Nel grande mare della lingua italiana, alcune parole compiono veri e
propri viaggi semantici, trasformandosi e arricchendosi di
significati nuovi. È il caso di "appuntare" e
"appuntamento". A prima vista, sembrano semplici termini di
uso comune, ma nascondono una storia interessante e una curiosa
evoluzione linguistica.
Appuntare è un verbo denominale proveniente dal latino
‘punctare’ (dal sostantivo 'punctum') che significa "marcare, segnare con un punto".
L’idea di lasciare un segno, di incidere un'informazione, è
centrale in questa parola. Quando è “nato” appuntare aveva anche
un significato più concreto: designava il gesto di affilare qualche
cosa, di renderla appuntita. Da qui derivano parole come ‘punta’,
‘appuntito’, che conservano il legame con questa radice
antica.
Ma con il trascorrere del tempo il verbo si è
evoluto e ha assunto il senso di “annotare, di fissare
un'informazione su un supporto scritto”. È un'azione prettamente
istintiva: ci capita di appuntare velocemente un pensiero, un numero
di telefono, un’idea fulminea prima che sfugga. E da questo gesto
naturale nasce il concetto di ‘appuntamento’, ovvero un momento
segnato, definito, fissato nella nostra agenda mentale o
cartacea.
Immaginiamo, per esempio, un mercante del Medioevo che annota
nel suo registro il giorno in cui incontrerà un cliente, o un
giovane innamorato che segna nel proprio diario la data di un
incontro speciale. Questo gesto pratico ha dato origine a una parola
che oggi indica molto più di un semplice incontro.
Il
termine appuntamento, dunque, ha trovato applicazione in diversi
ambiti, con sfumature affascinanti:
Personale: un
appuntamento romantico, una cena con amici, un caffè tra colleghi.
Qui è sinonimo di legame, di relazione.
Professionale: un
colloquio di lavoro, una riunione, una visita medica. Un incontro che
scandisce il ritmo della nostra vita sociale e
professionale.
Culturale e sociale: spettacoli teatrali,
concerti, festival, eventi pubblici. In questo caso, l’appuntamento
diventa un’occasione imperdibile.
Sportivo: una gara,
una competizione ricorrente. Qui il termine enfatizza la regolarità
e l’importanza dell’evento.
Metaforico: "Aveva un
appuntamento con il destino." Questa espressione affascinante
suggerisce un incontro inevitabile con un evento
significativo.
Concettuale: "L’appuntamento con la
storia," usato per indicare momenti cruciali della
società.
Sebbene oggi si possa dire di avere un
appuntamento senza necessariamente... appuntarlo, il legame con la
scrittura è ancora forte. La tecnologia ha trasformato il modo in
cui organizziamo gli incontri, ma il concetto di fissare un momento,
di renderlo tangibile, è sempre presente.
Interessante
anche il fatto che, nel linguaggio burocratico, "appuntare"
è spesso sostituito da termini più formali come annotare o
registrare. Eppure, nel linguaggio quotidiano, conserva la sua
freschezza e immediatezza. È una parola che richiama la semplicità
del gesto e l’importanza del ricordo.
La lingua,
insomma, è un organismo vivo, che si trasforma e si adatta ai tempi.
Le parole che usiamo ogni giorno hanno una storia, una profondità
che spesso ignoriamo. 'Appuntamento' non è solo un momento da
fissare in agenda, ma il riflesso di un’abitudine antica, di un
gesto che attraversa i secoli e arriva fino a noi.
Fermiamoci, allora, a riflettere: quante volte diciamo “Ho un
appuntamento” senza pensare che, in fondo, stiamo evocando un gesto
millenario? La lingua è memoria, è evoluzione, è identità. E noi,
che la parliamo ogni giorno, siamo i custodi di questo straordinario
viaggio.
***
Si presti attenzione
a “il saio” e a “la saia” perché questi due sostantivi
spesso si confondono. Il maschile,
con il plurale "sai", indica, genericamente, un abito. Si
usa, per lo piú, con riferimento alla tonaca monacale. Il femminile,
invece, con il plurale "saie", definisce un sottile panno
di lana.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)

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