lunedì 27 gennaio 2025

Sgroi – 191 - PERCHÉ (O QUANDO) GIUDICARE “ERRATO” UN USO?



di Salvatore Claudio
Sgroi
 

 

 

1. Quesito televisivo 


Nella istruttiva rubrica televisiva di Rai 1, "Pronto soccorso linguistico" del programma Unomattina in famiglia, -- ahimè solo bisettimanale, la domenica alle 8h.40 c., della durata di 15 minuti, quando non addirittura di un paio di minuti, come domenica 19 gennaio, o con interruzione pubblicitaria e del telegiornale il 26 gennaio, -- un professore ha posto all'esperto, Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, il quesito se il gerundio disf-ando il letto, che lui dice normalmente, anziché ‘dis-facendo il letto”, sia da considerare errato. 

La risposta del presidente della Crusca è stata senza esitazioni che si tratta di un uso errato, perché dis-fare è un composto di fare, il cui gerundio è facendo, da qui la forma corretta dis-facendo. 

 

2. Il perché “errato” nel giudizio del Presidente della Crusca 


La risposta dell’esperto rivela senz’alcun dubbio che il criterio per giudicare errato un uso è il criterio storico-etimologico. Invero, un criterio non molto affidabile perché equivalente alla negazione dell’evoluzione naturale di qualsiasi lingua storico-naturale vivente. 

 

2.1. Reazione di un ascoltatore 


Un mio amico, in reazione alla risposta del Presidente della Crusca, mi ha quindi così ‘mailato’: 

 

Caro Salvo, non so se hai visto questa mattina il tuo collega Presidente della Crusca. Ha ripreso una cosa di cui già abbiamo ampiamente parlato: disfando! Lui sostiene che è un errore blu, tu la pensavi diversamente. E mi avevi anche convinto che poteva essere accettato! Il problema è che io sono un chimico e per me ci sono solo regole certe! I linguisti invece mi sembrano come la vecchia Democrazia cristiana (che Dio l'abbia in gloria!) e le sue correnti: non esistono regole certe! Vero è che la lingua si deve adattare, aggiornare, adeguare, evolvere e, quindi, cambia ma a volte si può rimanere perplessi. 

 

3. Altri criteri di giudizio sugli usi corretti 


La mia risposta è stata che, scartando il criterio etimologico, a mio giudizio un uso può essere giudicato errato: a) se è poco comprensibile (il che non vale per disf-ando) o b) se, pur comprensibile, è tipico dell’uso di parlanti poco acculturati, ovvero dell’italiano popolare”. Il che non è il caso di disf-ando, in considerazione anche che l’utente-ascoltatore è un “professore”.  

Il mio amico, pur riconoscendo il naturale cambiamento linguistico dettato dai bisogni comunicativi dei parlanti, sente l’esigenza di avere “regole certe” e che “a volte si può rimanere perplessi”.  

La perplessità riguarda invero la diversità dei criteri dei giudizi dei linguisti nella valutazione della norma degli usi. Istruttivo è il paragone con “la vecchia Democrazia cristiana” e “le sue correnti. Io sostengo che, dinanzi alla diversità dei criteri normativi, dev’essere il parlante a valutare le argomentazioni alla base di tale diversità, e quindi a scegliere per poi comportarsi di conseguenza. 

 

4. Diffusione degli usi di disfando dal ’500 ai giorni nostri 


Volendo indagare sulla storia del gerundio disf-ando, Google libri ricerca avanzata consente di verificarne una grande – e antica – vitalità, a partire almeno dal ’500. Ci limitiamo a una esemplificazione minimale. 

Plutarchus·1525: “Tal che le caʃe dal fondo diʃfando / Lor ueste uirginal ʃono coʃaute / Dalla parte de ʃotto , & caminando/ Sono a mostrar lor coʃʃe ardite & preʃte(La prima (-seconda & vltima) parte delle vite di Plutarcho, p. XLIII). 

Bartolomeo Scappi 1605: “e ʃi ponerà nel primo vaʃo di legno, disfando la ʃemolella che ʃarà agruppata inʃieme pian piano di modo che torni nel primo ʃtato, cioè in granelli” (Opera di Bartolomeo Scappi, Dell’arte del cucinare, Venetia, Alessandro Vecchi, p. 46). 

Gianrinaldo Carli Rubbi 1754: “allorchè ogni peʃo d’oro o d’argento nella Città ʃarà talmente valutato, che niun disfando o traʃportando altrove la detta moneta ne riʃulti, non ʃi ritroverà al certo perʃona che ʃoldo impieghi in questa ʃorta di traffico” (Delle monete e dell' instituzione delle zecche d'Italia, Mantova, p. 80). 

