"Accomodare" è un sintagma verbale dalla personalità gentile e versatile. Pronunciarlo richiama l’immagine di una porta che si apre con grazia, un gesto ospitale, una soluzione trovata con garbo. Come tanti vocaboli italiani racchiude in sé un percorso storico che ne ha arricchito il significato lungo i secoli, e lo rende oggi uno degli strumenti più flessibili del nostro idioma.
Il verbo "accomodare", dunque, nasce dal latino accommodare, composto da ad- ("verso") e commodus ("conveniente", "opportuno"), che a sua volta è formato da cum- ("con") e modus ("misura", "maniera"). Il significato originario era, infatti, "rendere conveniente", "mettere in condizioni favorevoli". Da questo “nucleo di senso” sono nate, progressivamente, due strade semantiche principali: da una parte, l'idea di mettere a proprio agio, rendere confortevole; dall’altra, quella di riparare, aggiustare, adattare a una funzione.
Il primo slittamento riguarda l’ambito dell’ospitalità: "accomodare" nel senso di far sentire bene qualcuno, farlo sedere, offrirgli qualcosa che lo faccia stare meglio. È un gesto che implica cura, attenzione. Ancora oggi lo adoperiamo nella forma pronominale: “Accomodati!”, “Prego, si accomodi!”, dove la cortesia si fa parola.
Il secondo senso si sviluppa nel campo pratico e tecnico: "accomodare un oggetto rotto", "accomodare una situazione complicata". Qui il sintagma diventa sinonimo di riparare o adattare, ma con un tono più delicato, come se ci fosse un’intenzione conciliatrice dietro l’azione. Non si impone una soluzione, si trova quella che meglio si adatta.
Qualche esempio farà maggiore chiarezza:
"Ho accomodato la lampada con un po’ di nastro adesivo" (senso pratico di riparazione);
"Abbiamo cercato di accomodare le divergenze tra i due gruppi" (senso di conciliazione sociale);
"Si accomodi pure, la casa è sua" (senso relazionale e cortese).
Curiosamente, in alcune regioni italiane (come nel Mezzogiorno), si trova adoperato anche per designare l’atto di disporre qualcosa con cura, come “accomodare il letto” invece di “rifarlo”. Questo regionalismo mantiene vivo il collegamento originario con rendere comodo, confortevole.
"Accomodare", dunque, è il verbo dell’equilibrio e della gentilezza, e racconta – nel suo piccolo – come la lingua di Dante e di Manzoni sappia accogliere, adattare e conciliare le differenze del vivere quotidiano.

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