la c, non con il k.

Prosieguo non proseguo, anche se in uso.

Quadrilingue - è un aggettivo. Nella forma plurale cambia la desinenza e in i: uomo quadrilingue al plurale sarà uomini quadrilingui.


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La lingua "biforcuta" della stampa
Il volo Bari-Madrid raddoppia: dal 1° luglio due collegamenti a settimana con Iberia
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Errato l'esponente a 1 perché il primo giorno del mese è  un numero ordinale (si legge, pertanto, primo).


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Fuga dal solleone, romani al mare per il fine settimana di San Pietro e Paolo

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Stando al titolo di questo giornale è santo solo Pietro. Correttamente: dei SS. Pietro e Paolo.


 
 

 


sabato 29 giugno 2019

Giovanni con Daniela erano in giardino

Di primo acchito il titolo sembra errato, ma...
 La norma generale stabilisce che il verbo concorda con il soggetto nel numero (singolare e plurale) e nella persona: io parlo; tu cammini; noi leggiamo; essi dormono. Se la proposizione ha due o piú soggetti il verbo si mette - stando alla norma generale - nella forma plurale: Giovanni e Carlo erano amici d'infanzia. C'è, tuttavia, una deroga alla norma generale, ossia il verbo può prendere tanto la forma singolare quanto quella plurale nei casi seguenti:
     a) quando il soggetto è rappresentato da un nome collettivo seguito da un complemento di specificazione: un gruppo di scolari partí  per una gita, ma anche partirono;
    b) quando i soggetti sono separati tra loro dalle congiunzioni disgiuntive "o", "oppure", "né": né la persuasione né la forza è bastata, ma anche sono bastate;
    c) quando i soggetti sono riuniti dalla preposizione "con": Giovanni con Daniela era in giardino, ma anche erano;
   d) quando i soggetti inanimati (non persone o animali, quindi) sono considerati un "tutt'uno", vale a dire quando esprimono un'unica idea: l'amore e la comprensione del padre fu determinante per l'educazione del figlio, ma anche furono (determinanti);
   e) quando i soggetti si intendono riferiti a uno stesso verbo: tuoni, fulmini e grandine si abbatté sul paese, ma anche - e in questo caso forse è meglio - abbatterono.
   Un'ultima notazione importante per non commettere errori. Quando i soggetti sono di genere diverso - non ce ne vogliano le gentili lettrici; eventualmente trascinino in tribunale la grammatica italiana per "sessismo" - il verbo si pone nella forma plurale maschile: Susanna, Pasquale e Caterina furono aspramente rimproverati dal capufficio. Se si tratta, però, di soggetti inanimati (cioè di "cose") il verbo può concordare con il soggetto piú vicino (accordo "per attrazione"): aerei e navi furono avvistate, ma anche avvistati.


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La lingua "biforcuta" della stampa

Mostra a Firenze promossa dal comune con Aboca. Riflettori accesi sul museo di santa maria novella
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Santa Maria Novella: "maiuscolate", ovviamente.
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Lo confermano fonti dell'enturage del noto conduttore. L'accordo raggiunto due settimane fa

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Usano parole "barbare" e le sbagliano pure. Correttamente: entourage.

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Un diciannovenne è stato arrestato dai carabinieri. L'auto è stata sequuestarta

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Campi Bisenzio, dal I° luglio al via il porta a porta in centro

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Doppio strafalcione. I numeri romani "rifiutano" l'esponente (I, non I°). Per le date si usano le cifre arabe: dal 1 luglio (non si scrive dall'1 perché si segue la pronuncia: primo).

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Gino Strada: “Prima gli italiani è l'idea di Hitler, la fortezza Europa è un idea sua”
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L'articolo indeterminativo femminile singolare non si apostrofa piú?

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Scontro sui conti, Rutte: "Italia non fa nulla". Salvini: "È ultimo che può parlare"
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Gli articoli  determinativi "il/ lo/ la" sono stati aboliti dalla Crusca?

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Cinquantatre cuccioli di cane stipati in sei gabbie pronti per essere venduti sul mercato nero.
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Tutti i composti di tre prendono l'accento: cinquantatré, dunque.




 

 



 

 
 

 
 


(Scaricabile, gratuitamente, dalla Rete)

