sabato 19 luglio 2025

Boria: il vento che gonfia l’ego e spettina la sostanza

 

Il lemma boria è una gemma linguistica che, pur nella sua apparente semplicità, racchiude un universo di significati, sfumature e storie. Non è solo un termine per descrivere la vanità: è un ritratto sociale, un simbolo culturale, un eco (sic!) che attraversa secoli e contesti.

Deriva dal latino boreas, il vento di tramontana. Da qui nasce l’espressione “darsi delle arie”, che già suggerisce un atteggiamento gonfio, presuntuoso, privo di sostanza. Come il vento, la boria è rumorosa ma inconsistente, un rigonfiamento dell’ego che si manifesta in gesti, parole e posture.

Nel linguaggio contemporaneo, boria indica un atteggiamento di vanitosa ostentazione di sé, dei propri meriti, reali o immaginari. È la superbia che si fa spettacolo, la presunzione che si traveste da sicurezza. Non è solo sentirsi superiori: è volerlo mostrare, spesso con goffaggine.

La boria è un brutto vizio che divide, che crea distanza tra le persone. È un atteggiamento che mina la coesione sociale, perché si fonda su una sopravvalutazione del proprio ego e una sottovalutazione dell’altro. In questo senso, è un vizio “diabolico”, nel senso etimologico di diábolos, “colui che separa”.

Nel mondo digitale, la boria ha trovato nuovi terreni fertili: profili gonfi di successi, frasi altisonanti, posture da guru. È la vanità algoritmica, dove il “darsi delle arie” si misura in “like” e “follower” (si perdonino i barbarismi). Ma anche qui, come nel vento, spesso manca la sostanza.

In proposito un piccolo aneddoto: si racconta che il re Giorgio II d’Inghilterra, fermatosi in un’osteria, ordinò un uovo. Quando l’oste gli presentò un conto astronomico, il sovrano chiese: “Sono così rare le uova, qui?”. Il bettoliere rispose: “No, sire. Sono rari i re!”. Un colpo secco alla boria regale, servito con ironia popolare.

Nonostante la concorrenza di sinonimi, come burbanza (non schiettamente italiano, però, provenendo dall’antico provenzale bobansa), spocchia, prosopopea, vanagloria, boria conserva una raffinatezza antica, una musicalità rotonda, un suono che sembra già giudicare chi lo incarna. È una parola che non ha bisogno di urlare: basta pronunciarla per evocare un mondo di atteggiamenti gonfi e posture vuote.



Nessun commento: