venerdì 31 gennaio 2025

Il vetraio e il "finestraio"



C'
era una volta, in un piccolo villaggio italiano, un uomo, Matteo, conosciuto per le sue straordinarie abilità nell'aggiustare e sostituire finestre. Non c'era finestra che Matteo non potesse riparare, non importa quanto fosse vecchia o danneggiata. Ogni volta, però, che qualcuno aveva bisogno dei suoi servizi si poneva il problema di come chiamarlo.

"M
atteo, il vetraio", si sentiva spesso. Ma Matteo sapeva bene che "vetraio" non era la parola giusta. Un vetraio si occupa principalmente del vetro, che si tratti di finestre, specchi o altri oggetti. Ma lui, Matteo, era specializzato esclusivamente nelle finestre: le smontava, le aggiustava, le rimontava, e spesso sostituiva anche i telai e gli infissi. "Il termine 'vetraio' non rende giustizia al mio lavoro," pensava Matteo.

U
n giorno, mentre stava riparando la finestra della vecchia biblioteca del villaggio, incontrò Sofia, una giovanissima scrittrice. Costei, dopo averlo osservato lavorare con cura e precisione, gli domandò: "Matteo, come mai ti chiamano 'vetraio'? Il tuo lavoro mi sembra molto più complesso."

M
atteo, sospirando, rispose: "È vero, dottoressa Sofia. Anche se il termine più vicino è 'vetraio', non descrive appieno ciò che faccio. Mi occupo esclusivamente di finestre, ma non esiste un vocabolo preciso per il mio mestiere."

S
ofia rifletté per un momento, poi un sorriso illuminò il suo volto. "Perché non ti chiamiamo 'finestraio', per analogia con marinaio o orologiaio, in cui il suffisso ‘-aio’ indica una professione o un mestiere? È un neologismo lessicale perfetto per designare il tuo lavoro”.

Matteo ci pensò e poi annuì. " 'Finestraio'... suona proprio bene. È bello e trasparente."

D
a quel giorno, nel villaggio si cominciò a usare il neologismo 'finestraio' per riferirsi a Matteo. Il termine si diffuse rapidamente e presto tutti, anche nei villaggi vicini, sapevano che se avevano bisogno di riparare una finestra dovevano rivolgersi al 'finestraio' Matteo.

E
così, grazie a un piccolo cambiamento linguistico, Matteo non dovette mai più spiegare il suo mestiere a nessuno. Continuò a lavorare con passione e precisione, felice di essere conosciuto con un termine che descriveva perfettamente il suo lavoro.


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Finché dura fa verdura

Chi non ha mai sentito questo modo di dire, di origine popolare, che viene adoperato per esprimere l’idea di godersi qualcosa finché è possibile in quanto potrebbe non durare per sempre. L’espressione fa riferimento alle verdure che sono “utili” finché sono fresche e disponibili. È una sorta di invito, dunque, a sfruttare al massimo ciò di cui si dispone, senza preoccuparsi troppo del futuro.  


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La lingua “biforcuta” della stampa

Il Papa, ascoltiamo il dolore di cerca chiarezza su sue nozze

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AAA cercasi interprete per questo titolo.  



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



giovedì 30 gennaio 2025

La frase fattuale

 


C'era una volta, nel Granducato della Lingua, una giovane studentessa, molto curiosa e ‘affamata’ di sapere, Sapientina. La giovinetta amava scoprire nuovi concetti e parole. Un giorno, durante una lezione di grammatica, la sua docente di lingua e letteratura italiana trattò della "frase fattuale". Sapientina non aveva compreso bene l’argomento, ma, essendo orgogliosa, non volle chiedere altre spiegazioni all’insegnante; decise, pertanto, di chiedere al suo amico saggio, il Gufo Grammatico, di spiegargliela.

"Gufo Grammatico," lo apostrofò Sapientina, "cosa significa 'frase fattuale'? Non riesco a trovare una spiegazione chiara in tutti i miei libri di grammatica, e ne ho molti’’.

