domenica 25 maggio 2025

Pingere e spingere – Le parole perdute e il viaggio nella lingua italiana

 

La stupenda lingua italiana è un viaggio attraverso il tempo, dove le parole si evolvono, mutano e a volte scompaiono. Tra le parole che hanno attraversato questa trasformazione ci sono i verbi spingere e la sua forma arcaica pingere, due termini legati dalla loro radice ma distinti nell’uso e nella storia.

Il verbo spingere deriva dal latino "expingere", composto da ex- ("fuori") e pangĕre ("conficcare"). Questo termine quando è “nato” indicava l'azione di far uscire qualcosa attraverso una spinta, e nel tempo ha assunto il significato “moderno” di esercitare una forza su un oggetto (o una persona) per farlo muovere. È un verbo largamente adoperato sia in senso concreto sia in quello figurato: spingere il carrello della spesa; spingere qualcuno a prendere una decisione. Il participio passato spinto è comunemente usato nelle espressioni quotidiane.

Il “fratello” pingere, invece, è una forma aferetica di "spingere", ovvero una variante che ha perso la "s-" iniziale. È attestato nei testi medievali e rinascimentali, Dante e Boccaccio lo adoperano nei loro scritti. Il Divino, per esempio, scrive nel Purgatorio: Corda non pinse mai da sé saetta che sì corresse via; mentre Boccaccio, nel Decameron, narra di un personaggio che giunse all’uscio della cella, e quello, dall’altre aiutata, pinse in terra. Il participio passato pinto conserva un valore letterario e poetico.

Oggi pingere è considerato un termine obsoleto e non si usa più nella lingua parlata, ma resta una testimonianza della ricchezza della nostra tradizione linguistica. Studiare queste varianti ci permette di comprendere meglio l’evoluzione del nostro idioma e di apprezzarne la profondità storica.

 

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La testa e il capo

La testa e il capo - nell’uso corrente - sono l’uno sinonimo dell’altro; tuttavia c’è - a voler sottilizzare - una piccola differenza. Con il termine “capo” ci si riferisce piú spesso all’anatomia umana, mentre con quello di “testa” ci si può riferire tanto all’anatomia dell’uomo quanto a quella degli animali. Inoltre nelle espressioni di uso comune e in quelle adoperate in senso figurato i due termini (testa e capo) hanno, talvolta, usi completamente distinti e non sempre sono intercambiabili nella medesima proposizione. Qualche esempio. Ricevere un colpo tra capo e collo (e non “tra testa e collo”); andare a testa alta (non “a capo alto”); fare a testa e croce (non “a capo e croce”); testa di rapa (non “capo di rapa”); essere in capo al mondo (non “in testa al mondo”); venirne a capo (non “a testa”); andare a capo; capo d’aglio ecc. Testa e capo, insomma, non sono sinonimi assoluti: occorre tenerlo presente, quando si scrive. Dimenticavamo. Ci sbellichiamo dalle risa quando leggiamo frasi tipo “in testa al corteo c’erano tutti i rappresentanti sindacali”. Quanto pesano questi rappresentanti “sulla testa” del corteo? A nostro modo di vedere l’espressione corretta è “alla testa del corteo”.  








1 commento:

Pier Paolo Falcone ha detto...

Se non sbaglio, pingere sta anche per dipingere, colorire.