giovedì 11 ottobre 2018

La «mecenatessa»

Molti grandi scrittori (a proposito: chi stabilisce la “grandezza”?) sono soliti fare il femminile di mecenate: mecenatessa  (o mecenata). La cosa ci sconcerta: come è possibile che costoro non sappiano che mecenate, da nome maschile proprio, è diventato nome comune atto a indicare il "protettore degli artisti"? Ed è solo maschile, non si può, per tanto, "femminilizzare". Chi non sa, infatti, che Mecenate era un importante consigliere di Augusto e influente protettore di letterati e artisti? Il nome quindi, come dicevamo, da proprio è divenuto comune ed è passato a indicare, per antonomasia, ogni munifico protettore e benefattore di poeti e artisti, ma maschile era e maschile deve rimanere. In compenso, però, si può “pluralizzare”: mecenati. È lo stesso caso, insomma, di “sosia” e “soprano”: riferiti a una donna devono restare nella forma maschile. Il primo perché, come mecenate, era il nome proprio di uno schiavo; il secondo perché “nacque” solo per essere riferito a un uomo. Alcuni cosí detti grandi scrittori trasgrediscono la “legge” e dicono “la soprano”; voi, se volete scrivere e parlare bene, fate vostre le parole dantesche: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Tornando a "mecenatessa" dobbiamo constatare, purtroppo, che questo orrendo femminile - fuori legge - dilaga in numerose pubblicazioni.

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Si presti attenzione a questi due sostantivi: orchi e orci. Il primo è il plurale di orco, che nella fantasia popolare rappresenta un mostro spaventoso; il secondo è il plurale di orcio, un grande vaso di terra cotta. Fino a qualche secolo fa era in uso anche il plurale femminile le orcia. Di orco (mostro) esiste anche il femminile - sebbene di uso raro - orchessa, con il relativo plurale orchesse, da non confondere con orca, un grosso cetaceo.

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