lunedì 30 dicembre 2024

Stupire, stupefare e lo... stupefacente

 


T
antissimi anni fa, vivevano in un piccolo regno, Verbopoli, due verbi cugini: Stupire e Stupefare. Sebbene spesso confusi dagli abitanti a causa della loro assonanza, i due cugini avevano storie uniche e usi nettamente distinti.

Stupire era un verbo che aveva radici nel latino stupere, che significa essere colpiti da meraviglia o stupore. Era adoperato per designare l'azione di suscitare sorpresa o meraviglia in qualcuno. Quando, nel piccolo Stato, accadeva qualcosa di straordinario si diceva che erano rimasti tutti stupiti.

Il giovane prestigiatore del palazzo reale, Incantatore, per esempio, riusciva sempre a stupire il pubblico con i suoi trucchi incredibili. Persino la velocità con cui risolveva i rompicapi lasciava gli astanti a bocca aperta. Ogni volta che qualcuno riusciva in un’impresa straordinaria il popolo diceva: "Mi ha davvero stupito!"

Stupefare, invece, pur derivando dal verbo latino stupefacere, una combinazione di "stupere" e "facere" (fare), aveva una natura un po’ diversa. Indicava l'azione di provocare uno stupore intenso, spesso accompagnato da incredulità. Era riservato per quei momenti in cui l'emozione era talmente forte da lasciare le persone senza fiato.

Quando i turisti arrivavano a Verbopoli e vedevano il paesaggio mozzafiato per la prima volta, con le sue colline verdi e i fiumi scintillanti, rimanevano stupefatti dalla sua incantevole bellezza. Le nuove invenzioni tecnologiche presentate in occasione delle fiere locali lasciavano spesso tutti i visitatori stupefatti per le loro caratteristiche avanzate e inaspettate.

In un angolo più appartato del piccolo regno c’era una parola ritenuta curiosa: Stupefacente. Questo lessema era adoperato per designare le droghe, sostanze che avevano il potere di alterare profondamente lo stato mentale degli individui. Gli abitanti del regno non capivano, però, perché queste sostanze fossero chiamate proprio così.

La spiegazione la trovò Margherita, la bibliotecaria della reggia. Con la sua voce calma e rassicurante, spiegò che queste droghe avevano il potere di "fare stupore" al cervello, proprio come il verbo "stupefare". Queste sostanze nocive erano in grado di provocare effetti straordinari e incredibili sulle percezioni e sui sensi, lasciando le persone in uno stato di meraviglia forzata. Tuttavia, Margherita, la saggia bibliotecaria, non mancava mai di avvertire gli abitanti delle gravi conseguenze che l'uso di queste pericolose sostanze poteva avere sulla salute fisica e mentale.

 Gli effetti temporanei di meraviglia e alterazione della realtà, dovuti all’assunzione degli stupefacenti, non potevano compensare i danni a lungo termine che causavano al corpo e alla mente. La bibliotecaria raccontava spesso storie di persone che, attratte dalla promessa di un'esperienza stupefacente, avevano finito per perdere molto più di quanto avessero guadagnato.

Grazie alle storie e alle spiegazioni dettagliate di Margherita, gli abitanti di Verbopoli impararono a distinguere chiaramente tra "stupire" e "stupefare", e compresero l'importanza della parola "stupefacente" nel contesto delle droghe. Da quel giorno, il regno prosperò con una conoscenza linguistica più profonda e precisa, e le parole venivano usate con maggiore consapevolezza e rispetto.






(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)








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