I
l saggio Gufo Grammatico, attraverso i suoi occhialetti dorati, fece un sorriso gentile e disse: "Mia cara e bella Sapientina, la frase fattuale è una frase che afferma qualcosa di oggettivo e verificabile. In altre parole, descrive un fatto concreto che può essere confermato".

L
a giovinetta guardò il Gufo Grammatico con occhi attenti: "Potresti farmi qualche esempio?"

"S
ì, certamente," rispose il Gufo Grammatico. "Se dico 'il sole sorge a Est', sto enunciando una frase fattuale, perché è un fatto verificabile. Un altro esempio potrebbe essere 'l'acqua bolle a 100 gradi'. Anche questa è una frase fattuale, basata su dati scientifici”.

S
apientina annuì, avendo compreso meglio il concetto. Ma il Gufo Grammatico proseguì: "Devi sapere, però, che non tutti i testi di lingua trattano l'argomento della frase fattuale dettagliatamente. Alcuni si soffermano più sulle strutture grammaticali generali e meno sulle sfumature specifiche come questa”.

"C
apisco," lo interruppe Sapientina, "ma cosa distingue una frase fattuale da una che non lo è?"

I
l saggio rispose con un altro esempio: "Se dico 'Roma è la capitale d'Italia', sto enunciando una frase fattuale. Ma se dico 'Roma è la città più bella del mondo', questa non è una frase fattuale, in quanto è basata su un'opinione soggettiva."

S
apientina sorrise, contenta delle spiegazioni del Gufo Grammatico. Tuttavia, la sua curiosità non era ancora del tutto soddisfatta. "C'è qualcos'altro che dovrei sapere sulle frasi fattuali?" chiese.

"B
eh," rispose il Gufo Grammatico con un tono più solenne, "è bene ricordare che le frasi fattuali non sono solo importanti nei testi scolastici, ma anche, e forse soprattutto, nella vita di tutti i giorni. Quando comunichiamo è essenziale distinguere tra ciò che è un fatto e ciò che è un'opinione, per evitare malintesi e discussioni inutili”.

"Q
uindi," continuò Sapientina, "se voglio esprimere un'opinione, devo fare attenzione a non presentarla come un fatto?"

"P
roprio così," rispose il Gufo Grammatico. "Presentare le opinioni come fatti può portare a confusione e fraintendimenti. Ecco perché è fondamentale comprendere la differenza tra le due."

S
apientina annuì di nuovo, sentendosi sempre più sicura. "Grazie, Gufo Grammatico! Ora capisco meglio cosa sia/è una frase fattuale e come distinguere tra fatti e opinioni."

Ma la storia non finisce qui. Sapientina e il Gufo Grammatico scoprirono un'antica pergamena che li guidò verso il Regno delle Parole Perdute, dove risiedevano parole antiche e dimenticate. In questo viaggio incontrarono il conte Sinonimo e la baronessa Antitesi, che li aiutarono a svelare enigmi linguistici.

Un giorno, durante un altro viaggio, trovarono un libro magico che rispondeva alle domande di Sapientina in modo interattivo. Ogni pagina rivelava una lezione importante sulla grammatica e la comunicazione.

Tuttavia, il loro cammino non fu privo di ostacoli. Un personaggio misterioso che diffondeva informazioni errate e confondeva fatti e opinioni creò un conflitto interessante. Sapientina e il Gufo Grammatico dovettero lavorare insieme per riportare la chiarezza.

Alla fine, la giovane Sapientina apprese un'importante lezione sulla comunicazione e sull'importanza della chiarezza e dell'oggettività nelle frasi. Con la saggia guida del Gufo Grammatico e con l'aiuto dei nuovi amici incontrati lungo il cammino, Sapientina tornò a scuola, pronta a condividere le sue nuove conoscenze con i suoi compagni di classe.