giovedì 27 giugno 2019

Verbi, trapassato remoto e futuro anteriore: il loro uso corretto

Abbiamo notato che molte persone - nello scrivere (ma anche nel parlare) adoperano il passato remoto e il futuro semplice (due tempi dei verbi) quando sarebbero/sono necessari, invece - secondo la grammatica - il trapassato remoto e il futuro anteriore.
    Prima di vedere degli esempi errati - estrapolati dai giornali - ricordiamo, succintamente, che il trapassato remoto si usa per indicare un'azione, un fatto interamente compiuto nel passato prima di quello espresso con il passato remoto (appena ebbe ricevuto la telefonata corse dall'amico ammalato); con il futuro anteriore si indica un'azione che si dovrà compiere nel futuro prima di un'altra anch'essa futura (quando avrò finito di cenare andrò al cinema). Vediamo, ora, qualche esempio in cui sono adoperati il passato remoto e il futuro semplice in luogo dei tempi corretti: trapassato remoto e futuro anteriore. In parentesi il tempo corretto.
   Ci fu un pauroso nubifragio e appena cadde (fu caduto) il fulmine si vide il pagliaio in fiamme; quando, dalla finestra, assistette (ebbe assistito) all'incidente chiamò subito i soccorsi; appena il presidente annunciò (ebbe annunciato) il risultato della votazione ci fu un gran boato; mi raccomando, Carlo, quando arriverai (sarai arrivato) a destinazione mi telefonerai; appena riceverò (avrò ricevuto) il pacco ti darò conferma; non lo saprete che quando lo riterrò (avrò ritenuto) opportuno. E ci fermiamo qui, per non tediarvi oltre misura, come è nostro costume.

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La lingua "biforcuta" della stampa

Torna in Montagnola
 "A piedi nudi nel prato"
 i film sino all'1 agosto
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Correttamente: sino al 1 agosto. Il perché lo spiega la Crusca:

Le indicazioni comprendenti anche mese e giorno sono introdotte modernamente da un articolo maschile singolare: «il 20 settembre 1870»". Per estensione, si può aggiungere che, nel caso di una data come 11/10/1989, l'articolo che vi si anteporrà sarà l' (seguendo la pronuncia della data: l'undiciottobre millenovecentoottantanove); stessa regola vale per le date che iniziano con 1: anche per queste, si considera il modo in cui tali date vengono pronunciate e quindi si scriverà il 1/2/2003 (cioè il primo febbraio duemilatré). Infatti, come specifica Serianni, "Per i giorni del mese si usa l'ordinale per il giorno iniziale [...], ma il cardinale per i giorni successivi, siano o non siano accompagnati dal giorno del mese [...]."

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Un estate di mostre, concerti e cinema a Palazzo Ducale
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Nessun commento

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Un antropologa forense avrà il compito di eseguire accertamenti tecnici medico legali accessori. La fine del giovane militare, dopo 20 anni, resta ancora avvolta nel mistero
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Anche qui senza commento

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Si schianta contro un'auto, scooterista muore sulla provinciale di Novi Ligure
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Scooterista è una parola "ibrida", molto meglio scuterista (grafia italiana), come suggerisce il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia:

 




martedì 25 giugno 2019

Sgroi - 24 - Renzi, il neo-standard e il congiuntivo

di Salvatore Claudio Sgroi *

1. L'evento
          Matteo Renzi il 19 scorso è intervenuto  nei social con il seguente post:
        "È allucinante che mentre Draghi aiuta l'Europa a competere con americani e cinesi <,> Salvini si schiera con Trump, che attacca Draghi".
          Il neo-europarlamentare del M5S, Dino Giarrusso, ha ritenuto di dover bacchettare il suo avversario politico, correggendolo per un (del tutto presunto) errore: “ 'si schieri', semmai. Nemmeno il congiuntivo sai usare, mamma mia…”.

 2. L'indicativo pro congiuntivo dell'italiano neo-standard
           I lettori di questo blog sanno bene (ce ne siamo occupati più volte qui, oltre che in sedi più accademiche) che l'indicativo al posto del congiuntivo è un tratto caratteristico della lingua nazionale, parlata e scritta, ovvero del cosiddetto "neo-standard" (o italiano "medio"). E non già da oggi, trattandosi di un uso plurisecolare, risalente a Dante e costante in tutta la storia della lingua italiana. Un uso che è stato peraltro codificato a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso (in primo luogo dall'emerito presidente della Crusca Francesco Sabatini).

 3. I pro e i contro
          Ma, come si sa, nella lotta politica ogni arma è buona e i fatti linguistici (come quelli religiosi) sono sempre a portata di mano per essere branditi, spesso alla cieca, senza alcuna cognizione di causa.
          Se non è mancato nei social chi ha dato ragione al pentastellato ("bravo Giarrusso. ha tutta la mia solidarietà e la mia ammirazione"; "Renzi ha tweettato un errore grosso come una casa. Bravo Giarrusso, male tutti gli altri."), non è neppure mancato chi ha -- sobriamente -- fatto osservare che "la versione con il congiuntivo è sicuramente più forbita, anche se la prima è ormai invalsa, soprattutto a livello colloquiale". E mentre anche GrammarnaziIT ha riconosciuto che "sono corrette entrambe le forme", c'è chi ha argomentato rinviando pertinentemente all'Enciclopedia dell'italiano della Treccani (2011), nella fattispecie all'art. di S. Telve.
          A ulteriore conferma di quanto sopra possiamo anche citare un es. del 2013 strutturalmente identico a quello di Renzi, disponibile in Google:
          "Antonio Giangrande - 2013 - Ad oggi continuano ad essere Commissari d'esame gli stessi Magistrati e i Professori Universitari, ma è allucinante che, nelle nuove Commissioni d'esame, fanno parte ex Consiglieri dell'Ordine degli Avvocati, già collusi in questo stato di cose quando erano in carica" (Messina e la Sicilia: Quello che non si osa dire, p. 158).

