sabato 1 febbraio 2025

Sgroi – 192 - “DISFANDO”: FRA TRADIZIONE NEOPURISTICA E REAZIONI DEI LETTORI

 



 di Salvatore Claudio Sgroi 

 

  1. 1. Reazioni dei lettori 


Tra gli amici e colleghi (una ventina) che hanno letto l’ultimo intervento (27 gennaio) a proposito di “disfando”, le reazioni sono state, com’era naturale, diverse. 

 

1.1. Uso vitale sì, ma con scrittori non di prima grandezza 


Un collega settentrionale ha così commentato: 

 

“letto, anche se questa volta è su una questione piuttosto banale. […]. Mi viene da rilevare che la carrellata storica sui disfando mette assieme tanti scrittorelli così così, anche se amanti dell'Italiano come il Carli. Spesso sono settentrionali, e si vede. Manca un grande classico, anche solo uno, un bel Machiavelli, non dico Dante, o un Leopardi. E così disfando si spiega, ma resta un po' da poveretti che ci cascano. 

 

Non posso non dargli ragione. Nel Primo Tesoro della lingua letteraria italiana del Novecento con testi di scrittori  del Premio Strega del sessantennio 1947-2006, a cura di T. De Mauro (Utet 2008), non si riscontra nessun es. di “disfando contro 6 “disfacendo” e 5 “disfacendosi”. E neppure nel Domenicale del “Sole 24 ore” 25 anni di idee (1983-2008): due soli esempi riguardavano gli analoghi soddisfando: 

 

Renata Molho 21.I.2001: Solo in pochi, hanno raccontato la necessità di divertirci , pur soddisfando le esigenze di bellezza, protezione e confort, a cui non possiamo più rinunciare(Tutto marcette e lurex). 

 

E prefando: 

 

Carlo Carena 19.9.1996: “Quando pure i Romani eran signori del mondo>, scrive Giovanni Battista Ramusio prefando Il Milione nella sua immensa raccolta di Navigazioni e viaggi […] (<Milione> di inebrianti parole). 

 

Resta il fatto però che per me il criterio di correttezza non è legato all’uso letterario, per di più dei secoli passati, ma, come più volte ribadito, a) alla comprensione e b) alla presenza in testi non di “italiano popolare”. 

 

1.2. Utenti 


Sul versante degli usi c’è chi (linguista) ha confessato: 

 

(i)..“Io lo dico [disfando]. Disfacendo proprio non lo uso” (linguista settentrionale).  

(ii).. “Alzi la mano chi non ha mai detto "disfando"! Confesso che, quando mi è scappato, mi sono corretto. Ma sempre con l'impressione che, tutto sommato...” (linguista settentrionale). 

(iii) “da oggi in poi opterò per ... disfando (linguista meridionale). 

(iv) “Io dico sempre "disfacendo", ma in altri casi (come tutti) coniugo disfare come verbo della prima: disf-o, disf-iamo, disf-erò (linguista settentrionale). 

(v) Caro SC, la mia mamma, quando combinavo qualcosa di particolarmente irritante, diceva: Io ti ho fatto e io ti disfo [come moltissime mamme in varie regioni, a quel che so] - Con l'accento sulla i. Il passaggio da dis-f-are a disf-are implica un mutamento di accento. 

Quanto alle leggi implicite che stanno sotto gli errori presunti, sono 100% d'accordo, per quel che vale. Ma, anche in democrazia - vera o presunta, o solo ‘citata - avere spazio per pontificare usando, con più o meno eleganza e stile, la matita rossa e blu piace a tutti (o a quasi tutti) (linguista toscano). 

 

1.3. Utenti con percezione metalinguistica 


Cè anche chi (linguista o no) ha riconosciuto la validità psicologica della  “regola nascosta” o inconscia di disf-are percepito come verbo semplice e non come verbo composto o prefissato dis-fare: 

 

(i). “Sono d'accordo con te nel fatto che si intende disf-are e non dis-fare (non-linguista);  

(ii) Nella citatissima espressione disfare il letto non ho mai sentito il composto di fare, ma un verbo del tutto autonomo; e così sia” (linguista). 

(iii) “convincente il paragrafo 5” (la “regola nascosta”) (linguista). 