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La lingua “biforcuta” della stampa

Porta al figlio in carcere la cocaina da spacciare: li aveva negli slip

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Senza commento.



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



mercoledì 29 gennaio 2025

Il "binarista"



V
iveva tanto tempo fa, in un piccolo villaggio circondato da colline verdi e fiumi cristallini, un giovane che sognava di diventare un esperto manutentore di binari ferro-tranviari. Il giovane, Leo, fu preso sotto l'ala del vecchio Maestro Ferro, un veterano che aveva dedicato l’intera vita a mantenere i binari sicuri e funzionanti.

All’alba Maestro Ferro e Leo si recavano ai binari. Maestro Ferro insegnava a Leo come ispezionare le rotaie per trovare eventuali difetti e come utilizzare gli strumenti per ripararle. Un giorno, durante una delle loro solite ispezioni, Leo notò qualcosa di insolito: uno dei binari sembrava leggermente fuori allineamento.

Ricordando gli insegnamenti ricevuti - il giovane sapeva che anche il più piccolo difetto poteva portare a problemi più grandi -  non perse tempo, si avvicinò a Maestro Ferro e, con molta umiltà, gli segnalò l'anomalia.

M
aestro Ferro sorrise orgoglioso. "Hai fatto bene, amico Leo. La chiave per essere un buon manutentore non è solo nella formazione tecnica, ma anche nella trasparenza e nell'onestà. Ogni volta che trovi qualcosa di strano è importante parlarne e affrontarlo subito."

A
ssieme ripararono il binario, assicurandosi che fosse perfettamente allineato e sicuro per i treni che passavano. Col tempo, Leo divenne un esperto manutentore ferroviario, conosciuto e stimato da tutti per la sua dedizione al lavoro, per la precisione e per la trasparenza.

Un giorno d’estate, Leo e Maestro Ferro decisero di dare un nome a colui che esercitava questo mestiere: "binarista". Sottoposero il temine all’esame di un anziano linguista il quale si congratulò con loro perché ritenne perfetto il neologismo lessicale per la sua trasparenza."Binarista", infatti, è chiarissimo perché composto del sostantivo binario e del suffisso “-ista”, confisso che designa una professione, un mestiere o un’attività.


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lunedì 27 gennaio 2025

Sgroi – 191 - PERCHÉ (O QUANDO) GIUDICARE “ERRATO” UN USO?



di Salvatore Claudio
Sgroi
 

 

 

1. Quesito televisivo 


Nella istruttiva rubrica televisiva di Rai 1, "Pronto soccorso linguistico" del programma Unomattina in famiglia, -- ahimè solo bisettimanale, la domenica alle 8h.40 c., della durata di 15 minuti, quando non addirittura di un paio di minuti, come domenica 19 gennaio, o con interruzione pubblicitaria e del telegiornale il 26 gennaio, -- un professore ha posto all'esperto, Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, il quesito se il gerundio disf-ando il letto, che lui dice normalmente, anziché ‘dis-facendo il letto”, sia da considerare errato. 

La risposta del presidente della Crusca è stata senza esitazioni che si tratta di un uso errato, perché dis-fare è un composto di fare, il cui gerundio è facendo, da qui la forma corretta dis-facendo. 

 

2. Il perché “errato” nel giudizio del Presidente della Crusca 


La risposta dell’esperto rivela senz’alcun dubbio che il criterio per giudicare errato un uso è il criterio storico-etimologico. Invero, un criterio non molto affidabile perché equivalente alla negazione dell’evoluzione naturale di qualsiasi lingua storico-naturale vivente. 

 

2.1. Reazione di un ascoltatore 


Un mio amico, in reazione alla risposta del Presidente della Crusca, mi ha quindi così ‘mailato’: 

 

Caro Salvo, non so se hai visto questa mattina il tuo collega Presidente della Crusca. Ha ripreso una cosa di cui già abbiamo ampiamente parlato: disfando! Lui sostiene che è un errore blu, tu la pensavi diversamente. E mi avevi anche convinto che poteva essere accettato! Il problema è che io sono un chimico e per me ci sono solo regole certe! I linguisti invece mi sembrano come la vecchia Democrazia cristiana (che Dio l'abbia in gloria!) e le sue correnti: non esistono regole certe! Vero è che la lingua si deve adattare, aggiornare, adeguare, evolvere e, quindi, cambia ma a volte si può rimanere perplessi. 