 4. "Grammatica dell'adiacenza" e Italiano neo-standard
           Per capire più a fondo la grammatica neostandard del post renziano, può essere utile analizzare la variante col congiuntivo preteso dai suoi detrattori:

          "È allucinante CHE mentre Draghi AIUT-A l'Europa a competere con americani e cinesi<,> Salvini SI SCHIER-I con Trump, che ATTACC-A Draghi".
          Dove va innanzi tutto rilevato che l'agognato congiuntivo SI
         SCHIER-I è notevolmente lontano dalla congiunzione CHE da cui dipende, per via della avversativa con l'infinitiva incassate.
       E incastrato com'è tra l'indic. AIUT-A e l'indic. ATTACC-A, il potenziale congiuntivo SI SCHIER-I -- per via della "grammatica dell'adiacenza" -- si è spostato invece sul versante dell'indicativo neo-standard SI SCHIER-A, in  perfetta simmetria modale. 
       Da rilevare altresì, in termini pragmatici, la presenza della virgola di chiusura dopo l'infinitiva, apparentemente anomala, ma che serve a potenziare tutta la prima parte del periodo, focalizzato sull'idea di ALLUCINANTE, centrale nel post di Renzi, dinanzi al comportamento politico di Salvini.

5. Pervicacità del pentastellato
          Il pentastellato però anziché rendersi conto della sua reazione priva di ogni serio fondamento ha contestato la pertinenza della Enciclopedia dell'italiano della Treccani, aggrappandosi sugli specchi del volumetto Viva il congiuntivo dei "docenti universitari"  Giuseppe Patota e Valeria Della Valle (come se i circa 200 collaboratori dell'Enciclopedia dell'italiano non fossero anch'essi docenti universitari), senza rendersi conto che il volumetto del tandem Patota-Della Valle si caratterizza per essere (neo)purista, anziché no.
       Ed ha candidamente confessato il suo retroterra culturale: "È una regola grammaticale che si studia alle medie, se ben ricordo: una subordinata soggettiva introdotta da un’espressione impersonale...". Fin troppo facile sarebbe esortarlo ad aggiornare i suoi studi, anche per contestare il giudizio di chi ha sostenuto che "Giarrusso è un somaro presuntuoso, esattamente come i suoi sostenitori".

 6. La "strategia dell'evitamento"
           Scorrendo le reazioni nei social è altresì istruttiva  la reazione di chi, ritenendo errata la presenza dell'indicativo, ha fatto ricorso alla "strategia dell'evitamento", ristrutturando il periodo complesso di Renzi in 2 periodi. Per l'autore (Udovicich) infatti "Bastava mettere un punto e togliere quel 'che' decisamente di troppo". E scrivere:
         «È allucinante. Mentre Draghi aiuta l’Europa a competere con americani e cinesi, Salvini si schiera con Trump, che attacca Draghi.»

7. Fonti inattendibili
          Tra i quotidiani on line che hanno voluto dare notizia della trovata (o uscita) di Giarrusso non è mancato chi come la Redazione del giornale La Sicilia ha preso abbagli su tutta la linea, confondendo il "mancato congiuntivo" di Renzi con un "congiuntivo di troppo" e ancor peggio scambiando il "modo" (indicativo) col "tempo", scrivendo:
         "Dino Giarrusso e quel congiuntivo di troppo [!]: 'Ecco perchè Renzi ha sbagliato' 22/06/2019 - 17:25 di Redazione Il neo europarlamentare del M5S su Twitter corregge il tempo [!] di un verbo all'ex segretario nazionale del Pd..".

 8. Conclusione
          Possiamo chiudere infine col post di Luca Passani, che sobriamente ha ricordato:
         "L'indicativo al posto del congiuntivo è un uso informale, dell'italiano medio o neo-standard per niente errato, che risale a Dante, costante in tutta la storia della lingua italiana. sdoganato dai grammatici, da quasi 40anni a questa parte".

* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania

lunedì 24 giugno 2019

La preposizione "di": il suo uso corretto

La preposizione "di", semplice o articolata, è correttamente adoperata quando introduce i seguenti complementi o espansioni: predicativo del soggetto;  predicativo dell'oggetto; specificazione; fine o scopo; causa; causa efficiente; agente; i complementi di luogo; tempo continuato; qualità; colpa; limitazione; separazione o allontanamento; materia. Nei casi in cui non è presente una di queste espansioni l'uso della preposizione "di" è errato.
    Tralasciamo gli esempi dei predetti complementi e occupiamoci dei casi in cui l'uso è errato e la suddetta preposizione deve essere sostituita con un'altra che fa alla bisogna. Vediamo, dunque, qualche esempio attingendo dai vari organi d'informazione, in parentesi la preposizione corretta. 
   Stia tranquillo, commendatore, si farà il possibile di (per) accontentarla; voglia onorarci, cavaliere, della (con la) sua presenza; durante la cerimonia tutti hanno recitato le preghiere dei (per i) morti; l'imputato si è guardato bene di (dal) rispondere avvalendosi della facoltà prevista dalla legge; gli astanti, a quelle parole, non poterono trattenersi di (dall') applaudire l'oratore; siate tanto gentili di (da) non farmi perdere del tempo prezioso; in seguito della (alla) sua telefonata il giovane ritrattò tutto.
   Potremmo continuare, ma non vogliamo annoiarvi oltre misura.

