lunedì 17 marzo 2025

Perché e poiché, che differenza v'è?

 

 “Perché” e “poiché” molto spesso vengono adoperati indifferentemente, ma hanno “ruoli linguistici” ben distinti e chi ama il bel parlare e il bello scrivere deve tenerne conto. Vediamo, dunque.

C
ominciamo con “perché,” che si distingue per la sua flessibilità: può essere sia una congiunzione sia un avverbio interrogativo. In funzione di congiunzione introduce proposizioni causali o finali, sottolineando un motivo o uno scopo. Qualche esempio: non sono andato al cinema perché ero troppo stanco. (Causale: la stanchezza giustifica la decisione); sta risparmiando perché vuole comprare una nuova automobile. (Finale: lo scopo è l’acquisto dell’automobile).

M
a è come avverbio interrogativo che “perché” mette in luce un’altra delle sue anime; è adoperato, infatti, per porre domande dirette o indirette. In questo ruolo può essere spesso sostituito da “come mai,” un’espressione dal tono più colloquiale e spesso più curiosa. Alcuni esempi: perché sei arrivato in ritardo? / Come mai sei arrivato in ritardo? (Domanda diretta); non capisco perché abbia cambiato idea. / Non capisco come mai abbia cambiato idea. (Domanda indiretta).

L’
uso di “come mai”, possiamo dire, dà un tocco di leggerezza o persino di sorpresa, mentre “perché” resta più neutro e versatile. Vediamo la sfumatura tra ‘perché’ e ‘come mai’. Una madre potrebbe dire al figlio “perché hai mangiato tutti i biscotti?”, se è curiosa di sapere il motivo; ma un tono più affettuoso e scherzoso potrebbe emergere con “come mai hai divorato tutti i biscotti?”

P
assando a “poiché,” troviamo un termine che eccelle per eleganza e sobrietà, limitato al ruolo di congiunzione. Si adopera esclusivamente per spiegare una causa, soprattutto in contesti formali o letterari: poiché non mi sentivo bene, ho deciso di restare a casa. (Causa del rimanere a casa); il progetto è stato approvato, poiché tutti lo ritenevano valido. (Spiega il motivo dell’approvazione).

“P
oiché” si presta, inoltre, in alcune situazioni particolari in cui il tono del discorso vuole essere raffinato e privo di ambiguità. A differenza di “perché” non può mai essere ambiguo e non suscita domande: il suo fine è solo il chiarire e l’argomentare.

I
n sintesi, mentre “perché” si adatta a molteplici funzioni e contesti, “poiché” è una scelta più specifica, ideale per esprimere causalità in un registro di tono elevato.  


***

Filare il discorso fino al capo

Ecco un modo di dire, poco conosciuto, che si tira in ballo quando si vuole sottolineare l’ “arte” di costruire un discorso (o uno scritto) con coerenza e armonia. L’espressione richiama l’immagine del filare la lana o la seta, un processo che richiede pazienza, attenzione e maestria, portando il filo a compimento (al capo) senza mai spezzarlo. Allo stesso modo, quando qualcuno "fila il discorso fino al capo," riesce a condurre una narrazione o un ragionamento senza lasciare niente di sospeso, mantenendo un filo logico dall’inizio alla fine.













(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)




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