Nella nostra meravigliosa lingua italiana è facile inciampare in parole dal suono simile ma dal significato completamente diverso. È il caso dei verbi “irrorare” e “irrogare”, che, pur condividendo una certa musicalità, hanno origini e usi ben distinti. Vediamo, sia pure per sommi capi (così non cadiamo nella pedanteria).
Irrorare deriva dal latino irrōrāre, composto da in- (intensivo) e rōra (rugiada). Il suo significato è lampante: spargere un liquido su una superficie, distribuirlo uniformemente per uno scopo preciso. È un verbo che richiama immagini di campi coltivati bagnati dalla rugiada artificiale di un irrigatore; di un arrosto dorato impreziosito con un filo d’olio; di un profumo nebulizzato sulla pelle.
Il contadino irrora i filari di viti con un antiparassitario per proteggere il raccolto, il giardiniere irrora le foglie delle piante con acqua per mantenerle rigogliose, il pasticciere irrora la torta con un liquore per esaltarne il sapore. Anche nell’ambito della pulizia si possono irrorare le superfici con un disinfettante per igienizzarle.
Di tutt’altra natura è irrogare, verbo dal tono istituzionale e giuridico. La sua origine latina, irrogāre (da in- e rogāre, chiedere, proporre), rivela la sua funzione: infliggere una pena o una sanzione, generalmente da parte di un’autorità. È un termine tipico del linguaggio amministrativo e legale, usato quando si parla di multe, provvedimenti disciplinari o pene detentive.
Un tribunale può irrogare una condanna a un imputato, un’autorità fiscale può irrogare una sanzione per evasione, e un collegio arbitrale può irrogare una penalità per violazioni contrattuali. Si incontra spesso anche in ambito sportivo: la federazione può irrogare una sospensione a un atleta per comportamento scorretto.
Per la somiglianza sonora i due verbi possono trarre in inganno, ma nel contesto d’uso la distinzione è chiara. Per non sbagliare, si pensi all’immagine che evocano: se si parla di distribuzione di un liquido, si usa irrorare; se si infligge una misura punitiva, è irrogare.
Sapere distinguere questi verbi non è solo una questione di precisione linguistica, ma anche di consapevolezza culturale. Perché ogni parola porta con sé un mondo e, come abili navigatori della lingua, tocca a noi usarla nel contesto giusto.
Riportiamo, in proposito, un aneddoto. Si racconta che, durante un dibattito parlamentare nel nostro Paese, un politico volesse parlare di sanzioni inflitte ai trasgressori di una legge. Convinto di usare il termine giusto, dichiarò con enfasi: Dobbiamo irrorare pene esemplari per chi vìola le regole!. L'assemblea rimase interdetta per un attimo, poi scoppiò in una risata collettiva. Qualcuno scherzò dicendo che il Parlamento stava per iniziare a spruzzare multe come fosse un giardiniere con il suo annaffiatoio! L'episodio fu così divertente che il termine irrorare sanzioni si diffuse per un po’ nei discorsi goliardici sulla politica, diventando un modo ironico per indicare decisioni affrettate.

Nessun commento:
Posta un commento