Viveva anni e anni or sono, in un regno lontano, Grammatica, un verbo
di nobile origine latina: evadere. Discendente di una stirpe antichissima,
era composto dal prefisso "e-" (fuori) e dal verbo "vadere"
(andare). La sua missione, fin dai tempi più remoti, era
chiarissima: indicare il gesto eroico di chi sfuggiva a una
situazione o a un luogo di prigionia. Era il verbo delle fughe epiche
e delle evasioni rocambolesche.
Un giorno, nel regno, si
diffuse una strana usanza: le persone chiedevano a Evadere di
occuparsi di compiti che non gli competevano. "Evadere una
pratica!", dicevano, consegnandogli scartoffie varie. "Evadere
il fisco!", dichiaravano, con la speranza di sottrarsi al
pagamento dei tributi reali. Evadere si sentiva confuso e fuori
luogo. Lui, il simbolo per eccellenza del coraggio e della libertà,
doveva ora occuparsi di compiti così... prosaici?
Risoluto
a mettere ordine, andò a chiedere consiglio alla sua vecchia maestra
Etimologia, una saggia figura custode delle radici e dei significati
autentici delle parole. La maestra, dopo averlo ascoltato con molta
attenzione, sorrise e disse: "Mio caro ex alunno, tu sei nato
per rappresentare l'atto di uscire o sfuggire. Quando qualcuno evade
o tenta di evadere dal carcere o dal manicomio, o da qualunque luogo
in cui è rinchiuso, tu agisci nel pieno del tuo significato. Devo
confessarti, però, una cosa che mi addolora, e non poco: i
vocabolari del regno, volendo assecondare le abitudini linguistiche
delle genti, hanno finito con il registrare anche gli usi non
canonici, come 'evadere una pratica' o 'evadere il fisco'. Ciò non
significa, tuttavia, che siano i tuoi significati autentici e,
diciamo pure, legittimi."
Evadere, lì per lì, si
sentì un po’ tradito, dopo le ultime parole della sua vecchia
insegnante. Ma la saggia Etimologia lo consolò: "Ricorda, mio
caro, che anche se gli usi si evolvono, le tue radici rimangono ben
salde. È tuo compito primario educare le genti e mostrare loro
l’importanza della precisione linguistica."
Accomiatatosi
dalla saggia maestra, Evadere organizzò lezioni e spettacoli per far
riscoprire ai cittadini la sua vera natura, pronunciando frasi tipo:
l'eroe riuscì a evadere dal castello sorvegliato da draghi; il
prigioniero escogitò un piano per evadere dalla cella buia.
Con
molta pazienza spiegava loro che per le pratiche burocratiche era
meglio dire "sbrigare", e per il fisco, sebbene moralmente
discutibile, esistevano termini più appropriati come "eludere"
o "frodare". Nonostante i dizionari avessero accettato gli
usi estesi, lui invitava le genti a riflettere sull'importanza di
conservare la lingua ricca e precisa.
Con l’andar del
tempo, gli abitanti di Grammatica impararono a rispettare Evadere e
ad adoperarlo correttamente. E così, tutte le volte che qualcuno
riusciva a sfuggire una situazione difficile o pericolosa, Evadere
veniva celebrato come il verbo che portava con sé un soffio di
libertà.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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