domenica 1 agosto 2021

Sgroi - 111 - Tradurre o non tradurre gli anglicismi?




di Salvatore Claudio Sgroi

 

1. Perché il peer review?

Come è noto, in ambito universitario le riviste italiane sono classificate dall'ANVUR (= Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) in riviste scientifiche di Classe A rilevanti ai fini dell'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) e quelle di Classe B, e il peer review, letteralmente "recensione dei pari", ovvero "valutazione di revisori anonimi" o " valutazione anonima da parte di specialisti interni ed esterni agli organi della Rivista" o ancora "referaggio anonimo", è una delle condizioni necessarie per essere classificate "riviste di classe A".

 

1.1. Il (o la) peer review nelle riviste italiane.

Una rapida scorsa ad alcune riviste scientifiche, scelte a caso, consente di rilevare la presenza di tale dizione, in varianti diverse, ovvero sia in inglese, ma anche in traduzione italiana (o in versione bilingue), già su anticipate.

 

1.1.1. La via italiana

La "via italiana" è quella sostenuta nel "Tema del mese" di maggio dell'Accademia della Crusca dedicato dal suo presidente, Claudio Marazzini, al "Perché è utile tradurre gli anglismi", dove si argomenta con esempi sull'opportunità di tradurre i singoli angli(ci)smi circolanti in italiano, ovvero di sostituire agli anglicismi "crudi" (ossia stranierismi a partire dalla veste "grafo-fonica") voci italiane, prima che essi abbiano il tempo di attecchire in italiano (la politica del gruppo "Incipit"), perché altrimenti l'italiano si snaturerebbe. 

Negli "Studi di Lessicografia Italiana" (rivista dell'Accademia della Crusca) si legge: "Gli articoli proposti per la pubblicazione sono sottoposti al parere vincolante di due revisori anonimi".

Gli "Studi di grammatica italiana" (altra rivista della Crusca) precisano: "Gli articoli proposti per la pubblicazione  nella rivista sono sottoposti anche al parere di due revisori anonimi esterni al Comitato".

In "Lingua e Stile" si specifica: "I contributi pubblicati nella rivista sono sottoposti a una procedura di valutazione anonima da specialisti interni ed esterni agli organi della rivista".

Quasi con le stesse parole di "SILTA. Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata": "Tutti gli articoli sono sottoposti a valutazione anonima da parte di specialisti interni ed esterni agli organi della Rivista".

Il "Bollettino dell'Opera del Vocabolario Italiano" da parte sua precisa: "Dall'annata 2011 gli articoli del Bollettino sono sottoposti alla valutazione di revisori anonimi".

Gli "Studi Linguistici Italiani" puntualizzano: "Gli articoli [...] sono sottoposti al parere vincolante di due revisori anonimi".

Gli "Annali del Dip. di studi lett., ling. e comparati. Sezione linguistica. AIὨN" fanno presente che "Le proposte di pubblicazione [...] vengono valutate da revisori anonimi".

La via con calco è seguita invece da "Todomodo": "Tutti gli articoli proposti per la pubblicazione sono valutati tramite doppio referaggio anonimo (doppio cieco)".

 

1.1.2. La via bilingue

La strada del calco con l'originale anglo-americano appare altrove, là dove si specifica: "Quaderni di semantica è una rivista internazionale con referaggio anonimo (blind peer review)".

 

1.1.3. La via anglofila

Ancora una terza possibilità è quella anglofila di altre riviste come "Italiano Digitale. La rivista della Crusca in rete", che sottolinea che ogni articolo è "sottoposto a peer review" ed è nel contempo "Open access". O "Le Forme e la Storia", che puntualizza: "La rivista si avvale della procedura di valutazione e accettazione degli articoli double blind peer review", negli stessi termini degli "Annali della Fondazione Verga": "La rivista si avvale della procedura di valutazione e accettazione degli articoli double blind peer review".

E con variante nel "Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani": "I singoli contributi sono peer reviewed ['valutati da pari'] da un comitato di lettura costituito da almeno due valutatori esterni", nonché nel frontespizio degli "Incontri linguistici": "A Yearly International Peer-Reviewed Journal".

Per non dire di riviste come "Lingue e linguaggio", con titolo in italiano ma prevalentemente anglografa: "Lingue e linguaggio operates on a double-blind peer review policy".

 

1.2. Peer review in francese?

En passant, osserviamo che l'americanismo peer review è assente ne Le Petit Robert 2017, e che in ognuno dei due importanti voll. su Les Idéologies linguistiques di AA.VV. (Lang, Berlin 2021) si legge: “Il a été revu par des pairs avant sa publication”.

 

2. Peer review in anglo-americano

Quanto alla fortuna lessicografica del sintagma peer review, rileviamo che nel Merriam-Webster's Collegiate Dictionary (200311) il lemma in quanto "noun" è datato 1969 ed è definito "a process by which something proposed (as for research or publication) is evaluted by a group of experts in te appropriate field". Ed è presente anche come "verb transitive" (to) peer-review (il che spiega il "peer reviewed [...] da almeno due valutatori esterni", di cui sopra § 1.1.3).

 

2.1. Il (o la) peer review nella lessicografia italiana

Quanto alla lessicografia italiana, la voce è lemmatizzata nel GRADIT ovvero Grande dizionario italiano dell'uso di T. De Mauro (App. vol. 8, 2007): peer(-)review come "loc.s.f. invar.", datata 2001, dall'ingl. amer., reso alla lettera "revisione da parte dei pari".

Anche il Supplemento del Battaglia-Sanguineti 2009 da parte sua registra peer review, derivante dalla "locuz. ingl. americ.", ma più pertinentemente con genere oscillante s.m. e femm. e con la retrodatazione di 3 ess. giornalistici del 1987, 2004, 1997.

