In questi ultimi decenni il nostro idioma ha subito un'influenza crescente da parte della lingua di Albione. Questo fenomeno, noto come "anglicismo", riguarda l'introduzione e l'uso di termini inglesi nel nostro lessico quotidiano, scritto e parlato. Ma cosa spinge una lingua così ricca e storicamente significativa come la nostra a “catturare” vocaboli stranieri? E quali sono le conseguenze di questa tendenza?
Gli anglicismi o inglesismi spesso entrano nella lingua di Dante attraverso la tecnologia, l'economia e la cultura popolare. Termini come "computer", "internet", "shopping", "smartphone" e "deadline" sono diventati parte integrante del nostro lessico. Ciò avviene principalmente perché l'inglese è considerato la lingua della modernità e dell'innovazione (?).
Gli anglicismi, inoltre, sono ritenuti “più pratici ed efficienti”. La brevità di molte parole inglesi, come "chat" invece di "chiacchierata" o "email" anziché "posta elettronica" (o “elettroposta”, un nostro modesto neologismo) le rende preferibili nel linguaggio colloquiale e professionale. Infine, il mercato e la pubblicità hanno un ruolo cruciale nell'introduzione di termini inglesi, spesso impiegati per rendere i prodotti più accattivanti e internazionali.
L’uso indiscriminato di anglicismi, tuttavia, può produrre effetti negativi. Uno dei rischi, fra i tanti, è la perdita della nostra identità linguistica. La lingua è un riflesso della cultura e dell'identità di un popolo, e l'abuso di parole straniere può impoverire il nostro patrimonio linguistico. Termini italiani, per esempio, come "telefonino" (o “trillino”, un altro nostro neologismo) o "messaggio" vengono sempre più sostituiti da "smartphone" e "message".
L’eccessivo uso di anglicismi può creare barriere comunicative, soprattutto tra le generazioni. Gli anziani, per esempio, meno esposti all'influenza dell'inglese, possono trovare difficoltà nel comprendere i giovani che adoperano, sempre più spesso, termini anglosassoni. Questo divario linguistico può estendersi anche all'interno delle comunità, dove chi non conosce la lingua d’oltre Manica può sentirsi escluso o svantaggiato.
È importante, quindi, trovare un equilibrio tra l'impiego di vocaboli stranieri e la preservazione della nostra lingua madre. La lingua italiana deve evolversi e adattarsi ai tempi, ma senza perdere la sua essenza. In questo senso sarebbe molto utile promuovere l'uso di equivalenti italiani per i termini inglesi e valorizzare maggiormente il nostro ricco vocabolario.
In ambito educativo, per esempio, l’istituzione scolastica potrebbe incoraggiare gli studenti a usare vocaboli italiani (al posto di quelli barbari) quando possibile, insegnando loro sia i termini inglesi sia i corrispondenti italiani. Anche i professionisti della comunicazione possono fare la loro parte, scegliendo con attenzione le parole da utilizzare nei loro commenti.
Gli anglicismi, insomma, possono arricchire la lingua italiana, ma è fondamentale usarli con consapevolezza e moderazione. Il nostro idioma è un tesoro da preservare e proteggere, e spetta a noi mantenerne vive la bellezza, la musicalità e la peculiarità. L'importante, inoltre, è non perdere di vista le radici della nostra cultura linguistica e trovare il modo di integrarla, senza imbastardirla, con i contributi esterni.
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LatinEnglish
La stampa ci inonda di anglicismi (americanismi, in particolare). Non c’è un articolo in cui non ci si imbatta, per esempio, in benefit, cash, casual, climax, colossal, community, design, profit, ritual ecc. Ci piacerebbe sapere, in proposito, se gli articolisti quando ricorrono all’uso degli anglicismi sono consapevoli del fatto che buona parte di questi sono figli del latino. Ce lo dice Paolo Uras, nel suo magistrale libro LatinEnglish, che con certosina ricerca ha raccolto, in ordine alfabetico, tutti i termini inglesi derivati dalla lingua di Cicerone. Per maggiori dettagli su questa istruttiva opera, che consigliamo vivamente di leggere, si clicchi qui.
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La lingua “biforcuta” della stampa
Chiedono soldi a nome del ministro della Difesa: un'imprenditore ha versato 1 milione di euro
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Non si dica che si tratta di un “normale” refuso: per inserire l’apostrofo (tremendamente errato) il redattore titolista ha dovuto pigiare un tasto in più.
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La doppia vita del prof "insospettabile": insegna matematica a scuola e spaccia droga nel tempo libero. Incassi da oltre 10mila euro
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Nella lingua di Dante e di Manzoni: di oltre 10mila euro. In quella cispadana: da oltre (…).
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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