Giovanni Pozzi 1827: “Può l’oriuolaio determinare più esattamente la bontà di un orologio e di ciascuna delle singole sue parti disfando l'orologio” (Dizionario di fisica e chimica, Milano, Fanfani, t. VII, p. 333).  

1903: “disfando il letto del morto” (La Lettura”, vol. 3, p. 512). 

1910: “disfando il letto” (“Rassegna contemporanea”, p. 459). 

Enrico Verson 1917: “Disfando e rifando le pile , si ha modo allora di passare in rassegna i singoli casellari e di mettere a parte tutti quelli che sperati verso la luce mostrano di contenere qualche bozzolo già aperto […]”.( Il filugello e l'arte di governarlo, p. 354). 

Giulio Nascimbeni 2002: “‘Disfando disfando’” che cosa ci resta ? Segnalazione del lettore A. Rasé di Milano”.(“Esame di giornalismo”, in “Sette”p. 17). 

Paola Barbato 2011: “Disfando i propri bagagli nell'armadietto che gli era stato assegnato aveva soppesato una maglietta” (Mani nude, Milano, Rizzoli, p. 204) 

Ecc., ecc. 

 

5. Regola nascosta del gerundio disf-ando 


Per il linguista, a parte il criterio di valutazione della norma, è più intrigante individuare la regola “nascosta” alla base dell’uso (magari inconscio) di disfando. È invero evidente che il parlante non percepisce più disfare come composto di “dis-” e “fare”, ma lo analizza come verbo semplice: “disf-are”, come beff-are, ingolf-are, ronf-are, sbaf-are, sbuff-are, schif-are, tif-are, trionf-are, ecc. 

 

5.1. Anomalie normative dei dizionari 


Si osservi altresì che, come indicato nella “Nota grammaticale” di disfare del Dizionario della lingua italiana di T. De Mauro (2000), alcune forme di dis-fare sono analizzate come il semplice disf-are e vengono indicate normativamente corrette: 

 

NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nell'ind. pres. dis-fo o disf-ò o dis-faccio, disf-i o dis-fai, dis-fa o disf-à, disf-iamo o disf-acciamo, dis-fate, disf-ano o dis-fanno, nell'ind. fut. dis-farò o disf-erò, ecc., nel congt. pres. disf-i o dis-faccia, disf-iamo o dis-facciamo, disf-iate o disfacciate, disf-ino o dis-facciano, nel cond. pres. dis-farei o disf-erei, ecc., nell'imp. dis-fai o dis- o disf-a' o disfa, dis-fate. 

 

E analogamente per un altro composto quale soddis-fare > soddisf-are:  

 

“NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nell'ind. pres. soddis-faccio o soddis-fo o soddis-fò, soddis-fai o soddisf-i, soddis-fa o soddisf-à, soddis-facciamo o soddisf-iamo, soddis-fate, soddis-fanno o soddìsf-ano, nell'ind. fut. Soddis-farò o soddisfer-ò, ecc., nel congt. pres. soddis-faccia o soddisf-i, soddis-facciamo o soddisf-iamo, soddis-facciate o soddisf-iate, soddis-facciano o soddisf-ino, nel cond. pres. soddis-farei o soddisfer-ei, ecc., nell'imp. Soddi-sfai o soddi-sfa' o soddisf-a, soddi-sfate. 

 

E Ridis-fare > ridisf-areNOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. disfare 

 

Ma non più nel caso di altri composti con “fare, quali 

arte-fare > artef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

assue-fare > assuef-are, NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

contraf-fare > contraff-are, NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare”. 

disassue-fare > disassuef-are“NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

for-fare > forf-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

lique-fare > liquef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. Su liquefando cfr. S.C. Sgroi, Gli Errori ovvero le Verità nascoste, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani 2019, pp. 104-107. 

mal-fare > malf-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

mansue-fare > mansuef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

mis-fare > misf-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

per-fare > perf-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

pre-fare > pref-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nel p.pass. 1prefato. 

putre-fare > putref-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nel p.pass. 1prefato. 

rarefare > raref-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nel p.pass. 1prefato. 

ri-fare > rif-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

sopraf-fare > sopraff-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nella 1ª pers. sing. dell'ind. pres. sopraf-faccio o sopraf-fò.  

stra-fare > straf-areNOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare”. 

stupe-fare >stupef-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare”. 

tepe-fare > tepef-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

torre-fare > torref-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

tume/fare > tumef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

 

SOMMARIO 

1.. Quesito televisivo 

2. Il perché “errato” nel giudizio del Presidente della Crusca 

2.1. Reazione di un ascoltatore 

3. Altri criteri di giudizio sugli usi corretti 

4. Diffusione degli usi di disfando dal ’500 ai giorni nostri 

5. Regola nascosta del gerundio disf-ando 

5.1. Anomalie normative dei dizionari 


























(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)






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