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Ancora sulla lingua "biforcuta" degli operatori dell'informazione

Scossa di terremoto di magnitudo 3,7 a Colonna, vicino Roma. Non si registrano danni
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La stampa continua, "imperterrita", a ignorare il buon uso della lingua italiana. Non ci stancheremo mai di ripetere che "vicino" si costruisce con la preposizione "a". Vicino a Roma, dunque. Ci sarebbe da "ridire" anche sull'uso del verbo registrare adoperato, in questo caso, impropriamente, per non dire erroneamente.

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La sciarpa dell'artista giapponese

finisce in faccia alla regina


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A nostro modo di vedere il titolo corretto avrebbe dovuto recitare: «... finisce sulla faccia della regina». Perché? Perché si tratta di un complemento di luogo e in questo caso la preposizione "su/sulla" ci sembra piú appropriata. Dove finisce la sciarpa dell'artista? Sulla faccia…

       
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Appello alla Corte europea per i diritti dell'uomo che ha sua volta ha rivolto una richiesta di chiarimenti al Viminale. Ma la situazione per rimane di stallo
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Non commentiamo

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Riace ha un sindaco fuorilegge: il leghista Trifoli era ineleggibile
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Un delinquente, un bandito eletto sindaco? Allucinante. Forse i titolisti intendevano "un sindaco 'fuori (della) legge' ", in grafia scissa.

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Lo scatto al confine tra Messico e Usa dove i due salvadoregni stavano tentando di entrare
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Salvadoregno non è errato, ma è preferibile "salvadoriano". Da Salvador con l'aggiunta del suffisso "-iano" (che indica appartenenza).

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Temperature meno roventi al Sud con l'eccezione del casertano
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Casertano, con la "c" maiuscola trattandosi di un'area geografica.





domenica 23 giugno 2019

Sgroi - 23 - Gli usi dei parlanti e la pseudo-teoria del "sessismo" linguistico

di Salvatore Claudio Sgroi *

 0. L'evento
           La lettura di un anonimo trafiletto del domenicale del "Sole 24 Ore" del 16 scorso giugno (p. 24) intitolato "Giovanna Iannantuoni alla guida di Milano Bicocca" può essere l'occasione per analizzare la strategia del parlante nell'uso dei titoli riguardanti le donne.

 1. Caso 1. Ordinario s.m. "promiscuo" 'docente, uomo o donna, di prima fascia' vs Ordinaria s.f.
           Nella frase n.1 "L'ordinario di economia politica Giovanna Iannantuoni è stata eletta rettrice all'università Milano  Bicocca" la scelta del costrutto con "apposizione + nome proprio" ("L'ordinario Giovanna I.") indica la funzione ovvero 'la professione di docente di I fascia') ordinario come termine unigenere (sost. masch.) con duplice referente uomo-donna, l'informazione del sesso dell'ordinario essendo qui indicata dal prenome femminile (Giovanna).
          L'alternativa possibile (1.b) "L'ordinariA di economia politica Giovanna Iannantuoni" con ordinari-A s.f., "nome mobile" con esplicitazione iniziale del sesso avrebbe ribadito ridondantemente tale informazione, data la presenza del prenome femminile.

 2. Caso 2. " eletta rettrice" vs "eletta rettore"
          La parte finale della frase n. 1 "eletta rettrice" col s.f. rettrice, nome mobile, indica invece a un tempo ruolo e sesso.
           L'alternativa (2.a) "eletta rettore" s.m. promiscuo, ambi-sessuale, avrebbe privilegiato il ruolo, ed era giustificata in quanto si era già segnalato il sesso del neo-eletto.

 3. Il composto "donna rettore" e rettrice
           Nel successivo enunciato (3) "È la settima donna rettore in Italia" la presenza del composto libero con due "teste" morfologiche -- donna rettore -- ribadisce le due informazioni: nell'ordine prima sul sesso ("donna") e poi sul ruolo ("rettore").
           La possibile alternativa (3.a) rettrice s.f. (nome mobile) avrebbe cumulato in un solo termine le due informazioni (sesso e ruolo).

