I vocabolari, tutti?, non finiscono ma di stupire per le "sorprese" che ci riservano. L'ultima l'abbiamo incontrata nel nuovo De Mauro (dizionario internazionale) in rete. Quale? È presto detto: l'invariabilità dell'aggettivo "plurilingue".
Quest'aggettivo, sulla scia di "bilingue", si pluralizza normalmente, come fa notare il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia (Bruno Migliorini, Carlo Tagliavini, Piero Fiorelli). Quindi: un libro plurilingue, due libri plurilingui.
Sempre a proposito di sorprese, nel libriccino "Ciligie o ciliege?" di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, leggiamo che si può dire e scrivere tanto "dizionari bilingue" quanto "dizionari bilingui". Secondo gli autori, per tanto, l'aggettivo bilingue non necessariamente si deve pluralizzare. La cosa ci meraviglia, e non poco. L'aggettivo in oggetto non è invariabile, come si evince consultando, anche in questo caso, il DOP.
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I trinciapollo o i trinciapolli?
Ecco un altro sostantivo sul plurale del quale non tutti i
vocabolari concordano: trinciapollo. Alcuni
lo attestano invariabile, altri variabile, altri ancora sono salomonici
(invariato o pluralizzato). A nostro modesto avviso si pluralizza normalmente
in quanto segue la regola del plurale dei nomi composti di una voce verbale
(trinciare) e di un sostantivo maschile singolare (pollo). E i sostantivi cosí
composti nella forma plurale mutano la desinenza del sostantivo: il
trinciapollo / i trinciapolli.
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