Nell'ambito della lessicografia scolastica, il termine latita nel De Mauro 2000, nel Garzanti 2020 ma anche nel Devoto-Oli 2019 (non sapremmo se ancora nelle successive edd. del 2020 e 2021), ma non nello Zingarelli, che lo registra non solo nell'ultima ed. 2021, ma da 10 anni a questa parte, già dall'ed. del 2011; e lo retrodata al 1981. Il lemma peer review è lì definito con genere oscillante come s.m. o femm., "valutazione della qualità di una pubblicazione scientifica o di un progetto di ricerca affidata a specialisti del settore" ed è indicato col traducente "recensione di pari" della "loc. ingl.".

Il termine è vitale, aggiungiamo, con 14 ess. nella pagina letteraria del "Sole 24 ore" (di un 25ennio 1983-2008) tra il 2000 e il 2008: 9 volte al femm. con trattino ("Quelli appunto basati sulla peer-review"; "alla fine della Conferenza mondiale sulla peer-review nelle scienze biomediche"; "La peer-review è la valutazione dei testi inviati alle riviste da parte di referees che sono specialisti non retribuiti, e dovrebbe garantirne la qualità"), ma per lo più senza trattino ("Lo stesso vale per la peer review"; "Gli autori mostrano che la peer review è fortemente imparentata con l'idea costituzionale della divisione e del bilanciamento dei poteri"; "È la via italiana alla peer review"; "i migliori risultati nella valutazione di tipo bibliometrico e da parte della peer review"; "grazie anche alla peer review rigorosa che ha imposto, l'Istituto sfavilla"; "la valutazione dei progetti di ricerca attraverso la peer review"); e 3 al masch. senza trattino ("secondo il sistema del peer review, o revisione di pari"; "Il sistema del peer review dovrebbe garantire quella valutazione "oggettiva") e con trattino ("Il peer-review intende preservare l'integrità di giudizio").

Grazie a "Google libri ricerca avanzata" è anche retrodatabile al 1980 con

 

Michelangelo De Maria 1980·"secondo un giudizio dato dai ‎propri pari  [peer - review]" (Fisica e società negli anni '20, Clup, p. 292).

 

Stando al ColiWEB, un metacorpus dell'italiano, ideato da M. Biffi, selezionato da 72 siti web, attualmente con circa 800mila occorrenze (e un lemmario di circa 34mila lemmi), non meno di 520 sono le occorrenze, sia al masch. che al femm., di peer review.

   

3. Open access

Collegata al peer review è spesso la dizione "Open Access", che, come illustra chiaramente Google, significa "accesso libero e senza barriere al sapere scientifico, come viene enunciato nella Berlin Declaration on open access to knowledge in the Sciences and Humanities". Ovvero "Si può scegliere di pubblicare in riviste ad accesso aperto che garantiscono la peer-review (gold road)".

L'espressione open access ricorre 14 volte in 4 articoli del citato "Sole 24 ore" del 2004 (10 ess. in due artt. di Sylvie Coyaud), del 2006 e del 2007, per es. "Nel frattempo l'editoria "open access" si è moltiplicata, dotata di "peer-review", comitati scientifici, redattori specializzati", a fronte di un solo es. di accesso aperto del 2006:

"Ricalcando il modello open source da tempo diffuso in ambito informatico, il Gruppo Laser suggerisce di creare una Open Patent, associata ai principi dell'Open Access (questi ultimi per altro già promossi a livello europeo dalla Dichiarazione di Berlino sull'accesso aperto alla letteratura scientifica, del 2003)".

Nel citato ColiWEB gli ess. di open access sono invece 66 a fronte di 106 di accesso aperto.

Il termine manca invero nella lessicografia maggiore e scolastica e ci si aspetta quindi che venga recuperato l'anno prossimo dallo Zingarelli e da altri dizionari.

 

4. Il perché del peer review e dell'open access

In conclusione, volendo trovare una spiegazione non logicistica ma storica della scelta degli anglicismi, ci sembra riconfermato da un lato il (ben noto) prestigio dell'anglo-americano, collegato a una sede accademica e di potere qual'è (sic!) l'ANVUR, con "una citazione" richiesta dalle regole del gioco (di potere), dall'altro gioca in negativo la resa in italiano 'più verbosa' nel caso di peer review con "valutazione di revisori anonimi" o "valutazione anonima da parte di specialisti interni ed esterni agli organi della Rivista" o nel caso di"referaggio anonimo", l'essere per alcuni un "brutto" neologismo calcato sull'inglese, come indica il citato Zingarelli: "dall'ingl. refer(ee) con il suff. -aggio". Il termine è lí definito s.m. "valutazione delle qualità di un progetto di ricerca o di un articolo scientifico da parte di esperti, in genere anonimi, prima di deciderne il funzionamento o la pubblicazione", ed è datato genericamente sec. XX. (Un es. di Armando Massarenti nel citato "Il Sole 24 Ore" consente di datarlo al 29.01.2006: "una politica che finalmente premia, ricorrendo al referaggio internazionale, la vera eccellenza". Nessuno es. invece nel citato ColiWEB).

 

Sommario

1. Perché il peer review?

1.1. Il (o la) peer review nelle riviste italiane   

1.1.1. La via italiana

1.1.2. La via bilingue

1.1.3. La via anglofila

1.2. Peer review in francese?  

2. Peer review in anglo-americano

2.1. Il (o la) peer review nella lessicografia italiana

3. Open access

4. Il perché del peer review e dell'open access





 

Nessun commento: