C’era una volta, nel rigoglioso Giardino della Grammatica Italiana, un giovane Seme d’Oro pieno di ambizioni. Sognava di diventare la pianta più grande, elegante e rispettata di tutte. Per riuscirci, si nutriva solo delle parole più importanti: nomi, verbi e aggettivi. Quelle sì che avevano peso! Le interiezioni, invece, le guardava con sufficienza. "Ah!", "Oh!", "Ehi!", "Uffa!"… sembravano solo suoni impulsivi, privi di valore. «A che servono quelle paroline minuscole e veloci?» si chiedeva, ignorandole del tutto.
Il tempo passò, e il Seme d’Oro crebbe in un albero maestoso. I suoi rami si distendevano con eleganza, e i frutti pronunciavano frasi perfette: Il sole splende nel cielo azzurro; Il gatto si arrampica sull’albero. Ogni foglia si muoveva al vento recitando proposizioni impeccabili. Tutto era logico, armonioso, corretto.
Ma un bel giorno, un uccellino si posò su uno dei suoi rami e osservò l’albero con curiosità. «Il tuo albero è bellissimo,» cinguettò, «ma perché sembra così… freddo? Manca qualcosa.» Il Seme d’Oro, ormai albero, rimase interdetto. Manca qualcosa? Ma è perfetto!
Proprio in quel momento, apparve la Fatina dei Sentimenti, luminosa come un pensiero gentile. Lei conosceva il segreto delle interiezioni. «Mio caro albero,» disse con un sorriso, «le tue frasi sono corrette, ma non hanno un’anima. Le interiezioni (alcuni studiosi di lingua le chiamano anche “onomatopee”) sono le parole-sentimento. Sono come scintille che accendono le emozioni, come battiti di cuore che danno vita al linguaggio. Le interiezioni – devi sapere – sono una delle nove parti del discorso, capaci di esprimere emozioni, stati d’animo ed esclamazioni. Non descrivono: sentono. E fanno sentire. Senza di loro, il linguaggio resta freddo, anche se perfetto.»
La bella fatina, subito dopo, aprì il suo sacchetto magico e lanciò una manciata di interiezioni sul terreno intorno all’albero. E accadde qualcosa di straordinario:
Un bambino vide un frutto maturo e, con gli occhi pieni di meraviglia, esclamò: Ah! Che bellezza! L’albero sentì un’ondata di gioia che lo fece brillare.
Una volpe, astuta ma maldestra, cercò di rubare un frutto e scivolò: Oh! Che scivolone! L’albero percepì la sorpresa e l’imbarazzo, e le sue foglie tremarono di empatia.
Il vento si fece più forte, e le foglie si agitarono borbottando: Uffa! Che noia questo vento! L’albero comprese la loro frustrazione e si piegò con dolcezza.
Il Seme d’Oro capì, finalmente, la lezione. Le interiezioni erano piccole, sì, ma potentissime. In un solo istante potevano esprimere gioia, paura, sorpresa, delusione, dolore. Non descrivevano il mondo: lo coloravano con le emozioni.
Proprio allora, uno dei frutti più rossi e succosi si staccò dolcemente dal ramo e rotolò ai piedi del tronco. Poi, con voce calda e rotonda, parlò:
«Caro albero, tu hai imparato a parlare con eleganza, ma ora hai scoperto come far vibrare il cuore. Le parole sono come noi frutti: alcune nutrono il corpo, altre l’anima. Le interiezioni sono il succo della vita, il primo morso che fa dire “Mmm!” o “Ah!” senza pensarci. Non servono a spiegare: servono a sentire. E quando il linguaggio fa sentire… allora è davvero vivo.»
L’albero sorrise dentro di sé, e le sue foglie si misero a danzare. Da quel giorno, non trascurò più le interiezioni. Le accolse tra i suoi rami, le lasciò fiorire tra le foglie, e i suoi frutti iniziarono a raccontare storie vive, vibranti, piene di amore.

Nessun commento:
Posta un commento