venerdì 15 novembre 2019

Strafalcioni doc


Ci piace richiamare l'attenzione dei nostri amici lettori su alcuni strafalcioni che quotidianamente "appaiono" sulla carta stampata (ma non solo) e che sono il frutto della presunzione di coloro che si piccano di fare la lingua, le così dette grandi firme del giornalismo italiano. Ma chi stabilisce la "grandezza"?
     A questo proposito il grido di dolore lanciato qualche anno fa dall'Accademia della Crusca, circa gli orrori di cui sono infarciti i giornali, non ha ottenuto l'effetto sperato, anzi... Le cause di questo sfacelo linguistico sono molteplici, non ultima la messa a riposo dei correttori di bozze.
     Sì, la (quasi) totalità dei giornali ha ritenuto opportuno sopprimere - con la scusa della computerizzazione - la figura di quel losco individuo che con certosina pazienza andava a caccia dei refusi (errori di stampa) e degli orrori linguistico-grammaticali degli estensori dell'articolo. Oggi questa rete di protezione non esiste più, sono venute, così, alla luce le magagne tamponate - un tempo - dai correttori/revisori. Oggi, dunque, il giornalista non ha più il capro espiatorio cui addossare la colpa dei propri strafalcioni: il merito è tutto suo.
     Sue sono, quindi, le smarronate che leggiamo e che inducono in errore gli studenti sprovveduti. Come il vezzo, per non chiamarlo errore, di adoperare le particelle pronominali ci si con alcuni verbi quali rafforzative della coniugazione con soggetto indeterminato: ci si andava, ci si era tutti, ci si era venuti.
     Questo "vezzo", dunque, è tremendamente errato. Il ci unito al si si può usare - ed è corretto - soltanto come forma di soggetto indeterminato con i verbi riflessivi o pronominali: ci si annoia (noi ci annoiamo), ci si vergogna (tutti si vergognano/ci vergogniamo), ci si deve lavare (tutti ci dobbiamo lavare); oppure come complemento di reciprocanza adoperato con la forma del soggetto indefinito: ci si vede domani, vale a dire ci vediamo domani; o, ancora, come avverbio di luogo, con il significato, appunto, di in questo luogo: a casa tua ci si sta bene.
     Vediamo altri strafalcioni tra i quali possiamo includere - senza tema di essere smentiti (a parte i soliti "linguisti d'assalto")- l'uso improprio (è un eufemismo) che la stampa fa del verbo elevare in cui il suddetto verbo non ha il significato che gli è proprio, vale a dire portare in alto. Cade, quindi, in un grossolano errore, commette una smarronata il cronista che scrive «gli inquirenti hanno elevato molti dubbi in proposito». I dubbi - fino a prova contraria - non si portano in alto, si manifestano, si suscitano.
    Altra smarronata frequentissima che fa bella mostra di sé sulla carta stampata è l'uso del partitivo con la preposizione con: l'esponente politico è stato inquisito con dei suoi amici. Quel dei partitivo deve essere sostituito - in buona lingua italiana - con/da alcuni: è stato inquisito con alcuni suoi amici.
     Potremmo continuare ancora, ma non vogliamo tediarvi oltre misura. Concludiamo queste noterelle, quindi, con un pensiero di Giuseppe Giusti: L'avere la lingua familiare sulle labbra non basta: senza accompagnarne, senza rettificarne l'uso con lo studio e con la ragione è come uno strumento che si è trovato in casa e che non si sa maneggiare.
A buon intenditor, poche parole...

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La lingua "biforcuta" della stampa

Un patrimonio di ville, terreni e auto di lusso  accumulato grazie al traffico di droga che ora è di proprietà dello Stato
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Il traffico di droga è ora proprietà dello Stato? Il "che" si riferisce sempre all'antecedente e, in questo caso, l'antecedente è il "traffico di droga".

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Rimini

Contagia una partner con Hiv: arrestato

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La partner ha l'Hiv?


E a proposito di contagio, leggiamo nel vocabolario Gabrielli in rete: «Comunicare ad altri una malattia per contagio; infettare: quando qualcuno si ammala finisce col c. tutta la famiglia». Questo "comunicare" ci lascia perplessi. Una malattia "si comunica"? Qui.


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E' successo intorno alle 20. Una moto ha affiancato un auto e ha esploso alcuni colpi. Sul posto i carabinieri

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Un orrore l'apostrofo in luogo dell'accento sulla "e" verbo. Auto è l'abbreviazione di automobile, di "sesso" femminile, ci vuole l'apostrofo, quindi (un'auto).

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Coloro che ravvisino strafalcioni orto-sintattico-grammaticali (e "concettuali") in articoli giornalistici possono inviarli a questo portale (fauras@iol.it). I testi "incriminati" saranno pubblicati ed esposti al pubblico ludibrio.


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Uno strafalcione, che grida vendetta, "scovato" in una pubblicazione del 1996: piantaggione. E in un giornale in rete del 4 settembre 2018.










   
     



1 commento:

Monmartre ha detto...

Nella frase «Contagia una partner con Hiv: arrestato» è da notare, a parte il barbaro partner e la brutta consuetudine di non mettere tutto in maiuscolo le sigle non leggibili, l'assenza - inglesizzante - dell'articolo davanti alle malattie.