lunedì 4 novembre 2019

Di tutto un po' (disquisizioni linguistiche)


Due parole, due, sull’uso corretto di qualunque perché non sempre è adoperato... correttamente. Qualunque, dunque, è un aggettivo indefinito di quantità  e significa l’uno o l’altro che sia. È invariabile e non si può adoperare in funzione di pronome (il pronome corrispondente è chiunque). Essendo invariabile non ha plurale;  non è “ortodosso”, quindi, scrivere o dire, per esempio: non mi convincerete mai, qualunque siano le vostre motivazioni. Un verbo di numero plurale (siano) non può riferirsi a un singolare (qualunque). In casi del genere si sostituisca qualunque con quali che (siano le motivazioni). Alcuni vocabolari ammettono, sia pure raramente, l’uso al plurale, in questo caso, però, sempre posposto al sostantivo. Un’ultima annotazione. Qualunque si può adoperare anche in funzione di aggettivo relativo unendo due proposizioni e il verbo che segue va al congiuntivo (popolare l’uso dell’indicativo). In quest’ultimo caso è grave errore farlo seguire dal pronome “che” (essendo insito in qualunque). Non, quindi: voglio sapere qualunque cosa che voi facciate, ma, correttamente, “qualunque cosa facciate”.


Si presti attenzione sull’uso corretto dei verbi "rabboccare" e "riboccare" perché molto spesso vengono considerati l’uno sinonimo dell’altro. Cosí non è. Il primo, transitivo, significa “aggiungere liquido” fino a colmare il recipiente: l’otre non è pieno bisogna rabboccarlo. Il secondo, invece, intransitivo, sta per “esser colmo”, “traboccare”. Nei tempi composti si coniuga con l’ausiliare “avere” se si prende in considerazione il contenitore: il bicchiere ha riboccato; l’ausiliare “essere” se interessa il contenuto: il latte è riboccato. La medesima “regola” per il sinonimo traboccare.


Abbiamo notato, con “stupore”, che si va sempre piú diffondendo l’uso di scrivere (e dire) “in incognito” invece di “incognito”:  il cantante è giunto a Roma “in incognito”. La locuzione corretta è solo “incognito”. L’aggettivo, infatti, proviene dal latino incognitus, composto con la preposizione negativa in e il participio passato di cognoscere (“non conosciuto”). Diremo, perciò - correttamente - che “il cantante è giunto a Roma incognito”.


La congiunzione “e”, lo dice la stessa parola, per lo piú ha valore ‘congiuntivo’ e ‘aggiuntivo’: noi e voi. Ma ha anche un altro “valore” poco conosciuto: avversativo: l’oratore ha parlato per tre ore, e non ha detto nulla. È un pleonasmo “obbligatorio” quando forma locuzioni interponendosi fra ‘tutti’ e un aggettivo numerale cardinale (tutt’e cinque) o fra un participio passato e l’aggettivo bello: bell’e detto. È un pleonasmo inutile, invece, collocare la “e” fra due numerali: cento e sette. Molto meglio: centosette. Unita a un avverbio richiede il cosí detto raddoppiamento sintattico: eccome, eppure, ebbene, epperciò ecc.

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