 

3. Altri criteri di giudizio sugli usi corretti 


La mia risposta è stata che, scartando il criterio etimologico, a mio giudizio un uso può essere giudicato errato: a) se è poco comprensibile (il che non vale per disf-ando) o b) se, pur comprensibile, è tipico dell’uso di parlanti poco acculturati, ovvero dell’italiano popolare”. Il che non è il caso di disf-ando, in considerazione anche che l’utente-ascoltatore è un “professore”.  

Il mio amico, pur riconoscendo il naturale cambiamento linguistico dettato dai bisogni comunicativi dei parlanti, sente l’esigenza di avere “regole certe” e che “a volte si può rimanere perplessi”.  

La perplessità riguarda invero la diversità dei criteri dei giudizi dei linguisti nella valutazione della norma degli usi. Istruttivo è il paragone con “la vecchia Democrazia cristiana” e “le sue correnti. Io sostengo che, dinanzi alla diversità dei criteri normativi, dev’essere il parlante a valutare le argomentazioni alla base di tale diversità, e quindi a scegliere per poi comportarsi di conseguenza. 

 

4. Diffusione degli usi di disfando dal ’500 ai giorni nostri 


Volendo indagare sulla storia del gerundio disf-ando, Google libri ricerca avanzata consente di verificarne una grande – e antica – vitalità, a partire almeno dal ’500. Ci limitiamo a una esemplificazione minimale. 

Plutarchus·1525: “Tal che le caʃe dal fondo diʃfando / Lor ueste uirginal ʃono coʃaute / Dalla parte de ʃotto , & caminando/ Sono a mostrar lor coʃʃe ardite & preʃte(La prima (-seconda & vltima) parte delle vite di Plutarcho, p. XLIII). 

Bartolomeo Scappi 1605: “e ʃi ponerà nel primo vaʃo di legno, disfando la ʃemolella che ʃarà agruppata inʃieme pian piano di modo che torni nel primo ʃtato, cioè in granelli” (Opera di Bartolomeo Scappi, Dell’arte del cucinare, Venetia, Alessandro Vecchi, p. 46). 

Gianrinaldo Carli Rubbi 1754: “allorchè ogni peʃo d’oro o d’argento nella Città ʃarà talmente valutato, che niun disfando o traʃportando altrove la detta moneta ne riʃulti, non ʃi ritroverà al certo perʃona che ʃoldo impieghi in questa ʃorta di traffico” (Delle monete e dell' instituzione delle zecche d'Italia, Mantova, p. 80). 

Giovanni Pozzi 1827: “Può l’oriuolaio determinare più esattamente la bontà di un orologio e di ciascuna delle singole sue parti disfando l'orologio” (Dizionario di fisica e chimica, Milano, Fanfani, t. VII, p. 333).  

1903: “disfando il letto del morto” (La Lettura”, vol. 3, p. 512). 

1910: “disfando il letto” (“Rassegna contemporanea”, p. 459). 

Enrico Verson 1917: “Disfando e rifando le pile , si ha modo allora di passare in rassegna i singoli casellari e di mettere a parte tutti quelli che sperati verso la luce mostrano di contenere qualche bozzolo già aperto […]”.( Il filugello e l'arte di governarlo, p. 354). 

Giulio Nascimbeni 2002: “‘Disfando disfando’” che cosa ci resta ? Segnalazione del lettore A. Rasé di Milano”.(“Esame di giornalismo”, in “Sette”p. 17). 