 4. Il composto rettore donna
           Nell'enunciato finale (4) "Gli altri atenei guidati da un rettore donna sono..." si caratterizza per una ulteriore variante: il composto libero "rettore donna", con al 1° posto il ruolo ("rettore") seguito dall'indicazione del sesso ("donna"), anche per evitare la ripetizione del precedente composto libero.
            La scelta della variante (4.a) "guidati da una rettrice" avrebbe comportato un solo lessema con cumulo delle due informazioni (sesso e ruolo).

 5. Morale della favola
          Il parlante aveva a disposizione due termini:
          1) Rettore1 s.m., promiscuo, ambi-sessuale, con referenti sia maschi che donne;
          2) Rettrice s.f., nome mobile ('donna') vs Rettore2 s.m. ('maschio').
          La (pseudo)teoria sessista della lingua avrebbe proibito l'uso di 1) rettore1 s.m., ambi-sessuale, perché a suo dire, rettore 2 s.m. deve designare soltanto un referente maschio, ed avrebbe imposto l'uso di rettrice s.f. e referenzialmente donna.
           Invece il parlante ha duttilmente utilizzato i termini messi a disposizione dalla lingua, non solo rettrice, ma non ha rinunciato all'ambi-sessuale rettore disambiguato grazie alla combinazione con donna in 1° e 2° posto.
          Quanto a Ordinario1 s.m. ha scelto invece il s.m., pur ambi-sessuale, scartando l'uso del femm. ordinaria s.f. (nome mobile), magari imposto dalla teoria sessista, disambiguato com'era dalla presenza del prenome femminile (Giovanna) con referente appunto donna.

 6. Rettore, Rettrice e Ordinario nella lessicografia
           Ma qual'è l'immagine degli usi reali dei parlanti riflessa nella lessicografia? Queste le possibili distinzioni semantiche al riguardo:
           Rettore1 s.m. (ruolo) e ambi-sessuale, nome "promiscuo" indicante cioè uomo e donna, e Rettore2 s.m. nome "mobile" uni-sessuato con referente cioè uomo vs Rettrice s.f., nome "mobile" indicante ruolo e sesso (donna).

 6.1. La rettrice non esiste proprio (Zingarelli 2018)
           Lo Zingarelli 2018 definisce rettore1 s.m. 'chi dirige un convitto, una comunità, una università e sim. il r. di un collegio; il Magnifico rettore dell'università di Bologna", senza menzionare lì il femm. rettrice, e tanto meno come lemma.
           Invece per ordinario2 segnala "s.m. (f. -ia) professore di ruolo: è diventato o. in un liceo; l'o. di medicina legale", con ordinaria forma flessa, derivata dal masch., e non promossa a lemma autonomo.

 6.2. Rettrice sì in subordine
           Per il De Mauro 2000 rettore1(-2) è "s.m. CO[mune] TS [Termine Specialistico] scol. la più alta autorità di un'università, eletta dai docenti e da rappresentanti di altre componenti della vita universitaria (...)", con gli ess. il rettore dell'Università di Torino, il Magnifico R. Senz'alcun cenno al sesso maschio/femmina.
           Si lemmatizza sì Rettrice s.f. con rinvio a rettore, ma senza fornire alcun chiarimento semantico, se non dando per scontato "s.f. = referente donna".
           Per Ordinario1 si precisa "s.m. TS scol. professore ordinario" ma nessun cenno al s.f. ordinaria.

           Il Treccani-Simone 2005-2009 invece lemmatizza rettore-1-2 s.m. e ambi-sessuale, promiscuo, con referente cioè uomo/donna: "anche in riferimento a donna". E aggiunge "f., non com., rettrice", che non è però lemmatizzato.
       Analogamente per ordinario1-2 "s.m. (educ., prof.) Professore ordinario (...) anche con riferimento a donna (meno frequente f. -a)", non lemmatizzato; quindi sia unigenere ambisessuale che nome mobile.

 Il Sabatini-Coletti 2007 definisce rettore1-2 s.m. "(anche con riferimento a donna; non comune f. -trice), ma senza lemmatizzare rettrice.
            Il lemma ordinario2 "s.m. (f. -ria) Nell'università, professore cattedratico: o. di filosofia".

 6.3. Rettrice versus Rettore2
           Il Garzanti-Patota 2013 lemmatizza come "nome mobile" rettore2 "n.m. [f. -trice]", ma aggiunge una lunga "Nota" in cui da un lato ribadisce che "il femminile regolare di rettore2 ["nome mobile] è rettrice, e così si può chiamare una donna che ricopra il ruolo di rettore", quindi non si esclude rettore1 come nome "promiscuo". Dall'altro osserva che "Alcuni preferiscono però chiamare anche una donna rettore1, al maschile [cioè 'nome promiscuo']. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche ma sociologiche, e che comunque può creare nel discorso, qualche problema per le concordanze", per es. [aggiungiamo noi] "il rettore è incinto" o "il rettore è incinta"?
           Quanto a ordinario2: "n.m. [f. -ia, pl. -rie] forma abbreviata [recte: sostantivizzazione o conversione] di professore ordinario: ordinario di storia moderna".

