C'era una volta, in un regno lontano, ai margini dell’universo, un piccolo e ridente villaggio incastonato tra le colline verdi e fiorite. Gli abitanti erano noti per la loro grande passione per le parole: ne studiavano l’origine, la corretta grafia e la giusta collocazione all’interno di una frase. C’era, però, una particolare parola che, spesso, suscitava dubbi sull’ortografia: disamina. Chi scriveva ‘disanima’, chi ‘disamina’.
Nel villaggio, fortunatamente, vi era una anziana e saggia
bibliotecaria, Esaminanda. Costei aveva dedicato la sua vita a
custodire i segreti delle parole e delle storie letterarie; era molto
attenta alle parole e spesso ricordava agli abitanti di usare la
forma corretta della parola "disamina". Questa parola,
diceva, è un sostantivo deverbale in quanto proviene dal verbo
“disaminare” che significa ‘sottoporre a esame’,
‘analizzare” e simili.
Una mattina, durante una delle
consuete riunioni settimanali, nella grande sala della biblioteca,
Esaminanda decise di narrare una storia per aiutare tutti a ricordare
il significato ma soprattutto la corretta grafia della parola oggetto di dubbi: "disamina".
"Amici miei carissimi",
esordì, con la sua voce suadente, "immaginate di essere degli
investigatori della conoscenza. Ogni volta che affrontiamo un nuovo
argomento, lo analizziamo e lo esaminiamo con molta attenzione.
Questo processo si chiama, per l’appunto, disamina."
Gli
occhi degli astanti “brillavano di curiosità” mentre Esaminanda
proseguiva: "Quando leggiamo un libro complesso facciamo una
attenta disamina dei suoi contenuti, delle sue metafore e dei suoi
messaggi nascosti. Immaginate di scoprire i segreti celati in un antico libro esaminando attentamente il contenuto delle sue pagine; fate, quindi, una disamina".
Mentre Esaminanda parlava, nella
sala calò un religioso silenzio. "E ricordate sempre che la
parola giusta è ‘disamina’, con la M prima della I - aggiunse per
maggiore chiarezza - non disanima. 'Disanima' è solo un errore
comune, purtroppo anche sulla bocca di persone acculturate; ma ora che conoscete la storia, non lo commetterete
più!"
Per rendere ancora più chiaro il concetto,
Esaminanda fece riferimento a un episodio il cui protagonista era un
noto orologiaio del villaggio: "Pensate a quando il nostro caro
amico Pendolino ha costruito quel meraviglioso orologio da taschino.
Prima di mostrarcelo ha fatto una scrupolosa disamina di ogni singola
parte, esaminando attentamente ogni ingranaggio e ogni vite per
assicurarsi che funzionassero perfettamente."
Da quel
giorno, gli abitanti del villaggio non sbagliarono mai più la grafia
di "disamina" e continuarono a esplorare, con ancora
maggiore passione, il meraviglioso mondo delle parole e tutte le
volte che qualcuno portava nella locale biblioteca un nuovo libro facevano una accurata
disamina, scoprendo sempre nuove accezioni e sfumature.
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La lingua “biforcuta” della stampa
Il coraggio di Cecilia, grande giornalista nell’Iran che sperava di aiutare le donne
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L’Iran sperava di aiutare le donne? Il pronome che, secondo la grammatica della lingua italiana, si riferisce all’antecedente (Iran).
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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