Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo
Dovrebbe arrecarci fastidio il ridicolo di cui ci copriamo scimmiottando gli angloamericani. L’Italia è il solo paese al mondo, almeno io credo, in cui governo, élite, Tv, giornali conducono alacremente una sistematica opera di smantellamento della lingua nazionale. Basti dire che il parlamento italiano usa, compiaciuto, termini inglesi: election day, welfare, stalking, jobs act, question time, step-child adoption, social card, cashback, etc.
Ritradurre in italiano certi termini inglesi può rivelarsi, oltre tutto, impossibile perché l’idiotismo installato da noi nel dizionario italiano è frutto spesso di pura idiozia. Giudicate voi: al posto di graffitaro o imbrattamuri, sul Corriere della Sera e sugli altri giornali troviamo writer, traduzione inglese di scrittore. Ma chi scrive sui muri non è certo uno scrittore… E così il galoppino, corriere, fattorino che fa le consegne in bicicletta, invece di essere un semplice ciclo-fattorino, è per gli italiani un rider. Ma bisognerebbe pensare anche a certe conseguenze di un eventuale ridimensionamento linguistico ai suoi danni. L’abolizione dell’anglicismo “rider” rischierebbe infatti d’immiserire sul piano sociale il lavoratore su due ruote, cui verrebbe tolta la dimensione cinematografica alla “easy rider” che lo ha aiutato fin qui a pedalare e a mangiare. Ma io invito lui e gli altri a parlare, finalmente, come mangiano.
È triste. Ma l’imperioso “Yes Sir!”, imposto nel passato attraverso la penisola dai nostri storici liberatori, oggigiorno risuona sgangherato e cacofonico nella terra dove il “suona bene” e il dolce “sì” prima riecheggiavano solari. Oggi invece tanto il “suona bene” che il “dolce sì” stanno finendo tristemente in vacca, o per dirla in una maniera più facile da capire per i nostri Italians, “are going to the dogs”.
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