domenica 14 settembre 2025

Munire, il custode delle fortezze interne

 

Nel vasto “territorio” della lingua italiana, ogni verbo ha una sua storia, una sua missione, e talvolta una sua... solitudine. Alcuni verbi vengono travisati, usati impropriamente, confusi con altri più comuni o più “servizievoli”. È il caso del verbo munire, spesso scambiato per fornire o provvedere, ma che in realtà ha radici ben diverse e un carattere tutto suo. Questa favola nasce per restituirgli dignità, chiarirne il significato e farne riscoprire il valore profondo: quello di chi non distribuisce, ma prepara; non consegna, ma fortifica.

C’era una volta, in un Paese lontano, una scuola molto speciale chiamata Accademia dei Verbi. In quel luogo straordinario vivevano tutti i verbi della lingua italiana, ciascuno con una missione ben precisa.

Il verbo Fornire era sempre indaffarato: distribuiva penne, quaderni e merende agli alunni con generosità instancabile. Provvedere, invece, si occupava che le aule fossero pulite e che le gite scolastiche fossero organizzate con cura e precisione.

Ma MunireMunire era diverso. Robusto, silenzioso, un po’ severo. Viveva ai margini del cortile, spesso incompreso. Il suo compito non era visibile come quello degli altri, ma non per questo meno importante: lui preparava gli alunni a difendersi, a essere forti e resistenti.

Quando si avvicinava l’esame di storia, Munire aiutava i verbi-alunni a munirsi di coraggio, affinché non temessero le date difficili. Quando il vento soffiava impetuoso contro le finestre dell’Accademia, Munire le faceva munire di robusti rinforzi, così che il freddo non potesse entrare. Il suo lavoro era proteggere, fortificare, rendere saldi.

Eppure, non tutti capivano il suo ruolo. Alcuni, confondendolo con Fornire o Provvedere, lo usavano impropriamente, chiedendogli oggetti o servizi. Ma Munire non significava distribuire né garantire approvvigionamenti.

Etimologicamente, munire deriva dal latino... munire, “fortificare, costruire mura”, lo stesso verbo che ha dato origine a munizione. Non così comunione e immunità, che pur sembrando affini, discendono invece da munus, “dono”, “dovere”, “tributo”. Immunis era colui esente da obblighi; communis, chi condivideva il carico. Munire, dunque, è verbo di pietra e di visione: non offre, ma prepara; non distribuisce, ma costruisce.

Un giorno, un giovane verbo appena arrivato, Studiare, si trovò in difficoltà. Doveva scrivere un saggio e aveva bisogno di un libro. Vedendo Munire nel corridoio, gli si avvicinò timidamente:

- Munire, per favore, potresti munirmi di un libro?

Munire lo guardò con dolcezza austera e scosse la testa.

- Mi dispiace, piccolo Studiare, non è di mia pertinenza. Io non fornisco oggetti. Il mio lavoro è renderti forte: munirti di pazienza per aspettare Fornire, oppure munirti della volontà per cercare quel libro da solo.

Studiare rimase in silenzio, poi comprese. Munire non era un dispensatore di cose, ma un costruttore di fortezze interiori (oltre che fisiche).

Da quel giorno, ogni volta che un alunno doveva affrontare una sfida, un esame o un compito difficile, non chiedeva più di essere munito di oggetti, ma si muniva di forza, di conoscenza, di coraggio.

Munire, finalmente compreso e apprezzato per il suo vero valore, non si sentì più solo. L’Accademia dei Verbi era diventata un luogo dove tutti, grandi e piccini, imparavano a fortificarsi per affrontare il mondo.

E così, Munire tornò a essere ciò che era sempre stato: un verbo di roccia, di preparazione, di resistenza. Non il servo che porta, ma il maestro che arma. E se oggi, leggendo queste noterelle, vi sentite pronti ad affrontare qualcosa di difficile… forse vi siete già muniti. E non lo sapevate.

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 L’infodietista: il nutrizionista dell’informazione digitale

Nel tempo dell’iperconnessione, dove ogni clic genera una valanga di contenuti e ogni algoritmo ci serve porzioni sempre più abbondanti di notizie, emerge una figura nuova: l’infodietista. Non si occupa di calorie, ma di dati. Non prescrive centrifugati, ma pause. È colui che aiuta a gestire l’alimentazione cognitiva nell’ecosistema informatico, insegnando a distinguere tra ciò che nutre e ciò che intossica.

Il termine nasce dall’unione di info- (abbreviazione di informazione, ma anche richiamo all’universo informatico) e dietista, evocando una cura consapevole del proprio regime digitale. L’infodietista non demonizza la tecnologia, ma invita a usarla con criterio. A filtrare il rumore di fondo. A riconoscere l’eccesso di notifiche, aggiornamenti, contenuti ridondanti che ci distraggono e ci rendono meno lucidi.

In opposizione all’infofago, che ingurgita tutto ciò che lampeggia sullo schermo, l’infodietista pratica l’arte della selezione, della lettura nutritiva, della navigazione consapevole. È colui che consiglia un articolo ben scritto al posto di dieci titoli acchiappa-clic. Che suggerisce un’ora di disconnessione prima di dormire. Che ricorda che non tutto ciò che è nuovo è necessario, e non tutto ciò che è necessario è nuovo.

L’infodietista, in fondo, ci invita a riflettere prima di cliccare, a leggere prima di rilanciare, a scegliere prima di assorbire. Perché la mente, come il corpo, merita una dieta consapevole, soprattutto oggi.  

infodietista /in·fo·die·tì·sta/ s.m. e f. — Neologismo formato da info- (abbreviazione di informazione e riferimento all’ambito informatico) e dietista. Figura reale o immaginaria che promuove una fruizione selettiva e consapevole dell’informazione digitale, in opposizione all’infofagia.


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La lingua “biforcuta” della stampa

Frodi finanziarie, aiutino alle vittime: fino a 20.000 euro, ma per danni precedenti il 2006

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In buona lingua italiana: precedenti al 2006. Quando precedente ha valore aggettivale con il significato di “prima di” si costruisce con la preposizione “a” (danni verificatisi prima del 2006); quando, invece, ha valore prettamente verbale (participio presente) con il significato di “che precede” si unisce al sostantivo che segue tramite l’articolo (gli anni precedenti la guerra).

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Vicenza, agente della stradale travolto durante la fuga di un'auto rubata: è grave

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Ecco un caso di “anfibologia giornalistica”, ma forse sarebbe meglio dire uno strafalcione. Fuggiva l’agente o l’auto rubata (senza conducente)? Come la si rigiri la frase risulta, comunque, agrammaticale.








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