Avreste mai immaginato, gentili lettori, che il divano sul
quale ci sediamo la sera, tornando a casa stanchi dal lavoro, ha una
strettissima relazione con la poesia, quella orientale in particolare? Il
termine divano ci è giunto, infatti, dal turco diwàn, di origine persiana. Ma cosa c'entra la poesia? Andiamo con
ordine. Il diwàn nell'antico impero
ottomano stava a indicare il consiglio dei ministri; in seguito, per
estensione, indicò anche il libro o registro dove venivano trascritte le loro
importanti decisioni. Con il trascorrere del tempo, e come accade sempre per le
questioni di lingua, si pensò di chiamare – sempre per estensione – diwàn anche la 'sedia' sulla quale
sedevano i ministri durante le loro riunioni. Giunti a questo punto, poiché il diwàn indicava (come abbiamo visto) un
libro di una certa importanza – racchiudeva, appunto, le decisioni dei ministri
– si decise di chiamare diwàn il
libro nel quale erano raccolte tutte le poesie, in ordine alfabetico o
cronologico, di un importante poeta (o scrittore) orientale. Il sinonimo sofà,
invece, è giunto a noi dal francese sofa
e questo dall'arabo suffa (cuscino).
***
La parola proposta da questo portale, ripresa dal Gabrielli: irremeabile (o inremeabile). Aggettivo.
«Da
cui non si può tornare o uscire; che non si può ripercorrere in senso
contrario: la irremeabil porta (Poliziano) | fig. Inguaribile, inconsolabile,
irrimediabile: la sua anima si smarriva in una tristezza e in orrore
irremeabili (D'Annunzio)».
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