 Anche il Devoto-Oli 2018 registra sinteticamente rettore2 "s., agg. (f. -trice)", ma rimanda a un box di "Questione di stile" (p. 1821), in cui si sofferma:
          (i) su Rettore1 s.m. "promiscuo": "spesso si usa il maschile anche quando ci si riferisce a una donna, specialmente nella denominazione Magnifico rettore". E si sottolinea che "Talvolta sono le stesse donne, elette alla guida di un ateneo, a preferire la forma rettore1 in quanto il maschile designa il ruolo istituzionale indipendentemente dal sesso di chi lo esercita";
           (ii) sui composti liberi: "Meno comuni sono le espressioni rettore donna e donna rettore, che sottolineano l'eccezionalità di una presenza femminile in cariche tradizionalmente maschili" (come nell'art. da cui abbiamo preso le mosse).
          (iii) In conseguenza di ciò "la formazione del femminile è inevitabilmente soggetta a oscillazioni" e che "Nonostante permanga una certa resistenza [...], il femminile rettrice tende oggi ad affermarsi per la crescente presenza delle donne ai vertici delle università e per la sempre maggiore sensibilità verso un uso del linguaggio non discriminante nei confronti delle donne".
          Quanto a ordinario2, si registra il "s.m. (f. -a) scol. Professore ordinario".

 7. La ricerca può continuare... E pro-rettore/pro-rettrice?
           E ci fermiamo qui con la rassegna lessicografica. Il lettore potrà ulteriormente continuare nell'analisi del rapporto tra usi reali dei parlanti e realtà (semplificata) dei dizionari. E sbizzarrirsi naturalmente con Google.
            O anche estendere la ricerca al composto pro-rettore/pro-rettrice, ancora più complesso nella designazione dei valori referenziali.

  
* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania

venerdì 21 giugno 2019

Sgroi - 22 - «Adibire»: Ma chi lo usa? E con quale significato?

di Salvatore Claudio Sgroi *

1. L'evento linguistico
          Nell'e-mail di un creativo dello scorso maggio ho potuto leggere la seguente frase:

 (1) "Quelle grafie [...] non conviene adibirle né agli scriventi colti [...] né ai ragazzi delle scuole".

 1.1. Interpretazione n. 1
           La presenza, per me insolita, di adibire in tale contesto mi ha suggerito di interpretare adibire col significato di 'esibire'. Il verbo Adibire reggendo sintatticamente il tradizionale, contiguo, duplice complemento di termine ("agli scriventi colti", "ai ragazzi"):

 (1.a) "Quelle grafie [...] non conviene ADIBIRLE AGLI SCRIVENTI COLTI [...] NÉ AI RAGAZZI ".

 
Alla base di questa interpretazione ha agito la grammatica dell'adiacenza (o vicinanza), ovvero della contiguità sintagmatica: "adibire agli scriventi colti, ai ragazzi".

Il verbo principale non conviene è a sua volta "v.intr. (essere) FO impers., essere opportuno, necessario" (De Mauro 2000) e regge l'infinitiva soggettiva, ovvero l'infinito ADIBIRLE, l'Agente (semanticamente 'chi fa l'azione') di adibire essendo impersonale/indefinito.

Volendo invece esplicitare il Soggetto ("quelle grafie", che concorda col predicato) si potrebbe anche dire col si passivante:

(i.b) "Quelle grafie non conviene che si adibiscano ['si esibiscano'] agli scriventi colti",

o anche in forma tout court passiva:

(i.c) "Quelle grafie non conviene che vengano adibite ['esibite'] agli scriventi colti".

Si noterà, en passant, lo stridore stilistico tra la dislocazione a sinistra ("Quelle grafie") tipica dell'italiano neo-standard, parlato, con la presenza dell'insolito, raro, quasi idiolettale adibire, non a caso assente, come si vedrà, nella lessicografia contemporanea non solo mono-volume, ma plurivolume (L.U.I., Treccani-Duro, Treccani on line, GRADIT).

 
1.2. Interpretazione n. 2
         Ma la frase è suscettibile di un'altra possibile interpretazione, anzi per chi l'ha prodotta ha solo quest'altra interpretazione, con adibire nel significato, invero non comune, quasi peregrino, come detto, di 'usare':

 (2.a) "Quelle grafie [...] NON CONVIENE adibirle ['usarle']AGLI SCRIVENTI COLTI [...] NÉ AI RAGAZZI DELLE SCUOLE".

 
E quindi col compl. di termine (AGLI SCRIVENTI COLTI, AI RAGAZZI) dipendente non dal verbo adibire, ma da NON CONVIENE.

 
Il verbo principale CONVIENE è a sua volta "v.intr. (essere) FO impers., essere opportuno" (De Mauro 2000) e regge l'infinitiva soggettiva incassata, ovvero l'infinito adibirle, l'Agente ('chi fa l'azione') essendo "gli scriventi colti". Ovvero:

(2.b) "Quelle grafie [...] non conviene che gli scriventi colti [...] né i ragazzi le adibiscano"

 dove "gli scriventi" sono a un tempo semanticamente "Agente" e sintatticamente "Soggetto".

