di Salvatore Claudio Sgroi
1. Il congiuntivo semantico
Diciamo subito che la risposta alla domanda presente nel titolo di questo intervento richiede la preliminare distinzione tra cong. presente nelle frasi principali e cong. presente nelle frasi dipendenti.
Nelle frasi principali non c’è dubbio infatti che il cong. sia un modo semantico, che trasmette cioè un preciso significato diverso da quello dell’indicativo, come dimostrano i seguenti esempi.
(i). Cong. dubitativo, es. Che Michele abbia ragione?, Che Michele avesse ragione?
(ii). Cong. desiderativo (o ottativo), es. (Magari) Avesse ragione Michele!
(iii) Cong. imperativo, ess. Si accomodi (pure), Faccia pure!
2. Il congiuntivo a-semantico?
Contrariamente a quanto indicato dalla grammatica scolastica tradizionale, il cong. non è un modo con valore semantico, come dimostrano ess. quali (i) Credo che Dio esista in bocca a credenti, (ii) Il fatto che Michele non sia potuto venire mi è dispiaciuto, (iii) Mi è dispiaciuto che Michele non sia venuto, (iv.a) Sono sicuro che ha detto la verità e con prolessi (iv.b) Che abbia detto la verità ne sono sicuro. Opportunamente Gualberto Alvino nella sua Maledetta grammatica (Pref. di Claudio Giovanardi, Eboli (SA), Caffèorchidea 2023), respinge la spiegazione tradizionale ed errata del valore del cong. (modo dell’incertezza) rispetto all’indic. (modo della certezza), a proposito di ess. quali “Accadde che fosse accusato di rapina” (p. 75) e “Sono contento che tu sia stato promosso” (ibid.), dove “la promozione è certamente avvenuta” (ibid.) e dove il cong. “serve esclusivamente a segnalare la subordinazione” (ibid.). Pur non senza qualche successiva contraddizione, quando scrive che in ess. quali “Luca afferma che Piero sia stato promosso per compassione” (p. 116), “Lo stesso autore dichiarò che il romanzo fosse nato da un fatto realmente accaduto” (ibid.) “i verbi esprimono certezza, per cui consiglierei il modo indicativo” (ibid.).
2.1. Cong. vel Indic.: variazione diafasica
L’alternanza cong./indic. nelle frasi dipendenti indica invece un modo formale, più elegante del congiuntivo rispetto all’indicativo, decisamente informale, si tratta cioè di una “variazione diafasica”, così in ess. come (i) Non so se sia/è venuto, (ii) Non capisco perché me l’abbia/l’ha detto, (iii) Se l’avessi saputo l’avrei fatto / Se lo sapevo lo facevo.
Opportunamente Gualberto Alvino nella citata Maledetta grammatica fa correttamente presente che “il modo congiuntivo è più elegante dell’indicativo” (p. 121) e che “ambo i modi sono corretti” (ibid.) in frasi quali “È singolare che a stracciarsi le vesti sono/siano sempre quelli che non hanno mai letto un libro” (ibid.); in “Ricordo il viaggio per Roma come uno dei più emozionanti che ho/abbia fatto” (p. 239).
3. Un dubbio?
In una coppia di frasi quali (i) “Marco sostenne che io fossi colpevole” vs (ii) “Marco sostenne che io ero colpevole” citate da Alvino (p. 105), è invero forte la tentazione di avvalorare la spiegazione tradizionale, per cui in “Marco sostenne che io fossi colpevole” la colpevolezza è dubbia e invece è certa in “Marco sostenne che io ero colpevole”.
Ma la prolessi (i.a) “Che io fossi colpevole, Marco lo sostenne” e (ii.a) “Che io ero colpevole Marco lo sostenne” serve a avvalorare la spiegazione della variazione diafasica del cong. più formale ed elegante dell’indic. informale.
Una ulteriore variazione“Marco sostenne che Michele fosse colpevole” vs (ii) “Marco sostenne che Michele era colpevole”, con l’eliminazione cioè della voce narrante (“io”), suggeritami da un caro amico e collega, toglie ogni dubbio sulla validità della differenza diafasica del costrutto
“Quando hai un verbo come sostenere, orientato argomentativamente verso la realtà, che cosa può fare il congiuntivo?”, continua il mio amico. “Nel tuo esempio c'è la complicazione della polifonia: sostenere è attribuito a Marco, l'eventuale falsità al parlante. Ma se è così il gioco vale anche per la realtà presunta collegata all'indicativo.... In questo caso, però, il parlante entrerebbe in conflitto con se stesso. E se al posto di io metti un soggetto terzo, cambia qualcosa: “_Marco sostenne che Luca fosse colpevole vs Marco sostenne che Luca era colpevole. Alla fine, pensare che il congiuntivo retto da un verbo non abbia (sic) un valore proprio è l'ipotesi più razionale e coerente”.
3.1. Tentazione
La tentazione di opporre (i) “Marco sostenne che io fossi colpevole” (dubbio) vs (ii) “Marco sostenne che io ero colpevole” (certezza) è probabilmente giustificata dal fatto che (i) è come se fosse analizzabile in “Marco sostenne: che io fossi colpevole?”, ovvero “principale + principale con cong. dubitativo”, mentre (ii) “Marco sostenne che io ero colpevole” è un periodo formato da “una principale + una dipendente argomentale oggettiva”.
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