 

1.4. Validità dell’analisi 


Altri hanno approvato (da linguisti) l’analisi: 

 (i) “I tuoi argomenti si dimostrano incontrovertibili”; (ii).“corretta interpretazione”; (iii) “Molto istruttivo, come sempre”; (iv) “questo è poi uno dei suoi cavalli di battaglia!”; (v)Molto bello” 

 

1.5. Giudizi sull’analisi della Crusca 


Altri linguisti si sono così espressi sull’analisi del Presidente dell’Accademia della Crusca: 

 

(i).. “I parlanti variamente colti sono perplessi, e l'uso pratico sta un po' qui e un po' lì”. Non mi stupisce che la Crusca, per bocca del suo presidente, provi a dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Me li immagino li' al quartier generale che si guardano in faccia l'uno con l'altro, e si domandano "E con i derivati di Fare,... che famo?". 

(ii). Però, anche D'Achille...!”. 

(iii) “Per fortuna che la Crusca non ha il potere che aveva Adolfino perché la logica è dello stesso calibro…”. 

 

2. Il gerundio disf-ando nella tradizione neopuristica 


Il caso del gerundio disf-ando e analoghi composti con fare non è naturalmente sfuggito all’attenzione dei neopuristi contemporanei. 

 

2.1. Puristi intransigenti 


In primis tra i puristi intransigenti contrari ad ogni uso di disf-are come verbo semplice 

si collocano: 

G.L. Messina [19561] 19572, Parole al vaglio Signorelli, Roma: 

 

disfare: si coniuga come fare. Le forme verbali dell’indic. pres. sono dis-faccio e dis-fò, dis-fà; invece  bisogna evitare le forme abusive (°) disf-o, disf-a e tutte le altre citate a proposito di sodisfare”.  

Sub sodisfare puntualizza: In quanto alla coniugazione del verbo, accanto alle forme normali sodis-fò e sodis-faccio (sodis-fai, sodis-fà, sodis-facciamo, sodis-fate, sodis-fanno; congiuntivo. pres. sodis-faccia, sodis-facciate, sodis-fàcciano; imper. sodi-sfà, (omette: ind. fut. sodis-farò , ecc., cond. pres. soddis-farei, ecc.), esistono altre voci abusive (°) molto comuni ma riprese: ind. pres. sodìsf-o, sodìsf-i, sodìsf-a, sodisf-iàmo, sodìsf-ano, congiuntivo pres. sodisf-i, sodisf-iàmo, sodisf-iàte, sodìsf-ino, imper. sosf-a (omette: indic. fut. sodisfer, ecc., e cond. pres. sodisfer-ei, ecc.). 

 

G.L. Messina 1973, Parole al vaglio. Dizionario dei neologismi, di barbarismi e delle sigle, Signorelli, Roma rist. della settima ediz.;  

G.L. Messina 1983, Dizionario dei neologismi, di barbarismi e delle sigle, Signorelli, Roma, 

è il primo a menzionare la forma disf-ando: 

 

disfare: si coniuga come fare. Le forme regolari della 1a e 3a pers. s. dell’indic. pres. sono dis-fò o dis-fàccio e dis-fà; invece bisogna evitare le forme abusive (°) dìsf-o, dìsf-a, oltre a tutte le altre citate a proposito di sodisfare, nate nell’uso pop. da un errato raccostamento coi verbi regolari della 1a coniugazione (ed invece fare appartiene alla 2a coniugazione!). A maggior ragione, si evitino errori ancor più  grossolani come (*) stavo disf-ando (stavo dis-facendo), disf-avo (dis-facevo) e sim.”. 

 

R. Ferruzzi 1974, Galateo linguistico, ed. Il Rinnovamento: 

 

 “alcuni malparlanti credono di distinguersi dal volgo profano, pronunciando dìsf-o e anche sodisf-o, ma dis-fare come sodis-fare sono dei comuni composti di fare e, come tali, debbono seguire la coniugazione irregolare del verbo da cui derivano, anche se qualche dizionario recentissimo ammette, accanto a dis- e dis-faccio, le voci dìsf-o, dìsf-a e dìsf-ano. Tanto meno si potrà dire disf-ava; sodisf-ava fu scritto una volta da Luigi Bortolini che difese su queste colonne il solecismo (ma Bortolini era un pittore, un poeta e…[…])” (p. 122). 

 

2.2. I tolleranti  


Non mancano neopuristi tolleranti almeno con certe forme. 

