Dal dr Claudio Antonelli (da Montréal) riceviamo e pubblichiamo
Coloro che difendono l’alluvione nel parlare e nello scrivere degli Italiani di vocaboli ed espressioni inglesi o pseudoinglesi adducono le seguenti ragioni: l’inglese è il nuovo esperanto; gli apporti stranieri sono un arricchimento per la nostra lingua; la purezza linguistica non è mai esistita; ogni tentativo di restaurare un nazionalismo retrivo è votato al fallimento; la lingua italiana è mobile, ricettiva, in continua evoluzione e non accetta né pastoie né imposizioni dall’alto.
Soffermiamoci su quest’ultimo punto: gli Italiani non accetterebbero regole e modelli linguistici “imposti dall’alto”. Questo popolo vitalmente anarchico, che non sa fare la coda, che è sempre pronto a farsi beffe di chi detiene l’autorità e che infrange gioiosamente i divieti, non accetterebbe mai i diktat provenienti da un’accademia o da un’altra autorità linguistica. Così almeno la pensano i fautori dell’inevitabilità dell’accrescimento nella penisola della parlata italo-inglese.
In realtà, l’infiltrazione diarroica di parole ed espressioni anglo-americane nella lingua italiana non va dal basso verso l’alto, ma dall’alto verso il basso; il che è una conferma del detto napoletano: “O pesce fete da ‘a capa” (il pesce puzza dalla testa). E il popolo, sempre pronto ad aderire “perinde ac cadaver” alle mode, si sottopone con gioia a questi diktat linguistici anglo-americani provenienti dal Potere. O anche perché costrettovi… Infatti, chi s’indirizza al “ministro del Welfare” al di fuori del "question period" reclamando la “social card”, deve inevitabilmente ricorrere a termini come “welfare” e “social card”, che non ha mai usato prima, e che gli sono giunti dall’alto, dalle autorità, attraverso la “Gazzetta Ufficiale”. L’“election day”, il “question time”, lo “stalking”, la “service tax” e le altre amenità linguistiche di un parlamento popolato dai nostri “sciuscià” superpagati, non salgono dal popolo ma discendono sul popolo; il quale poi, in verità, se ne pasce beato.
Sull’esempio della casta dei politici, anche la casta dei giornalisti e dei conduttori televisivi bombarda a tappeto “dall’alto” – si fa per dire – lettori e spettatori con sempre nuove parole tratte dalla lingua inglese ossia anglo-americana. In tal modo l’inglese finisce coll’entrare nel parlare comune col risultato di rimpicciolire e immiserire la lingua italiana, e di complicare la comunicazione, perché queste parole d’accatto sono quasi sempre mal pronunciate, mal usate, mal capite, oppure sono intese in una sola delle loro accezioni originarie. Ma cosa volete: nel paese dove tutti vogliono apparire alla moda, la dignità nazionale non è mai di moda.
L’importazione acritica di termini stranieri rivela non vitalità, ma spirito passivo d’imitazione. Parlare americano come sembrano voler fare gli Italiani somiglia un po’ al gesto di quelle bambine che si pavoneggiano dopo essersi infilate per gioco la gonna e le scarpe con i tacchi alti della madre, e che poi incespicano ad ogni passo. Così fanno loro con l’inglese, sorta di formula magica di Aladino, con la quale non riusciranno mai ad aprire la sperata caverna del tesoro.
Io so che gli Italiani non possiedono la sensibilità necessaria per trovare ridicolo un popolo che scimmiotta un altro popolo. Ed è, secondo me, un vero peccato.
L’inglese è senz’altro una lingua straordinariamente ricca, bella, e soprattutto utile perché lingua della più grande potenza economica e militare, e inoltre perché diffusa in tutto il mondo. Ma bisogna poterla capire, parlare in tutta la sua ricchezza o almeno con una certa proprietà, e pronunciarla in maniera comprensibile. Allora sì che potrà sostituire efficacemente, in tutto o in parte, le lingue nazionali, a mo’ di nuovo esperanto. Nel frattempo, parliamo tra noi “come ci ha fatto nostra madre”, espressione quest’ultima che suggerisco di pronunciare in dialetto.
Claudio Antonelli
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
9 commenti:
Stamane tutti i giornali radio e i telegiornali dicono che ieri, a Roma, c'è stato il "test day" di quanto predisposto per l'anno santo. Non condivido però l'affermazione "Parlare americano come sembrano voler fare gli Italiani ...". No, gli Italiani che frequento io - amici e conoscenti - si arrabbiano quanto me sentendo questi finti saputelli. Ancora di più quando il parlante di turno usa parole inglesi, dandone subito dopo la versione italiana: vuole solo mostrare di essere molto più istruito di me.