Nella frase passiva il Soggetto diventando invece "Quelle grafie":

(2.c) "Quelle grafie [...] non conviene che vengano adibite ['usate'] dagli scriventi colti [...] né dai ragazzi".

 2. Ambiguità semantico-sintattica di adibire
         Data la possibilità delle due interpretazioni, la frase (1) risulta invero ambigua. La prima interpretazione è favorita sintatticamente, come detto, dalla contiguità sintagmatica di "ADIBIRE ['esibire'] AGLI SCRIVENTI COLTI/AI RAGAZZI", rispetto alla seconda svantaggiata sia sintatticamente dalla distanza tra i due costituenti ("NON CONVIENE [adibirle] AGLI SCRIVENTI COLTI/AI RAGAZZI" e sia semanticamente dal significato raro e peregrino di adibire 'usare'.

 2.1. Mancato enunciato univoco con usare
         L'enunciato (1) in oggetto sarebbe invero risultato univoco, privo di ambiguità, se l'autore avesse adoperato il verbo usare, voce "FO[ondamentale]" del vocabolario di base dell'italiano (De Mauro 2000) anziché adibire:

 
(3) "QUELLE GRAFIE NON CONVIENE usarle AGLI SCRIVENTI COLTIAI RAGAZZI DELLE SCUOLE",

 in cui il compl. di termine ("agli scriventi colti/ai ragazzi") era in maniera inequivoca dipendente da "non conviene", malgrado la non stretta contiguità sintagmatica tra i due costituenti, per via dell'incassata infinitiva (usarle).


3. "Adibire a" verbo trivalente nella lessicografia
         A dimostrazione del carattere raro di adibire 'usare', a non citare riscontri nella competenza di italofoni pur laureati, sta tutta la lessicografia mono- e plurivolume, dove si documenta a iosa solo adibire qlco/qln a qlco 'destinare qlco/qln a qlco'.

Ovvero in termini tesnieriani-sabatiniani il lessema adibire a è verbo tr. 1) "tri-valente" che cioè "si satura" nel significato di 'destinare a' con non meno di 3 argomenti: Arg.1 (soggetto) + Arg.2 (oggetto non-anim./animato) + a Arg.3 (compl. indiretto).

 3.1. Lessicografia scolastica monovolume
         Questa infatti la esemplificazione nella dizionaristica scolastica:

 a. una zona a parcheggio, -- l'appartamento viene adibito a uffici; -- a. un gruppo di persone al servizio di controllo (Sabatini-Coletti 2007, che esplicita la struttura tri-valente di adibire);

a. un edificio ad abitazione (De Mauro 2000);

a. una chiesa a ospedale; -- anche l'esercito fu adibito al soccorso dei terremotati; -- l'impiegato è stato adibito ad altre funzioni (Zingarelli 2019);

a. un'abitazione a ufficio, -- a. un'area a parcheggio (Devoto-Oli 2018);

Il capitano fu adibito ad altro ufficio (1853 D'Ayala, in DELI), databile 1848 (DELI).

Il Treccani-Simone 2005-2009 registra adibire v. tr. "Destinare a qualche uso, con la prep. a del secondo [recte: terzo] arg.", con l'es. (i) del L.U.I. sotto citato.

 3.2. Lessicografia pluri-volume
         Tra i dizionari in più volumi, il L.U.I 1968 vol. I lemmatizza adibire a (ma non adibito agg.) tri-valente con due ess.: (i) a. reparti di truppa al mantenimento dell'ordine pubblico;  -- (ii) una sala adibita a biblioteca.

Il Treccani-Duro 1986 (vol. I) riprende la stessa esemplificazione del L.U.I.

Il Treccani on line (giugno 2019) con la definizione "Adoperare, impiegare, destinare (cose e persone) a qualche uso" aggiunge ai due ess. del L.U.I. anche (iii) a. una zona a parcheggio, e -- (iv) il personale sarà adibito a mansioni diverse.

Il GRADIT demauriano 1999, 20072 registra datandolo 1848 adibire 'destinare a un uso, a una funzione' con due ess.: (i) a. un edificio ad abitazione, -- (ii) a. un gruppo di spazzini alla raccolta delle siringhe.

Il Grande dizionario [storico] della lingua italiana di S. Battaglia 1961 vol. I registra adibire, tr., trivalente, 'destinare a [un uso]', con un es. di C. Alvaro:

 "Anche la compagnia degli allievi ufficiali fu adibita ai servizi di polizia" (Vent'anni, Milano 1930), a cui sono da aggiungere i 5 autori sotto citati (§ 3.2.1).