A. Gabrielli, a c. di, 1974, Come parlare e scrivere meglio. Guida pratica all’uso della lingua italiana, Milano, Selezione dal Reader’s Digest, pp. 396-97: 

 

“Sono […] causa di grattacapi […] quei composti [di fare] mediante un prefisso, come: disfare, rifare, soddisfare, liquefare, contraffare, strafare, sopraffare, eccetera” , a proposito di fut. dis-farò o disfer-ò? cong. pres. soddisf-i o soddis-faccia?, cong. imperf. rif-assi o ri/facessi?, disf-assi o dis-facessi?, soddisf-assi o soddis-facessi?, indic. imperf. soddisf-avo o soddi-facevo?, fut. Soddisf-erò, disf-erò o soddi-face, dis-facerò?, pres. soddisf-o, disf-o, soddisf-ano, disf-ano o soddis-faccio, dis-faccio, soddis-fanno, dis-fanno?cong. pres. soddisf-i o soddi-faccia, disf-i o dis-faccia?. 

Come al solito, concludiamo raccomandando le forme legittime, cioè quelle che ripetono la coniugazione del verbo componente fare, ma chiediamo tolleranza per le forme che si sono imposte spontaneamente” (p. 397), quali disf-erò, soddisf-erò, soddìsf-o, dìsf-o, soddìsf-ano, dìsf-ano, soddisf-erei, disf-erei. 

 Con tali e altre simili forme imposte dall’uso popolare e, talune, da una maggiore facilità di pronunci, non andiamo però oltre i limiti della tolleranza. Non tolleriamo forme come disf-avo, soddisf-avo, soddisf-assi e… peggio” (p. 397).  

In forma sintetica A. Gabrielli 19693, Dizionario linguistico moderno (Mondadori) sub fare descrive gli usi attuali: “Anche i compósti […] cóme contraffare, disfare, soddisfare, confarsi, affarsi, séguono, cóme règola, la stéssa coniugaz. ma accòlgono a vòlte, spec. nel ling. fam., alcune altre fórme, cóme disf-iàmo invéce di dis-facciamo, soddìsf-ano e simili invéce di soddis-fanno, e sìmili”. 

L. Satta 1988, in Scrivendo & parlando. Usi e abusi della lingua italiana, Sansoni, sub disfare così si esprime:  

 

“Il nostro modesto parere è che seguendo la coniugazione di fare non si sbaglia” (p. 88). Cita varianti diverse: “Un toscano è per dis-fò, dis-fai, un settentrionale per disf-o, disf-i. Può darsi che disf-ano prevalga su dis-fanno, come soddisf-ano è preferito a soddis-fanno; “Ci fu grande clamore quando qualcuno disse alla radio se ne disfar-ono, e subito si accese la polemica, nella quale intervenne anche un glottologo. Molto chiasso, nessuna decisione”; “Ma intanto, anche in buoni giornali, e specialmente del Nord, si legge con frequenza forse crescente si dis-fò, si disf-arono”. Ricorda anche il lique-faceva, liquef-ò di G. Ceronetti. Rimanda a soddisfare, con soddif-ava sentito in bocca a uno statista, e soddisf-abile usato da Piero Chiara, Ma non cita mai la forma disf-ando. 

  

In Satta 19742, Come si dice. Uso e abuso della lingua italiana, Sansoni, è presente il lemma disfare con gli stessi ess. ripresi poi in Satta 1988, e sub fare, riprende dal Battaglia gli ess. disf-i, disf-erà, disf-ano di scrittori diversi, nonché dal Devoto soddisfare con soddisf-i, soddisf-ano. Ma mai la forma gerundiale 

L. Satta 1981, Parole. Divertimenti grammaticali, Mondadori, sub fare analizza i composti soddisfare, disfare, liquefare con vari ess. anonimi e qualcuno d’autore come disf-eremo in Gadda e disf-erà in Bacchelli, lique-faceva, liquef-ò in Ceronetti, soddisf-ava in Ceronetti e soddisf-ò in Ledda. 

S. Lepri 1995, Dizionario della comunicazione, Le Monnier, sub disfare (p. 138) cita:dis-faccio o dis-fò o disf-o; dis-fà o disf-a; dis-facciamo o disf-iamo; dis-fanno o disfano”. 

M. Magni-G.A. Grecu [1990] 2003, Così si dice, così si scrive, De Vecchi:  

 

Disfare si coniuga come fare. Errori da evitare: disf-avo, disf-asti, disf-ammo; disf-erò, disf-erei; disf-arono; disf-ando. Forme ‘non regolamentari’ tollerate: disf-o, disf-a, disf-iamo, disf-ano, che disf-i, che disf-iamo, che disf-iate, che disf-ino. Sono forme che seguono per analogia la prima coniugazione, come se disfare fosse un verbo in –are e non un composto dell’irregolare fare”; “Si noti che errori o inesattezze di questo tipo non si hanno con rifare, né con contraffare o confare […], ma si ritrovano in soddisfare” (p. 126). “Soddisfare. Sono errori frequenti: soddif-avo, soddisf-ando. Si dice: soddis-facevo, soddis-facendo” (p. 326). 

