mercoledì 14 maggio 2025

Il ponte delle scelte: torcere per creare, storcere per rovinare

 

Anni e anni or sono nel cuore di un antico regno vivevano due maestri nell’arte della lavorazione delle forme: Mastro Torto e Mastro Storto. Entrambi erano molto abili, ma avevano tecniche opposte.

Il primo seguiva un principio preciso: ogni torsione doveva rafforzare e dare stabilità agli oggetti. Il suo mestiere derivava dal latino torquere, che significa girare con forza, piegare senza rovinare. Se una corda era troppo fragile, lui la torceva, rendendola più resistente e durevole. Le sue corde ben torte venivano utilizzate per costruire ponti sospesi e per le reti dei pescatori.

Anche il ferro, nelle sue abili mani, acquistava maggiore solidità: torcendo il metallo creava lame più forti e robuste. Perfino le massaie si rivolgevano a lui, perché con un gesto esperto riusciva a torcere i panni bagnati eliminando l’acqua senza danneggiare il tessuto.

Mastro Storto amava, invece, modificare la forma naturale delle cose. Anche la sua arte derivava dal latino extorquere (‘piegare con forza’); il prefisso “s-” enfatizza l’idea di alterazione e distorsione innaturale.

Se qualcuno gli chiedeva di forgiare una chiave, per esempio, il suo tocco eccentrico la storceva così tanto da non entrare più nelle serrature. Una volta scolpì una statua dal volto talmente strano che chiunque la osservava, storcendo il naso, non capiva se fosse arte o errore.

Una volta un contadino gli chiese di rinforzare il manico della sua zappa, ma Mastro Storto, nel tentativo di renderlo originale, storcendo il legno, finì col creare un'impugnatura sbilenca e scomoda.

Un giorno, il re affidò ai due un compito cruciale: costruire un ponte sopra il grande fiume. Mastro Torto si mise subito al lavoro torcendo le corde e imprimendo loro una robustezza tale da resistere alle correnti più impetuose. Mastro Storto, invece, volle dare il suo tocco personale: storse le travi creando una struttura inclinata e irregolare.

Quando il ponte fu terminato, il Re e i suoi consiglieri lo attraversarono. All’inizio, tutto sembrava stabile grazie alle corde ben torte, ma dopo pochi passi, camminando sulle travi storte, il gruppo cominciò a perdere l’equilibrio.

Un cortigiano, vedendo il pericolo, storse la bocca ed esclamò: Maestà, questo ponte traballa!

Il re osservò il lavoro e, rivolgendosi agli astanti, disse:

Vedete la differenza? Le corde ben torte hanno reso il ponte solido, ma le travi storte lo hanno indebolito. Torcere rafforza e stabilizza, storcere altera e rende instabile. Entrambi i mastri possono servire, anzi servono, ma solo se usati con giudizio.

Da quel giorno, nel regno tutti impararono la distinzione tra i due verbi: Torcere per dare solidità e forma. Storcere per deformare e deviare. Prima di allora alcuni erano convinti che “storcere” fosse la forma intensiva di “torcere”; altri che i due verbi fossero varianti dell’altro e li adoperavano indifferentemente. Ma non è così, per l’appunto.

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All’ieri o allo ieri?

Tra allo ieri e all'ieri, la forma più naturale e armoniosa è allo ieri. Anche se ieri è un avverbio di tempo e di solito gli avverbi non richiedono un articolo la preposizione articolata allo aiuta a evitare una pronuncia meno scorrevole. Nella forma cristallizzata, però, si usa all'ieri.

La lingua italiana tende a evitare combinazioni di suoni che risultino cacofoniche o difficili da pronunciare. All'ieri" unisce due vocali ("i" e "e") creando una sonorità meno fluida. Al contrario, "allo ieri" introduce l'articolo "lo", che rende la transizione più naturale e gradevole.

Se fosse solo una questione di cacofonia, dovremmo mettere in discussione anche forme come all'età o all'unione, che, però, non causano difficoltà nel parlato. Questo dimostra che la lingua non segue solo la sonorità, ma anche schemi consolidati che ne garantiscono la chiarezza e la coerenza. Per questo motivo, allo ieri è, almeno per chi scrive, la scelta più elegante e preferibile.






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