Sarà che lo scrivente della lingua inglese o inglesismi vari me me ne fa un baffo, come credo che sia il pensiero di quei quaranta o cinquanta milioni di Italiani che dell'inglesismo, tanto alla moda tra gli italioti sono a digiuno da sempre. Senz'altro siamo considerati dei deficienti e ignoranti, non in linea con il modernismo imperante a stelle e strisce, ma sciamo stati allevati con le parole che apprendevano ognuno dalle nostre madri, fin dal momento di venire in questo mondo delle scimmie,
Quindi del giudizio di questi anglofoni, non me ne fa ni caldo ni freddo. Però con questo vorrei chiedere a costoro: secondo voi è un comportamento veramente democratico da parte delle così dette istituzioni: civili, governative, di ogni ordine e grado, considerare questa "Larga maggioranza" di cittadini del fu Bel Paese, cittadini di serie "zeta" in quanto non facenti parte di quella minoranza che si arroga il -presunto diritto- di trattare la maggioranza a pesci in faccia com'é uso attualmente, denigrando e mettendo sotto i piedi quell'idioma nazionale, ammirata in tutto il mondo ed oggi di calpestata con disprezzo, proprio da coloro che ne dovrebbero proteggerla dalla estinzione che si profila minacciosa all'orizzonte.
Credete forse che basti frequentare le nostre scuole ... di cui si vedono i risultati, con laureati che, un tempo sarebbero stati bocciati alle elementari, ergersi a salvatori della Patria....
Noi -ignoranti siamo fuori dal mondo! Giusto, siamo orgogliosi di essere fuori : Dal vostro mondo ...Che fa acqua da ogni dove!
Certamente siamo fuori del mondo
Cavallo, il suo commento contiene svarioni linguistici a iosa.
Detto ciò, cosa significa "italioti"?
Giuseppe Verna
Dal vocabolario italiano: Italiota (spregiativo) individuo italiano a cui si imputa poco intelligenza e scarsa cultura.
Cavallo (se è lei che mi ha risposto), usi il vocabolario per altre ricerche e magari ripassi la lingua italiana.
Italiota: "italiano+idiota". Complimenti per l'educazione e complimenti al responsabile del portale che ha consentito una tale mancanza di educazione.
Giuseppe Verna
Solidarizzo col lettore Adriano Cavallo, anche perché io stesso ho usato il termine incriminato “italioti”, che considero invece appropriato, in un mio libro in cui denuncio, tra l’altro, “il grottesco fenomeno di una straripante moltitudine di insegne di negozi e di botteghe d’alta classe le cui scritte sono in inglese e non in italiano. Lo scopo è di attirare una clientela cosmopolita. La quale invece giunge in Italia proprio perché desiderosa e direi avida di articoli italiani. Tra questi articoli va posta anche la lingua italiana, che alle orecchie anche di chi non la conosce giunge dotata di una sonorità ammirevole e di una classe speciale, che la innalzano su tutte le altre attraverso il pianeta. Ma gli orecchianti italioti sono invece avidi di suoni esotici perché afflitti da inguaribile esterofilia”. E ho inserito anche nel titolo di questo mio libro il termine “italioti”, che sembra scandalizzare i benpensanti: “L’anglo-latinorum degli italioti – La disgregazione di una lingua e di un’identità, Edarc Edizioni, 2024”.
Basta fare una ricerca in Rete per vedere che il termine italioti non causa grandi traumi nei lettori. Del resto, mutatis mutandis, non suscitarono scandalo certi termini molto coloriti che Leonardo Sciascia uso' ne “il giorno della civetta". Un personaggio mafioso cosi’ vi si esprime: “Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere”.
Antonelli, solidarizzi con chi vuole e dirò di più: sbaglia se pensa che i suoi uzzoli linguistici possano tangermi.
G. Verna
Certamente chi scrive non è all'altezza de sig. G. Verna, ne sono consapevole. Non tutti sono letterati o accademici. Non ho frequentato le -scuole alte -, quindi il mio italiano è quello che è. Probabilmente potrà essere un super sapientone ...in materia, ma ciò non le da l'aureola di super uomo nei confronti di chi non ha avuto la fortuna di frequentare le Università, pagate anche dagli ignoranti (purtroppo) che piaccia o meno siamo la maggioranza in questo Paese ... Quindi scenda di un gradino , saluti
Cavallo, con il permesso del difensore dell'italico idioma (nonché responsabile del portale) lasciamo da parte gli svarioni e rifletta su quanto contraddittorio e offensivo sia il suo primo commento, ammesso che lei sia capace di un po' di sana autocritica, per la quale non occorrono titoli accademici. Occorre solamente buon senso.
Aggiungo e chiudo: la nostra lingua e i nostri tempi (gli attuali) non hanno bisogno di "assolutisti" intransigenti e maleducati.
Saluti
G. Verna
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