 

L. De Cesari 1994, Dizionario degli errori e delle parole nuove, Orsa Maggiore, L. De Cesari 1995, Dizionario degli errori e dei dubbi grammaticali, Newton Compton 

 

Disfare. Segue la coniugazione irregolare di fare”, “non **disf-avo”, “non ** disf-asti”, “non*disf-erò”; “si può dire indifferentemente io dis-fàccio, io dis-fò, io disf-o” (pp. 65-66 e p. 40); -- Soddisfare. “Gli errori più comuni derivano dal non rammentare che è un composto del verbo fare. Non si dice **soddisf-avo, **soddisf-ando, ma soddis-facevo, soddis-facendo”; però: “io soddis-faccio o soddi-sfò o soddisf-o” (p. 202, p. 83). 

 

AA.VV. 1998, Stile Stampa. Manuale di scrittura, La Stampa:  

 

disfare: i composti di fare si adeguano in genere al paradigma del verbo semplice. Disfare e soddisfare però hanno sviluppato delle forme autonome […] (disf-o, disf-i, disf-ano; disf-i, disf-ino) anche se la tradizione grammaticale preferirebbe le forme dis-facciamo e dis-facciate” (p. 184). 

 

V. Della Valle – G. Patota 2016, Senza neanche un errore, Sperling & Kupfer, riportano per disfare pp. 161-63, le varianti ammissibili, con censura di disf-ando. 

 

S. Novelli 2014, Si dice? Non si dice? Dipende. L’italiano giusto per ogni situazione, Laterza, da parte sua, così chiarisce: 

 

“anche i verbi composti con fare danno grattacapi. Si tratterebbe, anche qui, di affidarsi alla regolarità, coniugando confare, disfare, rifare, soddisfare, strafare come fare. Ri-faccio, ri-facevo, ri-feci, ri-facessi… Per la disperazione dei logico-matematici che vorrebbero la lingua tutta bella squadrata va però detto che alcune forme analogiche di soddisfare e disfare che tante volte si sentono o si leggono sono ormai considerate non un’alternativa errata, ma una possibilità lecita. Quindi, alla pari stanno soddis-faccio, soddisf-o, soddis-fò (quest’ultimo più raro e tipico dell’italiano di Toscana). Nella realtà dell’uso, a moltissimi suonano assai meglio soddisf-o, soddisf-i, soddisf-a, soddisf-iamo, soddisf-ano rispetto ai regolari soddis-faccio, soddis-fai, soddis-fà, soddis-facciamo, soddis-fanno. Nel congiuntivo presente, accettabili anche le seconde forme (io, tu, lei) soddisf-i e (loro) soddisf-ino accanto a soddi-faccia e soddis-facciano. Ecco, forse ancora oggi è preferibile evitare l’imperfetto indicativo soddisf-avo, soddisf-avi ecc., e il passato remoto (egli) si disf-ò, (loro si) disf-arono, avvertiti come troppo pop, e bandire i congiuntivi imperfetti, di nome e di fatto, *soddisf-assi, *soddisf-assero, molto trasandati” (pp. 109-10). 

 

2.3. Tolleranti e la “regola nascosta” del disfando 


A. Gabrielli 1969, Si dice o non si dice?. Guida pratica allo scrivere e al parlare corretto (Mondadori): “dìsf-ano o dis-fanno?” (e “soddisfare”) pp. 234-36, oltre a citare il gerundio disf-ando, pone il problema della “regola nascosta” del verbo disf-are percepito come verbo semplice e non come verbo prefissato: 

 

“che cosa accade in certe forme di alcuni composti di fare? Accade si perde facilmente di vista la struttura di queste che sono, ripeto, le forme regolari del verbo, e si applicano per impulso analogico le desinenze verbali della prima coniugazione direttamente a una radice che è soltanto presunta. È il caso appunto dei verbi composti disfare e soddisfare, sentiti con una radice disf- e soddisf-, avente -are come desinenza” (p. 235), per es. (“e questo vale per soddisfareibid.) disf-o, disf-i, disf-a, disf-iamo, disf-ano, disf-erò, che io disf-i. 