 3.2.1. Adibito a 'destinato a'
         I cinque ess. d.o.c. nel Battaglia col costrutto participiale adibito a, tra cui "soffitta adibita a granaio" in M. Bontempelli 1904-1914, e gli altri ess. in F. Paolieri 1913, A. Soffici 1952, G. Piovene 1957,  E. Vittorini 1949) (sub adibito "agg.", ma da registrare invero sub adibire) valgono tutti come 'destinato a'.

 3.3. Adibire a censurato dai puristi otto- e novecenteschi
          Sulla fortuna lessicografica di adibire a si può ricordare che tale costrutto in quanto di uso burocratico è censurato nel '900 dai puristi, per es. da E. Treves 19511, 19542, 19625...Si dice?...:

"adibire. Vale [...] destinare. È inutile neologismo dell'uso burocratico (Questa stanza è stata adibita a magazzino)".

Rassegnato sembra G.L. Messina 19541, 19572, Parole al vaglio e 1983 Dizionario: "Malgrado le proteste dei puristi, la nostra burocrazia continua ad adibire magazzini, stanze, interi reparti".

Censurato (ma senza ess.) da A. Gabrielli 19561, 19695, Diz. ling. moderno: "dal linguàggio burocràtico è passato òggi nell'uso; cèrto è pedantésco e la sua coniugazióne faticósa. Mèglio si useranno i vèrbi adoperare, usare, assegnare, affidare (méno bène destinare), secóndo i casi".

Analoga anacronistica censura in C. Franceschetti 1986-2005, L'italiano senza errori, De Vecchi: "Adibire. Non si dice stanza adibita a ufficio, ma stanza adoperata come ufficio".

Descrittivista è invece il pur purista V. Ceppellini 19572, 19716 Diz. gramm.: adibire "Significa destinare ad un uso, adoperare. Es. Adibì quel locale a ripostiglio".

La censura risale comunque già all''800. Valgano gli ess., con argomento-1 soggetto umano:

L. Rodinò 1858 Repertorio: "Adibire non si dice, ma [...] valersi --Es. L'ho adibito ([...] mi son valso di lui) sempre in tutti questi affari.".

Fanfani-Arlìa 1877 Lessico della corrotta italianità: "A questo lavoro fu adibito Paolo", "meglio" affidato a.

 4. Adibire qlcosa (i) 'usare qlcosa'
         Il verbo adibire da trivalente (adibire a 'destinare' qlcosa/qlcuno a qlcosa) diventa poi bivalente adibire qlcosa (i) 'usare qlcosa' nel momento in cui si elimina l'argomento preposizionale.

E così in un es. in Google libri, con adibito da con il valore nettamente passivo di 'adoperato, usato da':

"lessico scientifico di preferenza adibito da Contini nelle sue scorribande metaforiche" (A. Cortellessa 2015, Il telescopio dell’anacronista. Contini contemporaneo).

  4.1. Adibito in 'destinato in' (Gadda)
         Apparentemente col significato di 'usato in', in realtà ancora come verbo trivalente col valore di 'destinato in' è «l'esempio»  di C.E. Gadda 1943, registrato nel Battaglia 1961 vol. 1 (come "agg." ma in realtà part. pass.), qui esteso con Google libri:

"Verso la fine del secolo scorso, l'impiego dei carburanti liquidi ha dato l'avvìo ai motori a scoppio: in pari tempo si sono diffusi <i motori a gas, adibiti nelle miniere di carbone>" (Gli anni, Firenze).

 4.2. Adibire qlco/qln v. tr. (ii) 'addurre qlco/qln' nell'800
         Il DELI di Cortelazzo-Zolli ricorda un 2° significato di Adibire per i puristi dell'800: "un inutile latinismo, entrato nella lingua curialesca [i] per Adoperare, e [ii] se si parla di testimonj, prove e sim., Indurre o Addurre" (Rigutini 1886).

 5. Conclusione
         L'es. (1) "Quelle grafie [...] non conviene adibirle né agli scriventi colti [...] né ai ragazzi delle scuole" è comunicativamente e stilisticamente poco felice per la scelta lessicale di adibire nel significato raro di 'usare', con conseguente ambiguità sintattica nella interpretazione per via di conviene a, e usato per di più non come passivo (sull'es. di Cortellessa) ma idiolettalmente come verbo attivo.

 6. Sommario
             1. L'evento linguistico
                1.1. Interpretazione n. 1
                1.2. Interpretazione n. 2
            2. Ambiguità semantico-sintattica di adibire
                2.1. Mancato enunciato univoco con usare
            3. "Adibire a" verbo trivalente nella lessicografia
                 3.1. Lessicografia scolastica monovolume
                 3.2. Lessicografia pluri-volume
                    3.2.1. Adibito a 'destinato a'
                  3.3. Adibire a censurato dai puristi otto- e novecenteschi
             4. Adibire qlcosa (i) 'usare qlcosa'
                 4.1. Adibito in 'destinato in' (Gadda)
                 4.2. Adibire qlco/qln v. tr. (ii) 'addurre qlco/qln' nell'800
             5. Conclusione


* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania