sabato 22 marzo 2025

Le "malelingue" o le "malalingue"? La norma parla chiaro. Quando l'uso sfida la grammatica

 

 La lingua italiana è un universo affascinante ma anche complesso, dove l'armonioso connubio di norme grammaticali e tradizione dà vita a parole e locuzioni che arricchiscono il nostro modo di esprimerci. Tra queste, emerge “malalingua”, che porta con sé una questione interessante riguardo al suo plurale: si deve dire ‘malelingue’, come largamente utilizzato e attestato nei vocabolari, oppure ‘malalingue’, seguendo le regole grammaticali?

S
econdo la grammatica della lingua italiana i nomi composti da un aggettivo e un sostantivo declinano il plurale in accordo con il sostantivo, si pluralizza, cioè, solo il sostantivo. La parola piattaforma, per esempio, composta da piatta (aggettivo) e forma (sostantivo), diventa al plurale ‘piattaforme’. Analogamente, nel caso di malalingua, formato da mala (aggettivo) e lingua (sostantivo), il plurale corretto dovrebbe essere ‘malalingue’. Questa regola non solo riflette una coerenza grammaticale, ma contribuisce anche a mantenere ordine e precisione nella lingua. Perché due pesi e due misure, dunque?

T
uttavia, nella pratica quotidiana, l'uso di ‘malelingue’ si è affermato come l’unico corretto. Si tratta di un fenomeno non raro nella lingua italiana, dove tradizione e diffusione possono talvolta prevalere sulla logica grammaticale. Possiamo ipotizzare che questa eccezione sia dovuta a un processo di cristallizzazione linguistica, in cui una forma popolare viene accettata a prescindere dalle regole da cui si discosta. Non è difficile immaginare che la sonorità o l'associazione immediata del termine con il concetto espresso abbiano giocato un ruolo importante.

Q
uesta discrepanza tra norma e uso comune suscita una domanda cruciale: fino a che punto l'evoluzione della lingua dovrebbe rispettare le sue regole? L'italiano, come tutte le lingue vive, si evolve costantemente, trasformandosi e arricchendosi di nuovi termini. Un'evoluzione priva di disciplina, tuttavia, rischierebbe di compromettere la chiarezza e la bellezza strutturale che rendono la nostra lingua tanto preziosa.

N
el caso specifico di malalingua forse è il momento di rivedere l'uso comune e di dare spazio alla forma ‘malalingue’, che non solo è coerente con le regole grammaticali, ma permette anche un recupero di precisione e ordine. La grammatica, del resto, non è un ostacolo, ma una guida che ci consente di comunicare in modo più chiaro ed elegante.

I
n conclusione, la scelta tra ‘malalingue’ e ‘malelingue’ non è solo una questione di grammatica, ma anche di sensibilità linguistica. Preferire la forma corretta non significa rinnegare la tradizione, ma piuttosto cercare di mantenerla in armonia con le regole che danno struttura e coerenza al nostro idioma, gentil sonante e puro, per dirla con  Vittorio Alfieri.

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La malalingua è un’ombra che segue, anche quando il sole splende.

Il veleno delle parole brucia ponti che il tempo non può ricostruire.

Chi sputa sentenze si ritrova in un deserto di silenzi.

Le parole cattive sono frecce senza mira, ma colpiscono sempre il cuore.


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)




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