Nel panorama ricco e sfumato del nostro melodioso idioma i sintagmi verbali permettere e sottomettere si presentano come due termini distinti, ma spesso fraintesi per la loro somiglianza formale. Entrambi appartengono a una vasta schiera di verbi composti che hanno origine dal latino mittere, che significa “mandare”, “lasciare andare”. A questa radice si aggiungono prefissi spaziali o direzionali che orientano il significato del verbo in maniera profonda. Analizzarli con attenzione ci aiuta a cogliere le sottili differenze che arricchiscono l’espressione del pensiero.
Permettere viene dal latino permittere, dove per- significa “attraverso” o “oltre” e mittere indica “mandare”. L’accezione originaria, “mandare oltre”, si è evoluta acquisendo il significato di “consentire che qualcosa accada”, “concedere il permesso”. È un verbo che apre, che autorizza, che riconosce un potere ma anche una libertà. Dire, per esempio, “ti permetto di parlare” è un gesto di fiducia e di controllo equilibrato.
Sottomettere, invece, dal latino submittere, composto da sub- (“sotto”) + mittere, significa “mandare sotto”, da cui “assoggettare”, “porre sotto autorità”. È un verbo che comunica una relazione di forza, di dominazione, molto spesso di coercizione. “Ha sottomesso i nemici” è un’espressione che veicola l’idea di potere imposto, non una concessione.
Nel parlare quotidiano, permettere si trova nei contesti familiari, normativi, educativi: “Mi ha permesso di uscire prima”. È un verbo che trasmette apertura. Sottomettere invece si incontra in contesti storici, politici, psicologici: “La volontà del gruppo è stata sottomessa”. Lì dove uno lascia uno spazio, l’altro impone un confine.
Ecco due esempi esplicativi che chiariscono meglio l’uso e il tono dei due sintagmi:
Il professore permette agli studenti di utilizzare gli appunti durante l’esame” (atto di liberalità e fiducia).
Il dittatore ha sottomesso la popolazione con la forza militare (atto di dominio e repressione).
Due verbi, due visioni del potere, insomma. Il primo concede, il secondo restringe. Il primo riconosce, il secondo impone. Entrambi potenti, ma da “maneggiare” con consapevolezza.
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La lingua “biforcuta” della stampa
L'ultimo saluto a padre Fedele tra cori e sciarpe rossoblu
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Correttamente: rossoblù. Blu, monosillabo, da solo ‘rifiuta’ l’accento; ‘in compagnia’ lo esige.
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Un sereno Ferragosto alle amiche e agli amici di questo portale
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1 commento:
BUON FERRAGOSTO!
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