mercoledì 20 agosto 2025

Il non senso del 'nonsenso': quando l’italiano copia l’inglese (o il francese)

 


“Facciamo un brief prima del call, così il team è allineato.” Se questa frase ti suona familiare, sei in buona compagnia. L’italiano contemporaneo è sempre più affollato di parole che sembrano moderne, funzionali, persino eleganti ma che, a una attenta analisi, sono forestierismi travestiti da lessico nostrano. In questo articolo esploriamo il non senso del 'nonsenso': quando l’italiano copia l’inglese, lo adatta, lo camuffa… e finisce con il perdere un po’ di sé.


L’uso del termine nonsenso nel significato di “assurdo”, “sciocchezza”, “illogicità” e simili è oggi piuttosto diffuso, ma non privo di ambiguità e critiche. A ben vedere, si tratta di un forestierismo mascherato da parola italiana, un calco semantico del francese non-sens e dell’inglese nonsense, che ha trovato piena cittadinanza nel nostro lessico, pur senza radici profonde nella tradizione linguistica italiana.

Il sostantivo nonsenso è formato da non e senso, e in apparenza potrebbe sembrare una costruzione legittima. Tuttavia, in italiano, la negazione non non si adopera normalmente per formare sostantivi composti. Non esistono, per esempio, parole come nonlogica, nonverità, nonordine e 'nonsenso', in questo schema, risulta un’anomalia. La sua struttura richiama direttamente quella della lingua di Albione, dove nonsense è parola pienamente accettata e radicata, usata per indicare qualcosa di privo di significato, assurdo, o ridicolo.

Nella lingua di Dante, per esprimere lo stesso concetto, esistono già numerose alternative: assurdità, sciocchezza, illogicità, incongruenza, stramberia, farneticazione, delirio, idiozia, insensatezza. Ciascuna di queste parole ha sfumature proprie, ma tutte condividono l’idea di qualcosa che non ha senso, che contraddice la logica, che appare privo di coerenza o ragione.

Eppure nonsenso si è insinuato nel linguaggio, soprattutto scritto, con una certa pretesa di eleganza o di precisione. Molto spesso leggiamo in articoli di giornali, saggi, recensioni: “Questa teoria è un puro nonsenso”; “Il film è costruito su un nonsenso narrativo”; “Le sue parole erano un nonsenso totale”. In questi casi, il termine “incriminato” sembra voler richiamare una certa raffinatezza intellettuale, forse proprio per la sua origine straniera, come se l’uso di nonsenso conferisse un tono più colto o “internazionale” al discorso.

Ma è proprio qui che si annida il rischio: l’uso di nonsenso può apparire artificioso, forzato, persino snobistico. Non è un termine che nasce spontaneamente dal parlato italiano né che si ritrovi nei classici della nostra letteratura. È un prestito camuffato, che si è fatto largo più per imitazione (perché l’erba del vicino è sempre più verde) che per necessità. E come tutti i prestiti può generare ambiguità o fastidio.

Un esempio chiarisce meglio il punto. Se si scrive: “La sua risposta è stata un nonsenso”, il lettore potrebbe cogliere il significato, ma percepire anche una certa estraneità, una nota stonata. Se invece si scrive: “La sua risposta è stata una sciocchezza”, oppure “una farneticazione”, oppure “un’assurdità”, il messaggio è più diretto, più naturale, più... italiano.

Va anche detto, però, che nonsenso ha trovato una sua nicchia "legittima" in ambiti specifici, come la critica letteraria o artistica. Si parla, per esempio, di umorismo del nonsenso per descrivere quella comicità surreale, illogica, tipica di certi autori inglesi come Edward Lear o Lewis Carroll. In questi contesti il termine in oggetto ha una funzione quasi tecnica, e il suo uso è giustificato dalla necessità di tradurre un concetto culturale preciso. Ma all’infuori di questi ambiti, il suo uso rischia di apparire come un vezzo linguistico.

In conclusione, nonsenso è una parola che si può adoperare, ma con una certa cautela. Non è propriamente italiana, non ha una lunga storia nel nostro idioma, e quasi sempre può essere sostituita con termini più autentici e incisivi. Il suo uso va ponderato, dunque, evitando l’effetto di imitazione sterile o di affettazione stilistica. La lingua italiana, come abbiamo visto, offre già un ventaglio ricchissimo di parole per dire che qualcosa è assurdo, illogico, privo di senso. Non serve ricorrere a un calco straniero per esprimere, con chiarezza e naturalezza, ciò che ci offre il nostro meraviglioso lessico.


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La lingua “biforcuta” della stampa

Il caso

Dichiarata la morte cerebrale per la bambina sbarcata a Lampedusa dopo un viaggio senza cibo e acqua

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Correttamente: senza cibo né acqua. Dal vocabolario Treccani: Quando si escludono due cose, la congiunzione correlativa a senza è , più raram. o: lo tennero in cella tre giorni, s. mangiare né bere; è uno strozzino, s. pietà né riguardo per nessuno (meno spesso, s. pietà o riguardo).  






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