sabato 13 ottobre 2018

La poesia, il divano e il sofà


Avreste mai immaginato, gentili lettori, che il divano sul quale ci sediamo la sera, tornando a casa stanchi dal lavoro, ha una strettissima relazione con la poesia, quella orientale in particolare? Il termine divano ci è giunto, infatti, dal turco diwàn, di origine persiana. Ma cosa c'entra la poesia? Andiamo con ordine. Il diwàn nell'antico impero ottomano stava a indicare il consiglio dei ministri; in seguito, per estensione, indicò anche il libro o registro dove venivano trascritte le loro importanti decisioni. Con il trascorrere del tempo, e come accade sempre per le questioni di lingua, si pensò di chiamare – sempre per estensione – diwàn anche la 'sedia' sulla quale sedevano i ministri durante le loro riunioni. Giunti a questo punto, poiché il diwàn indicava (come abbiamo visto) un libro di una certa importanza – racchiudeva, appunto, le decisioni dei ministri – si decise di chiamare diwàn il libro nel quale erano raccolte tutte le poesie, in ordine alfabetico o cronologico, di un importante poeta (o scrittore) orientale. Il sinonimo sofà, invece, è giunto a noi dal francese sofa e questo dall'arabo suffa (cuscino).

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La parola proposta da questo portale, ripresa dal Gabrielli: irremeabile (o inremeabile). Aggettivo. «Da cui non si può tornare o uscire; che non si può ripercorrere in senso contrario: la irremeabil porta (Poliziano) | fig. Inguaribile, inconsolabile, irrimediabile: la sua anima si smarriva in una tristezza e in orrore irremeabili (D'Annunzio)».

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