 “Sovente, nelle persone meno colte, si sentono anche forme come disf-avo e disf-àvano, invece di dis-facevo e dis-facévano, disf-ando invece di dis-facendo” (p. 235). “A stretta regola grammaticale, nei composti del verbo fare le uniche forme legittime dovrebbero essere quelle che ripetono le stesse forme di questo verbo originario” (p. 204). “Sennonché l’uso, nel linguaggio parlato prima e poi anche in quello scritto, ha finito con l’affermare alcune forme che contrastano con la legge grammaticale” (p. 205), per es. disf-o, disf-i, dis-fa, dìsf-ano, (“il Goidanich accetta anche disf-iamo”), disf-erò, disf-erai, ecc., cong. disf-i, dìsf-ino (“lo stesso Goidànich ammette anche  disf-iamo e disf-iate”),  disf-erei, disf-eresti, ecc. “Doppie forme, dunque, che si possono considerare legittime. Va poi da sé che i più severi tradizionalisti non finiranno mai di considerarle spurie, relegandole semmai nel cosiddetto linguaggio familiare” (p. 205). 

 

Quanto sopra è sintetizzato in A. Gabrielli 1976, Si dice o non si dice?. Guida pratica allo scrivere e al parlare corretto (Club degli Editori)Dìsf-ano o dis-fanno?” (e “soddisfare”) pp. 204-205 

 

“I composti del verbo fare […] danno del filo da torcere agli stessi grammatici, che non si trovano sempre d’accordo nello stabilire questa o quella regola fissa” (p. 204),  

 

con ripresa in termini identici del gerundio disfando e del problema della “regola inconsca(p. 204). 

 

In A. Gabrielli-P. Pivetti 2009, Si dice o non si dice? Guida all’italiano parlato e scritto (Hoepli) si riassumono i dati di A. Gabrielli 1969 pp. 234-36, citando il gerundio disfando (p. 100), ma omettendo il problema della “regola inconscia”. 

 

2.4. Chi cambia opinione rispetto a sodisfare 


G.L. Messina 1973, Parole al vaglio. Dizionario dei neologismi, di barbarismi e delle sigle, Signorelli, Roma rist. della settima ediz.;  

G.L. Messina 1983, Dizionario dei neologismi, di barbarismi e delle sigle, Signorelli, Roma: 

prende però le distanze rispetto alla posizione espressa in G.L. Messina [19561] 19572, Parole al vaglio, riguardo a sodisfare: 

 

 Sub sodisfare puntualizza: “si coniuga come fare, sicché all’ind. pres. fa sodis-fò o sodis-fàccio, sodis-fài, sodis-fà, ecc. Tuttavia tende ad avere una flessione regolare (*) che, sebbene biasimata dai puristi, è usata largamente nelle voci seguenti: ind. pres. sodìsf-o, sodìsf-i, sodìsf-a, sodisf-iàmo, sodìsf-ano, fut. Sodisf-erò ecc.; congiuntivo pres. sodìsf-i, sodìsf-i, sodìsf-i, sodisf-iàmo, sodisf-iàte, sodìsf-ino, imper. pres. sodìsf-a, sodìsf-i, sodisf-iàmo, sodìsf-ino (omette: cond. pres. sodisf-erei, ecc.). 

 

Sommario 

1. Reazioni dei lettori 

1.1. Uso vitale sì, ma con scrittori non di prima grandezza 

1.2. Utenti 

1.3. Utenti con percezione metalinguistica 

1.4. Validità dell’analisi 

1.5. Giudizi sull’analisi della Crusca 

2. Il gerundio disf-ando nella tradizione neopuristica 

2.1. Puristi intransigenti (G.L. Messina [19561] 19572, G.L. Messina 1983, R. Ferruzzi 1974) 

2.2. I tolleranti (A.Gabrielli, a c. di, 1974, A. Gabrielli 19693, L. Satta 1988, L. Satta 19742, L. Satta 1981, S. Lepri 1995, M. Magni-G.A. Grecu [1990] 2003, L. De Cesari 1994, L. De Cesari 1995, AA.VV. 1998, V. Della Valle – G. Patota 2016, S. Novelli 2014) 

2.3. Tolleranti e la “regola nascosta” del disfando (A. Gabrielli 1969, A. Gabrielli 1976, A. Gabrielli-P. Pivetti 2009) 

2.4. Chi cambia opinione rispetto a sodisfare
















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