Proviene, manco a dirlo, dal greco “soloikismòs”, derivato dalla città di Soli, in Cilicia, dove si parlava un greco assai scorretto. I Greci, dunque, chiamarono “solecismi” tutte quelle parole che nella pronuncia, nella grafia e nei vari costrutti non rispecchiavano la “purezza” della lingua.
Il termine è poi giunto a noi con lo stesso significato: grossolano errore. Sono solecismi, vale a dire veri e propri errori, per esempio, “piú meglio”, “a gratis”, “vadi”, “venghi”, “un’uomo”, “coscenza”, “soddisfando”, “stassi”, “se mi darebbero”, “ce n’è molti”, “la meglio cosa”, “ci ho detto”, “gli uovi”, “è bello come tu”.
Potremmo continuare ancora essendo molti i solecismi riferiti alla pronuncia: “zàffiro” in luogo di “zaffíro”; “rùbrica” invece di “rubríca”; “leccòrnia” in luogo di “leccornía”; “guàina” in luogo di “guaína”; “mòllica” invece di “mollíca”; “pesuàdere” al posto di “persuadére”, “autodròmo”, "àmaca".
Potremmo andare avanti, ma non vogliamo tediarvi oltre misura e offendere i vari “oratori” che dai numerosi salotti televisivi ci “propinano” i loro sfondoni immortalati anche nei libri, "opere" che le persone accorte in fatto di lingua non compereranno mai.
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La lingua "biforcuta"
della stampaAlla festa della Lega di Pontida le pizze "Aquarius" e "Sea Watch" che irridono la tragedia dei migranti
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Correttamente:
che irridono alla tragedia dei migranti.
Il verbo "irridere" - è
transitivo e intransitivo. È transitivo quando sta per deridere, schernire e si costruisce con il complemento oggetto: lo irrisero tutti; è intransitivo,
invece, quando si usa con il significato di mostrare
disprezzo e simili: irrisero alla sua
bontà.
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