1. L'evento
Nel corso della seduta in parlamento a Palazzo Madama di venerdì 19, per il voto di fiducia al decreto
"Elezioni", la presidente del
Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, come comprovato dall'audio-video
ha detto quasi gridando rivolta ai
parlamentari:
"In
quest'aula non è possibile fotografare!. Lo dico continuamente!. Chi sta
fotografando?". [Rivolta agli assistenti] "Glielo volete dire? 'SIETE
QUA COME PUPAZZI O VOLETE PARLARE, PER
DIO?'".
2. La notizia con commento del Fatto quotidiano
Il giorno dopo,
sabato 20, il Fatto Quotidiano sbatte,
come dire, il mostro in prima pagina:
(i) "La
Casellati bestemmia in aula e tutti la coprono", con l'occhiello:
"Fuori controllo. La presidente Furiosa coi commessi".
E nel sommario:
(ii) "[...]
Lei sbotta contro i dipendenti con un'imprecazione infelice (poi
tagliata dai resoconti e dalle agenzie)",
con a fianco la foto (su
riportata) della Casellati rivolta agli assistenti.
Chiude il
tutto il rinvio all'art. di Ilaria
Proietti, intitolato: (iii) "Bestemmie & Cazziatoni. È Casellati show
al Senato!" (p. 6).
Qui la "bestemmia",
annunciata in prima pagina e nel titolo, ritorna nell'articolo, configurandosi
come il giudizio di valore attribuito nientepocodimenoché all'espressione /Perdio!/:
(iv) "A
un certo punto le è sfuggita pure una
bestemmia: 'Per Dio. Siete qua come pupazzi o volete parlare?'".
Nel titolo di un
box sullo stesso quotidiano con accanto la foto (su riportata) della
Casellati rivolta agli assistenti, la "bestemmia" è affiancata e declassata,
come già in prima pagina, a
"imprecazione" con l'espressione incriminata abbreviata in "per D." nella frase scorciata:
(v) "L'imprecazione 'Siete
qui a fare i pupazzi, per D..?'".
E infine l'espressione
"per Dio" appare integrale
ancora nello stesso box, nel corpo della frase testualmente un pò variata:
(vi) "Poi
sbotta con i commessi: "'Siete qui a fare i pupazzi o
volete parlare, per Dio.?'".
3. Il "fatto" la notizia ("Per Dio!") vs il "commento" ("una bestemmia"): una fake news
Vari quotidiani in rete hanno ripreso la
"notizia" riportata dal Fatto
Quotidiano (l'espressione cioè Per
Dio! in bocca alla Casellati), criticandone il "commento" (che si
tratti cioè di una "bestemmia"), che viene giudicato "una
bufala". Ma non sempre "il fatto" (la notizia) è stato distinto
chiaramente dal giudizio di valore, dal "commento" cioè sul fatto.
Così per es. (i)
nel "Secolo d'Italia", direttore
Francesco Storace, l'art. di Adele
Sirocchi recita: "Casellati
e la bestemmia al Senato, una bufala rilanciata dal Fatto di
Travaglio in prima pagina"; "quella della bestemmia
è una bufala
bella e buona"; "Quale bestemmia?" solo "un’esclamazione di
rabbia, uno sfogo"; c'è "differenza tra un’imprecazione e una
bestemmia"!.
Così (ii) "Libero": "La Casellati bestemmia in
Aula e tutti la coprono"; "Questo il titolo in prima pagina del Fatto Quotidiano
che [...] si è prestato a una clamorosa bufala".
E ancora (iii)
Lucia Gallo (per ith24) ha scritto, calcando a dir poco la mano:
"Marco Travaglio, al Fatto Quotidiano
sono a corto di idee, si inventano la bestemmia della Casellati
al Senato!"; "quella della
bestemmia è una bufala ad arte. Forse per far
comprare qualche copia in più".
4. Perdio! una interiezione!
Ora, a parte la distinzione tra "fatto" e "commento"
(sul fatto), è chiaro che l'espressione "Per Dio!" o
univerbata "Perdio!" non può essere ritenuta una "bestemmia".
Come chiarisce, tra gli altri, il Dizionario
di T. De Mauro, che lemmatizza perdio,
si tratta di una "interiezione" (o "esclamazione"),
risalente al '300, con due significati:
1.
voce "CO(mune)", nota a
diplomati e laureati, che "esprime disappunto, impazienza o
meraviglia", chiarita con l'es. smettila, perdio! (e "s.m.inv.:
lasciarsi scappare un perdio").
Ma è anche 2. voce "LE(tteraria)", che "esprime
un'invocazione, una richiesta, una supplica, ecc.", con l'es. "perdio,
questo la mente | talor vi mova (Petrarca)".
Ora, se non
vogliamo proprio dire che la Casellati ha usato un'espressione letteraria e
poetica, si può anche ritenere l'espressione poco adatta in quel contesto
istituzionale, rivolta quasi privatamente agli assistenti, ma non certamente una
"bestemmia" (o letterariamente una "blasfemia").
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