Paola Barbato 2011: “Disfando i propri bagagli nell'armadietto che gli era stato assegnato aveva soppesato una maglietta” (Mani nude, Milano, Rizzoli, p. 204) 

Ecc., ecc. 

 

5. Regola nascosta del gerundio disf-ando 


Per il linguista, a parte il criterio di valutazione della norma, è più intrigante individuare la regola “nascosta” alla base dell’uso (magari inconscio) di disfando. È invero evidente che il parlante non percepisce più disfare come composto di “dis-” e “fare”, ma lo analizza come verbo semplice: “disf-are”, come beff-are, ingolf-are, ronf-are, sbaf-are, sbuff-are, schif-are, tif-are, trionf-are, ecc. 

 

5.1. Anomalie normative dei dizionari 


Si osservi altresì che, come indicato nella “Nota grammaticale” di disfare del Dizionario della lingua italiana di T. De Mauro (2000), alcune forme di dis-fare sono analizzate come il semplice disf-are e vengono indicate normativamente corrette: 

 

NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nell'ind. pres. dis-fo o disf-ò o dis-faccio, disf-i o dis-fai, dis-fa o disf-à, disf-iamo o disf-acciamo, dis-fate, disf-ano o dis-fanno, nell'ind. fut. dis-farò o disf-erò, ecc., nel congt. pres. disf-i o dis-faccia, disf-iamo o dis-facciamo, disf-iate o disfacciate, disf-ino o dis-facciano, nel cond. pres. dis-farei o disf-erei, ecc., nell'imp. dis-fai o dis- o disf-a' o disfa, dis-fate. 

 

E analogamente per un altro composto quale soddis-fare > soddisf-are:  

 

“NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nell'ind. pres. soddis-faccio o soddis-fo o soddis-fò, soddis-fai o soddisf-i, soddis-fa o soddisf-à, soddis-facciamo o soddisf-iamo, soddis-fate, soddis-fanno o soddìsf-ano, nell'ind. fut. Soddis-farò o soddisfer-ò, ecc., nel congt. pres. soddis-faccia o soddisf-i, soddis-facciamo o soddisf-iamo, soddis-facciate o soddisf-iate, soddis-facciano o soddisf-ino, nel cond. pres. soddis-farei o soddisfer-ei, ecc., nell'imp. Soddi-sfai o soddi-sfa' o soddisf-a, soddi-sfate. 

 

E Ridis-fare > ridisf-areNOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. disfare 

 

Ma non più nel caso di altri composti con “fare, quali 

arte-fare > artef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

assue-fare > assuef-are, NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

contraf-fare > contraff-are, NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare”. 

disassue-fare > disassuef-are“NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

for-fare > forf-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

lique-fare > liquef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. Su liquefando cfr. S.C. Sgroi, Gli Errori ovvero le Verità nascoste, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani 2019, pp. 104-107. 

mal-fare > malf-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

mansue-fare > mansuef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

mis-fare > misf-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

per-fare > perf-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

pre-fare > pref-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nel p.pass. 1prefato. 

putre-fare > putref-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nel p.pass. 1prefato. 

rarefare > raref-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nel p.pass. 1prefato. 

ri-fare > rif-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

sopraf-fare > sopraff-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare eccetto che nella 1ª pers. sing. dell'ind. pres. sopraf-faccio o sopraf-fò.  

stra-fare > straf-areNOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare”. 

stupe-fare >stupef-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare”. 

tepe-fare > tepef-are NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

torre-fare > torref-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

tume/fare > tumef-are “NOTA GRAMMATICALE: per la coniugazione vd. fare. 

 

SOMMARIO 

1.. Quesito televisivo 

2. Il perché “errato” nel giudizio del Presidente della Crusca 

2.1. Reazione di un ascoltatore 

3. Altri criteri di giudizio sugli usi corretti 

4. Diffusione degli usi di disfando dal ’500 ai giorni nostri 

5. Regola nascosta del gerundio disf-ando 

5.1. Anomalie normative dei dizionari 


























(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)