In tutti gli idiomi le parole sono come strumenti musicali: alcune suonano simili, ma hanno timbri diversi. I verbi “credere” e “ritenere” sono spesso usati come sinonimi, ma in realtà nascondono sfumature profonde che li distinguono. Entrambi indicano una forma di giudizio o convinzione, ma il primo nasce dalla fiducia, il secondo dalla riflessione. “Credere” è un atto che coinvolge l’intuizione, il sentimento, talvolta la speranza; “ritenere” è figlio del ragionamento, della ponderazione, della cautela. Per cogliere questa differenza non basta una definizione: serve una storia. E allora, come ogni buona lezione che si rispetti, affidiamoci a una favola.
Nel cuore di una foresta antica, dove le parole crescevano sugli alberi e le idee volavano come farfalle, vivevano due animali molto diversi: Volpina, astuta e impulsiva, e Gufo, riflessivo e saggio.
Un giorno, Volpina vide una luce misteriosa tra gli alberi. “È sicuramente una stella caduta!” esclamò. “Lo credo,” disse tra sé e sé, con gli occhi pieni di meraviglia. Non aveva prove, ma il suo cuore le diceva che era vero.
Volpina non lo sapeva, ma nel suo slancio stava incarnando il significato profondo del verbo credere, che in latino significa “affidarsi, consegnare il cuore” (dal protoindoeuropeo ‘kred-dheh’- “avere fiducia”, base del latino credere). Era un atto di fiducia, un salto nel vuoto sorretto dalla speranza.
Gufo, che osservava dall’alto, scese con calma. “Io ritengo che sia il riflesso della luna su una pozzanghera,” disse. Aveva visto quel fenomeno molte volte, e lo diceva con ponderazione.
Anche Gufo non parlava a caso. Il suo verbo, ritenere, veniva dal latino re-tenere, “tenere indietro, trattenere”. Era come se trattenesse il giudizio, lo pesasse, lo valutasse prima di lasciarlo uscire. Non si affidava: rifletteva.
Volpina si offese. “Tu non hai fantasia!”
Gufo sorrise. “Tu hai fede, io ho criterio. Entrambi vediamo il mondo, ma con lenti diverse.”
Volpina crede che il vento parli: lo sente nel cuore. Gufo ritiene che il vento sia il risultato di correnti atmosferiche: lo ha studiato.
Volpina crede che il giovane cervo sia innocente: si fida del suo sguardo. Gufo ritiene che sia meglio osservarlo ancora: ha notato tracce sospette.
Credere è come saltare nel vuoto con fiducia. Ritenere è come costruire un ponte prima di attraversare.
La foresta ha bisogno di entrambi: dei sogni che si affidano al cielo e delle mappe che tracciano il terreno. Ma sapere quando usare l’uno o l’altro… è la vera saggezza.
Alla fine del giorno, quando la luce misteriosa si era dissolta e la foresta tornava al suo silenzio, Volpina e Gufo si sedettero sotto un vecchio albero di quercia, le cui radici affondavano nei secoli e le foglie sussurravano versi dimenticati.
“Credere è come amare,” disse Volpina, “non sempre sai perché, ma senti che devi.”
Gufo annuì. “Ritenere è come conoscere: non basta sentire, bisogna comprendere.”
E così, tra il cuore che si affida e la mente che trattiene, si disegna la mappa dell’umano pensiero. Credere senza ritenere è cieco slancio. Ritenere senza credere è sterile prudenza.
La verità, forse, non sta nel verbo che scegli, ma nel momento in cui lo scegli. Ci sono istanti che chiedono fede, e altri che esigono giudizio. Sapere quando lasciarsi andare e quando trattenere: questa è la danza sottile della saggezza.
La notte calò, e la foresta si addormentò cullata da due voci: una che credeva nelle stelle, l’altra che le studiava. E in quel silenzio, anche le parole sembravano respirare.
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La lingua “biforcuta” della stampa
L'europarlamentare
Vannacci irride la sinistra con un pesce: "Ecco la faccia che avrà dopo il voto"
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Molto “più corretto”: irride alla sinistra. Irridere è transitivo quando sta per schernire, deridere e simili: tutti gli astanti lo irrisero; è intransitivo quando acquisisce l’accezione di mostrare disprezzo e simili: irrisero alla sua bontà.
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Una gemma linguistica
Riceviamo,
pubblichiamo e ringraziamo
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Prof. Tullio Serafini

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