Molti grandi
scrittori (a proposito: chi stabilisce la “grandezza”?) sono soliti fare il
femminile di mecenate: mecenatessa (o mecenata). La cosa ci sconcerta: come è
possibile che costoro non sappiano che mecenate, da nome maschile proprio, è
diventato nome comune atto a indicare il "protettore degli artisti"? Ed è solo
maschile, non si può, per tanto, "femminilizzare". Chi non sa,
infatti, che Mecenate era un importante consigliere di Augusto e influente
protettore di letterati e artisti? Il nome quindi, come dicevamo, da proprio è
divenuto comune ed è passato a indicare, per antonomasia, ogni munifico
protettore e benefattore di poeti e artisti, ma maschile era e maschile deve
rimanere. In compenso, però, si può “pluralizzare”: mecenati. È lo stesso caso,
insomma, di “sosia” e “soprano”: riferiti a una donna devono restare nella
forma maschile. Il primo perché, come mecenate, era il nome proprio di uno
schiavo; il secondo perché “nacque” solo per essere riferito a un uomo. Alcuni
cosí detti grandi scrittori trasgrediscono la “legge” e dicono “la soprano”;
voi, se volete scrivere e parlare bene, fate vostre le parole dantesche: “Non ragioniam
di lor, ma guarda e passa”. Tornando a "mecenatessa" dobbiamo constatare,
purtroppo, che questo orrendo femminile - fuori legge - dilaga in numerose
pubblicazioni.
***
Si presti
attenzione a questi due sostantivi: orchi
e orci. Il primo è il plurale di
orco, che nella fantasia popolare rappresenta un mostro spaventoso; il secondo
è il plurale di orcio, un grande vaso di terra cotta. Fino a qualche secolo fa
era in uso anche il plurale femminile le
orcia. Di orco (mostro) esiste anche il femminile - sebbene di uso raro - orchessa, con il relativo plurale orchesse, da non confondere con orca, un grosso cetaceo.
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