Viveva una volta, in un piccolo villaggio immerso tra le colline, un anziano bibliotecario, Eugenio. Questi era noto a tutti per la sua passione per le parole, e trascorreva le sue giornate tra antichi tomi e pergamene, alla ricerca di termini affascinanti e dimenticati.
Un giorno, mentre studiava un antico
manoscritto, si imbatté in una parola mai sentita prima:
"struggevole". Curioso e affascinato dal suono del termine
decise di scoprire e approfondire il suo significato. Dopo aver
consultato vari testi e riflettuto a lungo, capì che "struggevole"
poteva essere adoperato per descrivere qualcosa che induce un
sentimento struggente, qualcosa capace di toccare il cuore e far
emergere emozioni profonde. D'altra parte, "struggente"
indicava un sentimento intenso, doloroso e dolce nello stesso tempo,
sentimento che si prova di fronte a qualcosa di molto toccante o
commovente. Eugenio scoprì, inoltre, che "struggevole",
nonostante non fosse attestato nei numerosi vocabolari in suo
possesso, si trovava in alcune vecchie pubblicazioni rinvenute dentro
un baule nella soffitta.
Eugenio, affascinato e entusiasta
della sua scoperta, decise di condividere la parola con gli abitanti
del villaggio. Organizzò, in proposito, una serata speciale in
biblioteca, dove invitò tutti a partecipare. Accese le candele,
sistemò i libri sugli scaffali e lesse il discorso che aveva
preparato per spiegare il significato di "struggevole", la
sua differenza con "struggente" e la sua potenzialità di
arricchire il lessico.
Durante la serata, l’anziano
bibliotecario raccontò una storia commovente di un giovane pittore
che, ispirato dalla bellezza dei paesaggi del villaggio, creava opere
d'arte che erano tanto belle quanto ‘struggevoli’. Gli abitanti,
affascinati dal racconto e dalla nuova parola, cominciarono a usarla
nelle loro conversazioni quotidiane.
"Rossano, il tuo
racconto è stato davvero struggente," disse una giovane donna
al suo amico scrittore. "Grazie, Leonilde! Mi fa piacere che
abbia toccato il tuo cuore," rispose Rossano,
emozionatissimo.
"Ma il quadro che tu hai dipinto,
carissima Leonilde, è ‘struggevole’," ribatté Rossano.
"Guardarlo mi fa provare un'emozione che cresce lentamente, come
se il cuore fosse cullato dalla bellezza e al contempo dal dolore che
il dipinto trasmette."
Con il passare del tempo,
"struggevole" divenne una parola amata e utilizzata da
tutti nel villaggio. Eugenio, soddisfatto del suo contributo al
linguaggio e alla cultura del villaggio, continuò a cercare altre
parole affascinanti, sapendo che il potere delle parole poteva
arricchire e unire le persone.
E così, la parola
"struggevole" trovò il suo posto nel cuore della gente, non solo, gli abitanti inviarono una petizione alla locale Accademia perché attestasse il nuovo lemma nel suo vocabolario.
***
Rinvangare o rivangare?
Nella nostra
meravigliosa lingua italiana è comune imbattersi in errori
ortografici che possono trarre in inganno sia i parlanti nativi che
coloro che stanno imparando la lingua. Uno degli errori più
frequenti, fra i tanti, riguarda la corretta grafia del verbo
“rivangare” che non prende la “n” tra la vocale "i" e la consonante “v”. Molti scrivono, sbagliando, appunto, “rinvangare”.
Vediamo, dunque, perché "rinvangare" è sbagliato e perché
la grafia corretta è "rivangare".
"Rivangare"
è composto con il prefisso “ri-” e "vangare", che
significa utilizzare la vanga per lavorare il terreno. Il prefisso
"ri-" aggiunge il significato di ripetizione, designando
l'azione di vangare nuovamente. Viene adoperato anche in senso figurato per riaprire vecchi
argomenti, ripescare ricordi o tornare su questioni passate.
A cosa è dovuto l’errore ortografico? Probabilmente dalla confusione con altri verbi che presentano il prefisso "rin-", come "rincontrare" o "rinviare". In “rivangare” il prefisso corretto è "ri-", non "rin-". "Rinvangare" è quindi un errore che non trova riscontro nell’etimologia del verbo.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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