In un mondo che premia l’efficienza e fagocita le sfumature, la lingua ha il potere di fermare il tempo e restituirci la complessità delle cose. “Professionista” e “professionale” sembrano vicini, quasi gemelli linguistici, ma celano in realtà visioni diverse del lavoro, dell’identità, del comportamento. Uno designa chi sei, l’altro come ti comporti. E questa differenza, a ben guardare, è tutt’altro che banale.
Entrambi i lessemi derivano dal latino professio, derivato del verbo profiteri (professare, dichiarare), dichiarazione pubblica di intenti, quasi una vocazione ostentata. Ma nel passaggio alla lingua volgare, l’italiano, “professionista” prende la via del sostantivo: è colui che esercita una professione riconosciuta, formalizzata, spesso iscritto ad albi o ordini. “Professionale”, invece, diventa aggettivo: qualifica atteggiamenti, modi, approcci. Il primo è un'etichetta, il secondo è un elogio.
L'oculista che interrompe le visite per rispondere al telefono è indubbiamente un professionista, ma la sua professionalità è vacillante. La madre che gestisce con precisione chirurgica la logistica familiare - orari, imprevisti, relazioni - non esercita una professione ufficiale, ma incarna una professionalità che molti “manager” (si perdoni il barbarismo) le invidierebbero. Il cameriere in Piazza San Marco, a Venezia, che, con grazia e precisione, serve un cliente scontroso senza mai perdere il sorriso, dichiara: “Cerco di essere professionale. Il titolo arriverà col tempo.” Ed eccola lì, la linea che separa l’essere dal fare, il ruolo dalla cura.
Nel mondo creativo, la distinzione si fa ancora più preziosa. L’illustratore "freelance" (anche qui si perdoni il barbarismo) che lavora con continuità è un professionista. Ma se ignora le richieste del cliente e consegna in ritardo, la sua professionalità va a farsi benedire. Uno studente che consegna un elaborato curato nei minimi dettagli, rispettando scadenze e dialogando con il docente, mostra una professionalità che prefigura già il futuro.
Professionista ti dà un nome. Professionale ti dà un tono. Il primo è una fotografia, il secondo è un film. E tra il ritratto statico e il racconto in movimento, c’è tutta la differenza tra fare qualcosa e il 'come' lo si fa.
Essere professionisti, per concludere queste noterelle, è spesso un punto di partenza. Essere professionali, invece, è ciò che trasforma il lavoro in rispetto, l’azione in valore, il quotidiano in eccellenza. Perché la competenza si dichiara, la professionalità si dimostra. Insomma, la professionalità è ciò che resta quando il titolo sparisce.


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